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Tour, nel Mandela Day la prima volta degli africani

Cummings della sudafricana Mtn-Qhubeka beffa i francesi Pinot e Bardet di fronte a Hollande. Froome allunga ancora in classifica e denuncia con disgusto “Mi hanno lanciato in corsa una boccetta di urina al grido di dopato”. Quintana scavalca Van Garderen al secondo posto nella classifica

Tour, nel Mandela Day la prima volta degli africani

 C’è chi sostiene che se non ci fosse la Germania, l’economia più forte della Ue, l’eurozona sarebbe più omogenea. Tesi azzardata questa che lo diventa molto meno se fosse applicata al Tour pensando cosa sarebbe più battagliata ed equilibrata questa edizione della Grande Boucle se non ci fosse lui, Chris Froome, che senza nemmeno fare il marziano sta praticamente anestetizzando i rivali. Anche ieri sull’ultima salita, la cote de la Croix Neuve, 3 km al 10,1% con scollinamento a circa 1.500 metri dal traguardo di Mende, la maglia gialla ha raggranellato altri secondi di vantaggio precedendo tutti gli altri uomini di classifica: uno su Quintana che è salito al secondo posto nella generale e che appare l’ultima boa cui il Tour aggancia la speranza di un attacco sulle Alpi al padrone della corsa; quattro su Alejandro Valverde che sta correndo al meglio delle sue possibilità; 19 su Contador che evidentemente in salita sta pagando le fatiche del Giro; altri 30 a Vincenzo Nibali che si allontana sempre più dal vertice anche se risale all’ottavo posto in graduatoria; 40 netti a Tejay Van Garderen, apparso in difficoltà, che scivola in terza posizione stretto nella morsa dei due leader della Movistar, Quintana e Valverde.

In un Tour che prometteva sfide stellari ma che dopo la prima tappa pirenaica è apparso subito rassegnato di fronte alla superiorità di Froome, è aperta la caccia a ogni cosa che possa rompere il velo di noia che da giorni sta avvolgendo la corsa. Ed è la stessa maglia gialla a offrire spunti e dibattiti nel backstage della corsa. Da giorni gira in rete un video “hackerato”, secondo il Team Sky, che lancia forti sospetti sui watts e sui battiti cardiaci di Froome nella famosa scalata al Mont Ventoux nel Tour 2013, quando il britannico mostrò la mondo in anteprima assoluta cosa fosse la “frullata” piantando in asso Contador come se lo spagnolo fosse un dilettante alle prime armi. Un’accelerata da extraterrestre, tra le pietre infuocate della montagna pelata, che oggi viene esibita per metterne in dubbio la genuinità. E a questa campagna di diffamazione Froome attribuisce anche il gesto di uno spettatore che durante la tappa di ieri da Rodez a Mende gli ha scagliato addosso una boccetta di urina gridando “dopato”.

 “Sono disgustato”, ha ripetuto più volte nelle interviste a fine gara. Evidentemente non tutti i francesi si sono abituati a perdere il Tour. L’ultima volta l’hanno vinto 30 anni fa con Hinault. Un tempo c’era chi scagliava pietre agli italiani perché erano i padroni della corsa  tanto da costringere Magni in maglia gialla e Bartali a ritirarsi per protesta. Era il 1950. Più recentemente nell’edizione del 2013, quello del successo di Bradley Wiggins, nella tappa di Foix vinta da Luis Leon Sanchez, una mano sinistra sparse di chiodi la discesa del Mur de Péguère: forature a iosa con il povero Cadel Evans che invocava la neutralizzazione della corsa. Adesso nel mirino c’è Froome che ormai fatica meno in corsa che nel dopo-corsa con le solite domande sui suoi parametri da fenomeno.

 Ieri per giunta a beffare i francesi, fermi a una sola vittoria di tappa con Alexis Vuillermoz, s’è messo un altro inglese, Stephen Cummings che ha soffiato il successo a Thibaut Pinot e a Romain Bardet, secondo e terzo all’arrivo. Nemmeno la visita di François Hollande al Tour è servita a dare una scossa ai transalpini. Cummings ha così regalato alla sua squadra, la Mtn Qhubeka, la gioia di essere la prima squadra africana a imporsi in una frazione del Tour. Considerando che anche la maglia gialla Froome ha cuore keniota, meglio la Grande Boucle non poteva onorare il Mandela-Day, cioè l’anniversario della nascita di Nelson Mandela. Cummings faceva parte, come Pinot e Bardet, della fuga che ha caratterizzato la tappa in cui tra gli altri c’erano, prima di mollare sulla cote finale in vista di Mende, anche , Uran (quarto), Sagan (quinto) e Van Avermaet, il vincitore di Rodez. Una fuga che non ha minimamente inquietato il gruppo di Froome e degli altri big che sono arrivati in ordine sparso, preceduti dalla maglia gialla, a oltre 4 minuti da Cummings.

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