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Tecnologia e Video Art, dal Portapack anni ‘60 al Selfie di oggi

La mostra inizia con una generazione pionieristica di artisti attivi a metà degli anni ’60 – Shigeko Kubota, Charlotte Moorman, Nam June Paik e Wolf Vostell – per i quali la televisione era allo stesso tempo oggetto e oggetto delle loro estese pratiche che abbracciavano performance, scultura e l’immagine in movimento.

Tecnologia e Video Art, dal Portapack anni ‘60 al Selfie di oggi

In un’epoca dominata dalla tecnologia digitale, la mostra The Body Electric proposta dal Walker Art Center, Minneapolis (Stati Uniti) dal 30 marzo al 21 luglio 2019, esplora i temi del reale e del virtuale, l’organico e l’artificiale, passando dal mondo fisico allo schermo e viceversa.

Le videocamere registrano momenti privati ​​e spettacoli pubblici, le fotografie catturano personaggi alternativi e gli avatar digitali simulano il comportamento umano. Insieme, rivelano i modi in cui la tecnologia cambia la nostra comprensione collettiva del corpo, della vita quotidiana e del senso di sé. Dall’invitante e familiare al provocatorio e inquietante, le opere in mostra si muovono agilmente dal mondo materiale allo spazio dello schermo e viceversa. Reimmaginato per la mostra, un’installazione di Joan Jonas di nuova creazione fonde il mondo fisico e la sua rappresentazione, mentre le riprese di performance del Wooster Group offrono una meditazione frenetica sulla presenza pervasiva della tecnologia e sulla fusione tra corpo e schermo.

Opere di Sanja Iveković, Howardena Pindell, Paul Mpagi Sepuya, Cindy Sherman e Amalia Ulman tracciano una storia di artisti che trasformano le lenti della macchina da presa sui loro corpi, creando spazi personali di performance, sia attraverso la fotocamera Portapak degli anni ’60 sia con i selfie di oggi. Gli esseri incarnati e gli avatar digitali popolano i contributi di Laurie Anderson, Ed Atkins, Pierre Huyghe e Sidsel Meineche Hansen, mentre le sculture di Robert Gober e Anicka Yi e un’installazione immersiva di Trisha Baga esplorano l’ambiguità scivolosa dei materiali in bilico tra il digitale e analogico, il reale e reso.

Per Lynn Hershman Leeson, Sondra Perry e Martine Syms, l’obiettivo della fotocamera crea uno spazio per ripensare la rappresentazione delle identità sociopolitiche e per mettere in discussione le strutture che governano la nostra comprensione della razza e del genere. La presentazione si conclude con opere di Josh Kline, Carolyn Lazard, Candice Lin e Patrick Staff e Marianna Simnett che riflettono sulla malleabilità del corpo, parlando di temi di cura, intervento chirurgico e processi chimici e biologici impercettibili all’occhio umano.

La mostra continua nella Main Lobby con l’Icosaedro di Zach Blas (2019), una sfera di cristallo artificialmente intelligente.

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