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Ucraina: energia, pressioni politiche e deficit

Le inefficienze del sistema finanziario ucraino aggravano una strategia commerciale già estremamente esposta alle fluttuazioni dei prezzi degli idrocarburi ed alle congiunture dei mercati di esportazione.

Ucraina: energia, pressioni politiche e deficit

Dai dati presentati nel focus del Servizio Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo di dicembre, risulta come l’economia ucraina abbia registrato una brusca frenata nel corso dei quest’anno, riportando il primo calo tendenziale (-1,3%) dal 2009 ed attestando il tasso di crescita del PIL all’1%. Le performance peggiori riguardano il settore agricolo (-4,5%), a causa degli ultimi raccolti estivi di cereali, legumi, barbabietole e semi di girasole, quello edile ed il manifatturiero. La stessa lavorazione di metalli, principale attività industriale (19,4%) e particolarmente sensibile alla congiuntura dei principali mercati di esportazione (UE e Russia), ha registrato una contrazione del 4,5%. In deciso calo anche la raffinazione (-25,6%), la produzione di prodotti elettronici (-10,8%), macchinari e impianti (-10,3%), mentre chimica (+9,5%), servizi di pubblica utilità (5,1%), produzione di veicoli (+2,5%) e settore minerario (+2,8%) si sono attestati su buoni livelli.

L’economia ucraina è molto aperta, la somma dei flussi commerciali ammonta a quasi il 120% del PIL, dove i Paesi CIS assorbono oltre un terzo delle esportazioni, Europa ed Asia un quarto ciascuna, ma presenta un’elevata vulnerabilità agli shock esterni. Si può notare ciò in riferimento all’esposizione ai mercati dei semilavorati metallici e dei prodotti agricoli dal lato delle esportazioni, e dei beni energetici, soprattutto gas, da quello delle importazioni. L’Ucraina ha infatti chiesto alla Russia la rinegoziazione dell’accordo siglato nel 2009 per ottenere un prezzo più basso ed una riduzione delle quantità importate, che porterebbe ad un risparmio di circa 6 miliardi di dollari. Un esito positivo di queste richieste aiuterebbe il Paese ad ottenere una ripresa del sostegno finanziario del FMI, ora fermo a causa delle sovvenzioni statali concesse alla compagnia energetica Naftogaz per poter vendere il gas sottocosto. In Ucraina transita infatti circa l’80% del gas russo diretto in Europa: l’apertura di nuove vie di transito per il gas, come la North Stream nel Baltico, già operativa, e la South Stream, attraverso il Mar Nero, che dovrebbe essere completata nel 2015, rischiano, nel breve periodo, di rendere meno attrattivi i gasdotti ucraini e di costare in termini di commissioni. La domanda di gas in Europa è però prevista aumentare di circa il 40% nei prossimi dieci anni, il che assicurerebbe i profitti ucraini di medio periodo.

Dal punto di vista finanziario, le riserve valutarie offrono una bassa copertura del fabbisogno finanziario estero, determinando un calo nell’afflusso di fondi ed investimenti produttivi, aggravando così il deficit di bilancio. Da gennaio ad agosto 2012 il disavanzo pubblico è quasi raddoppiato, portandosi a 8,2 miliardi di dollari, mentre quello commerciale è salito da 9,5 a 12,6 miliardi per effetto del calo delle esportazioni di metalli e della crescita delle importazioni di macchinari e impianti. Mentre il debito estero, pari a quasi 128,9 miliardi di dollari alla fine di giugno, presenta un’elevata percentuale in rapporto al PIL (circa 80%), 60% del quale generato dal settore privato non bancario.

In questo contesto, la posizione finanziaria nei confronti dell’estero presenta grosse inefficienze, soprattutto a causa dei finanziamenti in valuta che si ripercuotono nel deficit di bilancio. Il basso livello di riserve valutarie, se confrontato con gli impegni di finanziamento estero, espone la dinamica economica di medio-lungo periodo alle variazioni della propensione al rischio sul mercato dei capitali. Non a caso, le principali agenzie di rating hanno classificato il debito sovrano ucraino un investimento altamente speculativo. Questa prospettiva, in assenza di una nuova strategia commerciale, oggi ancora estremamente vulnerabile rispetto a fluttuazioni dei prezzi degli idrocarburi, pressioni politiche e cambiamenti climatici, potrebbe pregiudicare crescita e sviluppo del Paese ancora per molto tempo.

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