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Wall Street vuol far pace con Trump e aspetta Yellen e Draghi

Il mercato spera che tra la business community americana e il presidente Trump torni il dialogo in vista delle riforme promesse ma non sarà facile – Attesa per il meeting delle banche centrali di Jackson Hole e per gli interventi di Yellen e Draghi.

Partenza cauta della settimana finanziaria sui mercati asiatici. Pesa l’incertezza politica in Usa, dopo il duro braccio di ferro che ha portato alle dimissioni di Stephen Bannon ma anche le manovre militari congiunte Usa-Corea del Sud al via tra poche ore. E’ forte il timore di una reazione di un gesto di sfida di Pyongyang.  

Debole la Borsa di Tokyo -0,4% nonostante i dati sulla fiducia delle imprese abbiano registrato i valori massimi da dieci anni. Deboli anche Seoul, Taiwan e la Borsa australiana. In terreno positivo sono Shanghai. Spicca in questa cornice il balzo delle tlc cinesi alla Borsa di  Hong Kong +2,4%. China Unicom, colosso statale delle tlc senza fili è sospeso per eccesso di rialzo dopo l’annuncio del collocamento di titoli per 11,7 miliardi sottoscritto dai tre giganti della new economy: Baidu, Alibaba e Tencent. In ribasso anche il dollaro, trattato a 1,1715 nei confronti dell’euro. Yen a quota 109,22. Il petrolio conferma i guadagni di fine settimana: brent a 52,72 dollari il barile, Wti a 48,53. 

WALL STREET (DOPO L’ECLISSE) VUOL FARE PACE CON TRUMP 

Sarà una settimana speciale per il business Usa. L’eclisse che stamane oscurerà il sole in Nord America per 2 minuti e 40 secondi (non accade dal 1979) coincide con la grande rabbia di Stephen Bannon, il leader della destra suprematista Usa che venerdì ha dato le dimissioni da capo delle strategie dell’amministrazione Trump. Bannon, sconfitto nel duello con Gary Cohn, leader delle colombe, da oggi metterà nel mirino tutte le “colombe “ (vere o presunte) dello staff del presidente. A Cohn, favorito nella corsa alla successione di Janet Yellen a febbraio, e al nuovo capo dello staff John Kelly l’arduo compito di ricucire lo strappo tra i Big del Business e la Casa Bianca rilanciando la riforma fiscale, finita nel dimenticatoio. Nel frattempo, però, c’è stata una nuova defezione: Carl Icahn, uno dei grandi di Wall Street, ha dato le dimissioni da consigliere speciale di Trump, ma stavolta la protesta contro il presidente, tenero con Ku Klux Klan ed amici dell’estrema destra, non c’entra. Icahn ha lasciato per protesta contro il sospetto di “conflitto di interesse”. 
 
TASSI USA E QE EUROPEO ALL’ESAME DI JACKSON HOLE   

L’evento clou della settimana sarà l’incontro di Jackson Hole, Wyoming, tra I grandi banchieri centrali. E’ previsto l’intervento di Mario Draghi, che ha già fatto sapere che non sfiorerà nemmeno il tema del tapering e/o della fine del Qe cui seguirà l’intervento di Janet Yellen, probabilmente l’ultimo alla guida della Fed. Entrambi i banchieri parleranno venerdì: prima Draghi poi alle 16 (ora italiana) toccherà alla presidente della Federal Reserve. L’intervento più atteso sarà quello del banchiere italiano: tre anni fa proprio a Jackson Hole Draghi tracciò le linee del Qe europeo ora, pur con grande cautela, dovrà affrontare il tema del ritorno alla normalità.  

Intanto, con l’inflazione al palo la Yellen può permettersi di essere paziente in materia di tassi ma William Dudley della Fed di New York ha sottolineato la necessità di un nuovo ritocco all’insù dei tassi: a fronte di un mercato del lavoro in forte crescita e di prezzi dell’azionario vicini ai record, c’è il rischio che l’inflazione balzi improvvisamente sopra il target di crescita annua del 2%.

L’incontro del Wyoming offrirà ai vertici della Fed anche l’occasione per contestare le scelte de Tesoro Usa che ha deciso di alleggerire la disciplina sulle banche decisa dopo la crisi dei subprime. Sranley Fischer, il numero due della banca centrale, ha definito “stupefacente” l’orientamento dell’amministrazione che prevede di abbattere le restrizioni sul trading, requisiti meno severi per gli stress test e minori per l’agenzia a protezione dei diritti del consumatori. 

L’AGENDA: I 100 GIORNI DI MACRON, IL MEETING DI CL E AIR BERLIN  

Anche in Francia, come il Italia, l’economia manda segnali confortanti ma questo non ha impedito il tracollo dei consensi di Emmanuel Macron: 100 giorni dopo il suo insediamento all’Eliseo (l’anniversario cade a metà settimana) l’indice di popolarità del presidente è scivolato al 36%. Dieci punti sotto il livello di François Hollande.  

In Italia l’appuntamento chiave è rappresentato dal meeting di Comunione e Liberazione di Rimini. Sono attesi in settimana il ministro Carlo Calenda (martedì) e il governatore di Bankitalia Ignazio Visco (giovedì). Sul fronte macro, domani usciranno i dati dello Zew, l’indice della fiducia tedesca. Il giorno dopo saranno annunciati i dati pmi dell’eurozona.   
 
Sul fronte delle imprese europee il caso più delicato resta quello di?Air Berlin. Secondo quanto riportato dal ceo della compagnia low cost tedesca, Thomas Winkelmann, alla Bild am Sonntag ad oggi sarebbero circa 10 i soggetti interessati. Lufthansa, che si era fatta avanti nei giorni scorsi sarebbe invece eventualmente orientata soltanto ad acquistare 70 aerei e a rilevare 2-300 dipendenti degli 8.600 totali. Da seguire i dati di bilancio di Wpp, il gigante della pubblicità inglese, termometro fedele degli umori dei grandi player del consumo. L’attività di Piazza Affari, esaurita la pausa estiva, si avvia a tornare alla normalità. Tra i temi della settimana potrebbe figurare. 

LUSSO: NEL MIRINO C’E’ TOD’S 

Tod’s ha messo a segno un rialzo del 7,5% nelle ultime quattro sedute, sull’onda della performance brillante del lusso sostenuto dalla ripresa dei flussi turistici. Nonostante l’allarme terrorismo, infatti, la settimana è stata positiva per l’italiana Moncler +5%, per Christian Dior +1,3%, per Kering +2,5% e per LVMH +1,3%. L’appeal speculativo per  l’azienda della famiglia Della Valle potrebbe essere alimentato anche dalle aspettative di un cambio di proprietà, tema diventato caldo a gennaio, con l’annuncio dell’ingresso nel capitale di uno dei fondi di investimenti di Andrea Bonomi. Tod’s potrebbe essere una delle prede in una prossima tornata di aggregazioni: Standard&Poor’s calcola che le socetà europee del Lusso abbiano in cassa complessivamente 24 miliardi di euro di liquidità, risorse che potrebbero essere convogliate nella crescita per linee esterne.

Sul fronte delle banche attenzione a Banco Bpm. Sono  almeno cinque i pretendenti al ruolo di partner di bancassurance dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna: Generali, Cattolica, Covèa, Zurich e Allianz. Gli analisti di Barclays hanno alzato il target price sul titolo a 4,15 euro dai 3,3 precedenti confermando il giudizio Overweight. 

JONAS (MORGAN STANLEY): JEEP VALE IL 120% DI FCA 

Sempre sotto i riflettori Fiat Chrysler anche se tende a spegnersi, assieme alle smentite in arrivo dalla Cina, l’appeal speculativo acceso dalle indiscrezioni su un’offerta in arrivo dal Far East. “Forbes” dedica un servizio al possibile split dei marchi Usa detenuti da Fca: Jeep, secondo le stime di Adam Jonas di Morgan Stanley, vale da sola il 120% dell’intera scuderia del gruppo. Appetibile anche Ram, mentre i minivan Chrylser possono essere venduti a Hiunday o a Ford. Il resto ha un valore negativo. Barclays ha alzato il target price da 10,2 a 13 euro, giudizio equalweight.

Pesa su Cnh Industrial l’effetto della caduta a Walll Street del concorrente John Deere -5,4% dopo i conti. Il produttore di trattori e mezzi agricoli ha segnalato che nel 2017 il mercato di riferimento del Nord America, subirà una flessione del 5%.

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