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Usa, accordo in extremis sul fiscal cliff

Si del Senato alla legge per evitare il “precipizio fiscale”, entro 24 ore il voto alla Camera – L’intesa prevede di aumentare le tasse solo a chi guadagna oltre 450 mila dollari annui – I tagli alla spesa vengono rinviati di due mesi – Obama: “Né i Democratici né i Repubblicani hanno ottenuto tutto quello che volevano. Questo accordo è la cosa giusta”.

Usa, accordo in extremis sul fiscal cliff

Come nei film di Hollywood, la bomba è stata disinnescata a pochi secondi dall’esplosione. Dopo mesi di trattative infruttuose, ieri negli Stati Uniti Democratici e Repubblicani hanno finalmente raggiunto un accordo per evitare il “fiscal cliff”. Lo hanno fatto nell’ultimo giorno a disposizione per evitare che con il nuovo anno scattassero una serie di tagli automatici alla spesa e aumenti delle tasse: un cocktail d’austerity che avrebbe trascinato in rosso il Pil 2013 degli Usa.

Washington ha sterzato davvero a pochi metri dal precipizio: due ore dopo la scadenza fissata (la mezzanotte del 31 dicembre) il Senato ha varato ieri il disegno di legge volto a evitare il baratro fiscale con una maggioranza schiacciante (89 voti favorevoli e 8 contrari). Ora la Camera dei Rappresentanti deve approvare la misura entro le prossime 24 ore.

L’intesa prevede di aumentare le tasse solo a chi guadagna oltre 450 mila dollari annui. Quanto ai tagli alla spesa, vengono rinviati di due mesi.

“C’é ancora molto lavoro da fare per ridurre il debito americano e l’accordo raggiunto assicura che la riduzione del deficit comprenderà tagli alla spesa ed aumento delle tasse per gli americani più benestanti”, ha spiegato il presidente americano Barack Obama dopo il sì al Senato.

Nel dettaglio, “il 98% degli americani e il 97% delle aziende – come ha sottolineato Obama – eviteranno l’aumento delle tasse” grazie a diverse misure: l’incremento al 39% dell’aliquota sui redditi superiori ai 400 mila dollari per contribuenti individuali e ai 450 mila dollari per le coppie; l’aumento dal 35% al 40% della tassa di successione e il rincaro dal 15% al 20% delle tasse sui guadagni di capitale (ma solo per i redditi superiori ai 450 mila dollari); riduzioni delle deduzioni fiscali per i redditi più elevati; prolungamento dei sussidi alla disoccupazione scaduti due giorni fa per oltre 3 milioni di americani; contenimento dell’alteranative minimum tax (meccanismo che elimina deduzioni fiscali e che avrebbe colpito i ceti medi).

Di fatto, i Repubblicani hanno rinunciato all’obiettivo di non aumentare le tasse, mentre i Democratici hanno dovuto alzare notevolmente la soglia oltre la quale applicare i rincari (inizialmente prevista a 250 mila dollari l’anno). Le nuove entrate garantiranno circa 600 miliardi di dollari in dieci anni.

Fin qui le tasse. Rimane sostanzialmente aperta invece la questione dei tagli alla spesa: se non si troverà una soluzione scatteranno tagli per 110 miliardi di dollari, ma su questo fronte la prossima scadenza è a marzo. 

“Né i Democratici né i Repubblicani hanno ottenuto tutto quello che volevano – ha concluso il Presidente -, questo accordo è la cosa giusta da fare per il nostro Paese e la camera dei Rappresentanti dovrebbe votarlo senza ritardi”.

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