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Social Minds: banche e social network, si comunica ancora poco (e male)

Dalla ricerca condotta da Social Minds emergono dati contrastanti: l’85% delle banche offre un conto deposito online, ma non tutte utilizzano la comunicazione digitale e meno della metà ha un team dedicato alla gestione dei social media aziendali – Si discute principalmente di c/c e mutui, con un feedback tendenzialmente neutro o negativo.

Social Minds: banche e social network, si comunica ancora poco (e male)

Le più attive sono quelle giovani e nate direttamente sul web, come Fineco, CheBanca!, WeBank, ma anche insospettabili realtà locali come Credito Valtellinese o Veneto Banca, o altre ancora che sono diventate negli anni sempre più online, come Banca Ifis. Le meno attive sono quelle più grandi e istituzionali, come Unicredit, Intesa Sanpaolo e Mediolanum, che non hanno né un blog né un account Google Plus, o Mps che su G+ ha aperto la pagina senza però gestirla (c’è un solo post!), o ancora peggio Banca Carige che è rimasta alla preistoria: non è né su Facebook né su Twitter.

Il rapporto fra banche e social media, analizzato da Social Minds in una ricerca presentata al Social Case History Forum 2013 a Milano, è in continua evoluzione e se da un lato ci sono istituti che vivono di rete (attraverso la quale effettuano anche la raccolta), dal sondaggio condotto su un campione di 12 banche spa o popolari e 20 crediti cooperativi (su un totale di 740 banche sul territorio italiano, comprese 78 succursali estere) emerge che quasi una banca su 3, il 30%, ha una gestione dei social network ancora da sviluppare o appaltata a terzi.

Sebbene il social networking sia diventata la seconda forma di comunicazione digitale utilizzata dalle banche per dialogare con i propri clienti (nel 67% dei casi, seconda solo al sito web corporate usato ormai dal 90% delle società), soltanto il 43% di loro ha creato un team ad hoc dedicato alla gestione dei social media aziendali. Questo dato stona persino col fatto che ormai solo il 15% delle banche non offre all’utente un conto deposito online, mentre l’85% lo fa.

Ma cosa si comunica su un social network, e soprattutto che ritorno ha per l’istituto creditizio? Social Minds ha analizzato anche questo aspetto (la ricerca completa verrà però pubblicata solo a luglio): innanzitutto, si comunica ancora troppo poco. E’ predominante infatti il fenomeno della partecipazione passiva, per cui per esempio al numero di fan sulle pagine Facebook non sempre (anzi, quasi mai) corrisponde un numero di effettivi fan attivi. Anche la pagina più seguita, quella di IBL Banca con 97.971 follower, ne conta solo 3.419 attivi; ancora peggio fa Unicredit che su quasi 90mila ne ha solo 1.100 attivi. L’esempio virtuoso in questo caso è quello di Intesa Sanpaolo che su 29.618 fan ne ha quasi 10mila effettivamente attivi.

E di che cosa si parla? Principalmente, per il 63%, di conti correnti (43%) e mutui, mentre solo per il 6% di finanziamenti. Il feedback, purtroppo per le banche, è però piuttosto negativo: nel 55% dei casi esaminati i contenuti sono di carattere neutro, nel 28% (soprattutto nelle discussioni sulla costumer experience e sull’immagine della banca) sono negativi, e solo nel 17% sono a carattere positivo.

L’unica categoria che sembra entusiasmare i clienti è quella dei conti deposito: ci sono molte discussioni sulle prospettive di remunerazione (tassi etc.), ma sia l’immagine di questo tipo di prodotti, sia l’esperienza a seguito dell’apertura di questi investimenti “semplici” per il risparmiatore sono sostanzialmente positive.

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