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Usa, asta sui titoli a 30 anni: test per il sentiment del mercato e il costo del debito. Oggi si inizia con i 3 anni

Parte oggi la tornata delle aste Usa con i triennali, domani sarà la volta dei 10 anni e giovedì dei trentennali. Il Tesoro emetterà un totale di 119 miliardi di dollari. Giappone sulla stessa barca

Usa, asta sui titoli a 30 anni: test per il sentiment del mercato e il costo del debito. Oggi si inizia con i 3 anni

Quella che normalmente è considerata una tornata d’asta di routine, quella di questa settimana sui titoli di stato del Tesoro Usa è invece ora vista un importante test del sentiment del mercato per gli asset statunitensi e, mentre gli investitori sembrano interessati al debito a breve e medio termine, per quello a lungo termine la situazione è più incerta.

Oltre ai buoni del tesoro, il Tesoro statunitense emetterà un totale di 119 miliardi di dollari in titoli a tre, dieci anni e 30 anni. Sono soprattutto queste ultime che saranno monitorate attentamente per individuare segnali di un allontanamento degli investitori obbligazionari, che non vogliono paesi con enormi deficit fiscali e montagne di debito. Il declassamento del rating creditizio degli Stati Uniti da parte di Moody’s il mese scorso ha acceso un faro sull’enorme debito Usa accumulato di ben 36 trilioni di dollari.

Certamente non ci sono timori per una “copertura” delle aste, ma è una questione di rendimenti elevati e quindi di costo per il debito, in un momento in cui è in discussione al Senato Usa un disegno di legge voluto da Trump che incrementerà ulteriormente il debito pubblico. Anche il Giappone si trova a dover intervenire per difendere la parte a lunghissima dei suoi titoli di stato.

Al via asta sulla scadenza a 3 anni, poi sui 10 anni

Oggi, il Tesoro venderà 58 miliardi di dollari in obbligazioni triennali, seguiti mercoledì da 39 miliardi di dollari in obbligazioni decennali e da 22 miliardi di dollari in obbligazioni trentennali giovedì. L’asta dei titoli triennali del mese scorso ha registrato risultati solidi. Le offerte indirette, che includono anche quelle delle banche centrali estere, hanno assorbito il 62% dell’emissione totale, un dato inferiore a quello di aprile, ma sostanzialmente in linea con la media delle ultime 12 aste. Secondo l’ultimo sondaggio del Tesoro statunitense, gli investitori offshore, in particolare gli acquirenti ufficiali stranieri, tendono a orientarsi verso i titoli del Tesoro a breve termine, in particolare quelli con scadenze inferiori ai cinque anni.

Nel caso dell’asta dei titoli a 10 anni di domani, l’esito è un po’ più difficile da prevedere, hanno affermato gli analisti, dato che avviene lo stesso giorno della pubblicazione dei dati sull’indice dei prezzi al consumo statunitense. Tuttavia, in base alle statistiche dell’asta, non ci sarà carenza di acquirenti per il titolo a 10 anni, dicono gli analisti. L’asta decennale del mese scorso ha registrato un esito solido. Le offerte indirette hanno assorbito circa il 76% dell’emissione totale, una percentuale superiore alla media delle 12 aste del 72%.

Il vero test è sull’asta di giovedì sui trentennali

Per l’asta della scadenza a 30 anni ci sono più incertezze e alcuni analisti dicono che non sarebbero sorpresi se risultasse più debole del previsto, vista l’ondata di vendite a lungo termine a livello globale. L’asta trentennale del mese scorso non è stata ben accolta, registrando un rendimento superiore a quello atteso alla scadenza delle offerte, suggerendo che gli investitori chiedevano un premio per l’acquisto del titolo. Le offerte indirette sono state leggermente inferiori alla media delle 12 aste.

Nessuno ovviamente solleva la possibilità di una cosiddetta asta fallita, visto che il processo prevede meccanismi di backstop per evitare gravi dislocazioni, mentre una rete di due dozzine di Primary Dealers sono tenuti ufficilamente ad aderire a tutte le aste.

Si tratta “solo” di una questione di rendimenti, cioè alla fine di costo del debito. I rendimenti dei titoli statunitensi a 30 anni il mese scorso hanno toccato il massimo degli ultimi vent’anni, attestandosi al 5,15% e anche al 4,97% di venerdì erano ancora di oltre mezzo punto al di sopra dei livelli registrati a marzo. Ieri il benchmark si è stabilizzato al 4,97%. Rendimenti più elevati comportano una pressione sui finanziamenti proprio in un momento in cui l’amministrazione Trump vuole aumentare l’indebitamento e la spesa pubblica. Alcuni prevedono che la versione approvata dalla Camera del disegno di legge di Trump su tasse e spesa aggiungerà migliaia di miliardi al deficit di bilancio statunitense negli anni a venire.

Gli investitori staranno con la lente in mano a osservare i dettagli del risultato delle aste. A iniziare dalla cosiddetta “coda” dell’asta, ovvero il punto in cui i rendimenti si stabilizzano rispetto al livello di emissione, la misura in cui gli ordini superano l’importo in vendita, fino alla dimensione della partecipazione estera.

La scarsa domanda per l’asta del 21 maggio di titoli ventennali, per la verità non tra i preferiti dagli investitori, è stata sufficiente a far impennare i rendimenti quel giorno. Una performance simile per le obbligazioni trentennali, un benchmark globale, sarebbe ancora più preoccupante.

Anche i trentennali giapponesi sono sulla stessa barca

I rendimenti del debito a lungo termine sono saliti alle stelle nelle ultime settimane a livello globale, poiché la preoccupazione per l’aumento vertiginoso del debito e dei deficit ha spinto alcuni investitori a evitare i titoli e ne ha spinti altri a richiedere un premio più elevato per il rischio di concedere prestiti ai governi. Anche il Giappone, altro paese detentore di un debito decisamente importante, ha visto la parte a lunga della curva dei suoi titoli di Stato (Jgb), sotto pressione, tanto da indurre il governo di Tokyo a intervenire: proprio oggi ha fatto sapere che sta valutando la possibilità di riacquistare alcuni titoli di Stato a lunghissimo termine emessi in passato a bassi tassi di interesse. I rendimenti dei Jgb a lunghissimo termine sono saliti a livelli record il mese scorso a causa del calo della domanda da parte degli acquirenti tradizionali, come le compagnie di assicurazione sulla vita, e del nervosismo dovuto al costante aumento dei livelli di debito a livello globale.

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