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Telecom Italia, le 4 mosse per diventare spagnola

Rivoluzione in Telco, la holding che controlla Telecom: Telefonica arriverà al 70% con due aumenti di capitale, ma il passaggio di poteri sarà diluito nel tempo – La Consob deciderà se sarà obbligatoria l’Opa – Per ottenere l’ok dell’Antitrust brasiliano e argentino, probabile la vendita di Tim Brasil – Incertezze su scorporo rete e piano per banda larga.

Telecom Italia, le 4 mosse per diventare spagnola

Telecom Italia si accinge a studiare spagnolo. Il tempo per impratichirsi nella lingua di Cervantes ( “Don Chisciotte” era il titolo del dossier dedicato ad un’alleanza con gli spagnoli ai tempi della gestione Tronchetti Provera) non manca: il passaggio delle leve di controllo di Telco a Telefonica non avverrà prima del prossimo gennaio, purché arrivi l’Ok dell’Antitrust brasiliano ed argentino. Ma il passaggio dell’ex incumbent ad una società straniera, a 16 anni dalla privatizzazione del gioiello dell’Iri, è ormai cosa fatta, dopo l’ennesima notte insonne.
Ecco come:

a) Generali, Intesa e Mediobanca comunicano che hanno concluso con Telefonica un “accordo modificativo” del patto parasociale relativo a Telco. Lo si legge in una nota in cui viene indicato che in una prima fase Telefonica sottoscriverà un aumento di capitale per 324 milioni di euro a 1,09 euro per azione. In seguito, dopo l’ok dell’Antitrust in Brasile e Argentina, effettuerà un secondo aumento di capitale da 117 milioni per arrivare al 70% della holding.

b) Il passaggio dei poteri sarà diluito nel tempo. Telefonica infatti manterrà i diritti di voto in Telco spa all’attuale 46,1% anche dopo i due aumenti di capitale (che porteranno la sua quota al 70% della holding). Solo dal primo gennaio 2014, dopo l’ok dell’Antitrust di Brasile a Argentina, i diritti di voto potrebbero salire al 64,9%.

Ora la parola passa a Piazza Affari. Le quotazioni di Telecom Italia , ieri +3,42% a quota 0,59 euro, nel pomeriggio a mano a mano che si andava profilando la stretta delle trattative con Telefonica, sono sensibilmente inferiori; da gennaio il titolo ha perduto il 15% circa. Ma a passar di mano, per la terza volta nella storia della Telecom Italia privata, non sono le azioni della società bensì quelle di una scatola, Telco, holding che detiene la quota di maggioranza relativa con il 22,4% ma che non figura come socio controllante ai fini della legge sull’Opa, che si applica automaticamente solo alle partecipazioni superiori al 30%.

Sarà la Consob a decidere se il cambio di assetto, che configura comunque il passaggio del controllo nelle mani di un unico soggetto, farà scattare o meno l’obbligo d’Opa oppure se varranno ancora le disposizioni precedenti, quando la governance era in mano a più soggetti.

In ogni caso, il rischio di restare all’asciutto è reale, sia per il mercato che per la Findim di Marco Fossati, che controlla il 4,9% della società. Il beneficio immediato andrà invece ai soci Telco. In particolare a Mediobanca, che ha svalutato la partecipazione in bilancio a 0,52 euro. Modesta la perdita contabile per Generali (1,2 euro). Per tutti, comunque, la perdita è salata, visto che le azioni vennero a suo tempo rilevate da Olimpia a 2,82 euro cadauna.

c) I cento giorni di tempo concessi a Telefonica per completare l’operazione saranno spesi per ottenere il benestare delle autorità brasiliane ed argentine antitrust all’operazione che coinvolge le consociate di Telecom in Sud America. Una partita difficile, e che probabilmente si concluderà con vendite scontate di pezzi di Tim Brasil a società locali (cosa che vale a maggior ragione per l’Argentina visto il precedente d Repsol/Ypf). Insomma, per i soci minori di Telecom si profila una seconda brutta notizia: la cessione del gioiello di famiglia nell’interesse di un socio. A meno che il management e l’azionariato non s’oppongano nelle sei opportune. O che qualche cavaliere bianco (At&t) non corra in soccorso di Alierta rilevando Tim Brasil e mettendo indirettamente un’ipoteca sul futuro del gruppo Italo-spagnolo.

d) Che fine farà, infine, lo scorporo della rete, operazione che non è gradita a Telefonica? Ma, soprattutto, avrà il nuovo gruppo, su cui gravano 80 miliardi di debiti, la forza di portare avanti il piano per la diffusione della banda larga? Qui la partita è appena cominciata e s’intreccerà con i nuovi capitoli del colosso delle tlc europee: il più fragile ed indebitato, destinato probabilmente più a far da preda più che da cacciatore nella prossima tornata di consolidamento del settore in Europa.

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