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Anche Draghi avverte Trump: “Protezionismo grave rischio per la crescita”

Al Simposio dei banchieri centrali di Jackson Hole, il presidente della Bce non si è sbilanciato su tassi e Qe ma, come la Yellen, ha mandato un segnale inequivocabile al presidente Trump sul protezionismo e sulla deregulation finanziario

Anche Draghi avverte Trump: “Protezionismo grave rischio per la crescita”

Come Janet Yellen, anche il presidente della Bce, Mario Draghi, non si è sbilanciato su tassi e Quantitative easing ma ha colto l’occasione dell’annuale Simposio dei banchieri centrali a Jackson Hole per lanciare più di un avvertimento alla traballante presidenza
Trump e alle sue pericolose tentazioni.

Draghi è andato subito al cuore dei problemi e, sia pure con la sobrietà e l’eleganza del suo classico eloquio, ha sferrato un doppio attacco al protezionismo e alla deregulation finanziaria.

Un ritorno al protezionismo, più volte adombrato da Donald Trump, “costituirebbe – ha detto Draghi – un grave rischio per la crescita dell’economia globale” proprio nel momento in cui le previsioni del Fondo Monetario Internazionale si sono fatte più incoraggianti e proprio nel momento in cui la ripresa si sta rafforzando.

“L’apertura dei mercati – ha insistito il presidente della Bce – è la chiave per rendere più dinamica l’economia e alzare la produttività, migliorando il benessere della popolazione”.

Poi Draghi non ha perso l’occasione, come aveva in precedenza fatto la Yellen, per mettere in guardia Trump dalla tentazione di rispolverare la deregulation finanziaria che tanto piace ai mercati ma che è stata una delle cause della più grande crisi finanziaria dal dopoguerra. Il suo esplicito invito alle autorità è stato quello di “non riaccedere agli incentivi che innescarono la crisi”.

Come era prevedibile sia Draghi che la Yellen sono stati molto abbottonati sugli sviluppi della politica monetaria ma non hanno deluso le attese e le loro parole su protezionismo e deregulation finanziaria sono echeggiate ben oltre Jackson Hole.

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