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Tv e tlc, che fine ha fatto il polo unico delle torri

Dopo l’Opa lanciata da Ei Tower su Rai Way, tutto sembra essersi fermato. Ma è solo apparenza: in realtà i cambiamenti in corso nella composizione dei telespettatori e nelle modalità con cui accedono ai programmi, vanno tutti verso una radicale revisione del sistema di broadcast. L’Ad di Ray Way Ciccotti sembra bloccato ma in verità sui suoi progetti la parola spetta al governo. Lo farà e quando?

Tv e tlc, che fine ha fatto il polo unico delle torri

Lo scorso anno, alla fine febbraio, prende forma concreta una nube che è destinata a rimanere a lungo nei cieli d’Italia. Si tratta dell’Opa lanciata da Ei Tower, società di proprietà Mediaset incaricata di gestire le reti di trasmissione radiotelevisive, verso Rai Way, Società del Gruppo Rai con lo stesso business, quotata in Borsa Italiana pochi mesi prima. A questa nube viene assegnato un nome: polo unico delle torri.

Da allora, apparentemente, è successo poco di significativo e il tema continua a rimanere in agenda senza significative novità. Solo apparentemente però, perché in verità qualcosa si muove tra i grandi soggetti interessati all’argomento e questa nube sta andando dritta incontro ad un’altra non meno importante.

Questa seconda nube ha un nome ed un calendario di azione: si chiama Rapporto Lamy sulla redistribuzione delle frequenze radiotelevisive attualmente in uso intorno ai 700 Mhz, è stata elaborata dalla Commissione Europea e dovrebbe dispiegare i suoi effetti a partire dal 2020. Si può ben immaginare che una data così ravvicinata appare particolarmente minacciosa per gli operatori broadcast nazionali mentre, viceversa, apre nuove e rilevanti opportunità per gli operatori Tlc.

In questa prima puntata cercheremo di tracciare le grandi linee che definiscono il quadro di quanto si osserva nel mercato delle torri di trasmissione del segnale televisivo alla luce di quanto potrà avvenire nel prossimo futuro laddove le aggregazioni finanziarie tra diversi operati, nazionali ed europei, si vanno ad intrecciare alle nuove normative comunitarie.

Anzitutto è bene ricordare che si tratta di due distinti sistemi di torri: il primo riguarda quelle destinate alla diffusione dei segnali radiotelevisivi e il secondo le altre, su cui transitano i segnali degli operatori di telecomunicazioni. Si tratta di due sistemi che, al momento, convivono tra loro senza apparenti disturbi, almeno da un punto di vista tecnologico. Per quanto tempo ancora? Fino a quando un sistema dovrà, giocoforza, essere subordinato ad un altro?

Polo delle torri e 700 Mhz sono dunque due dossier destinati inevitabilmente a sovrapporsi e sull’Italia vista dall’alto di questi tralicci si intravvedono temporali e nemmeno di poco conto.

Il quadro è complesso e riguarda anzitutto il consumo dei prodotti audiovisivi, sia per quanto riguarda il pubblico, sia per quanto riguarda la tecnologia. Le più recenti rilevazioni sugli ascolti della Tv confermano una tendenza ormai inarrestabile: la televisione si consuma sempre più in modo diverso dal modello tradizionale.

È cambiata la composizione dei telespettatori: nella composizione tra fasce di età, orari di fruizione e modalità di visione. Ognuno, in particolare il pubblico intorno ai 30-35 anni, si costruisce il proprio palinsesto attraverso il tablet, sul Pc o sullo smartphone che, come noto, non necessitano di un segnale televisivo quanto più di una connessione WiFi o di una rete in fibra ottica.

Per quanto riguarda poi specificamente il consumo di Tv, per quanto accennato prima, si pone una questione apparentemente semplice: nei prossimi anni vedremo ancora i programmi tv attraverso il Dtt (il digitale terrestre) oppure sta per abbattersi sul sistema broadcast una tempesta perfetta in grado di sconvolgere tutto? Questo interrogativo, in prima battuta, non può essere indifferente agli azionisti delle Società quotate che gestiscono il patrimonio delle torri di trasmissione del segnale televisivo.

Se si dovesse mai abbattere il fulmine di una radicale revisione del sistema broadcast nazionale e si dovesse avviare un nuovo processo tecnologico dove, tanto per intenderci, le attuali torri di diffusione di “alta quota” non fossero più necessarie e, al contrario, sarebbero sufficienti una rete capillare di piccole torri ben distribuite sul territorio nazionale, l’attuale prevalente modello di business, e di conseguenza il valore delle azioni, difficilmente potrebbe rimanere indenne.

Rimanendo sempre nella metafora metereologica: qualcuno invece, dall’alto del suo punto di osservazione, prepara gli ombrelli e predispone gli affari anche in caso di pioggia ed anzi, intravvede nuove prospettive di sviluppo. Altri, invece, sembra stiano a guardare.

Al recente incontro di Cernobbio, il Dg Rai, Antonio Campo Dell’Orto, a proposito di quanto avviene nel mercato delle torri broadcast ha dichiarato e ribadito un concetto già noto: “Rai Way non ha trattative in corso”. L’Azionista di maggioranza della Società quotata del gruppo Rai, non è chiaro quanto volutamente, non ha voluto, o potuto, entrare nel merito di quanto invece altri soggetti, Ei Towers in testa, stanno operando per fronteggiare, appunto, il maltempo che si intravvede oltre le nubi. Ma, evidentemente, il tema non è tanto nelle sue disponibilità quanto più nelle mani del suo azionista: il Governo.

Una corretta logica industriale di Paese vorrebbe che, per efficienza, produttività e convenienza, il Polo delle torri, prima o poi, debba necessariamente essere realizzato. Su questo punto, pare, non ci dovrebbero essere dubbi. Si tratta al più di vedere a quale modello ispirarsi, ad esempio quello francese. Nei mesi scorsi, il Sottosegretario alle TLC, Antonello Giacomelli, ha dichiarato che “Se ci sono progetti industriali capaci di unificare la gestione delle torri, che siano di Tlc o che siano quelle del digitale terrestre, noi non abbiamo obiezioni… Noi mettiamo solo un punto fermo che dev’essere presente in ogni progetto che debba avere la nostra approvazione: il controllo pubblico”.

Da quanto si ha modo di capire, traspare una apparente neutralità che vale la pena di interpretare. Anzitutto il ruolo di Rai Way, Società quotata con capitale di maggioranza di proprietà Rai. Dopo le dimissioni di Camillo Rossotto, che sul tema aveva espresso idee molto chiare: “Nel momento in cui le torri sono sul mercato diventa per noi un nuovo interlocutore con cui poter interagire per eventuali convergenze. Quella (riferita a Telecom, ndr) è la migliore infrastruttura telco, noi siamo la migliore infrastruttura broadcast”, lasciando intendere che si trattava di una questione futuribile dove i nodi erano i tempi e i modi.

Invece, alla recente Assemblea degli azionisti dello scorso aprile, dove è stato nominato nuovo Presidente di Rai Way Raffaello Agrusti, che ricopre anche la carica di Cfo Rai, sull’argomento non sono emerse novità. Si può ben immaginare, anche per quando ribadito dal DG Rai, che la Società ha le mani legate ad agire sul mercato fintanto che l’azionista di maggioranza non dà via libera.

Appare, però, ben strano che mentre tutti gli altri concorrenti sono particolarmente attivi nel mercato e consapevoli che, volenti o nolenti, questo polo unico delle torri prima o poi verrà realizzato, la sola Rai Way rimane in finestra a guardare il tempo che scorre. Certamente, possiamo immaginare, non è così e l’Ad della Società, Stefano Ciccotti, ha idee e progetti di largo respiro più volte espressi, sia sulle innovazioni tecnologiche che lo interessano, sia su ipotetiche operazioni M&A. Avrà spazio, modo, tempo per realizzare ambiziosi progetti?

La nuova stagione autunnale è appena iniziata. Vedremo cosa si intravvede dall’alto delle torri nelle prossime settimane.

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