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Siderurgia, da Taranto a Piombino e alla corsa agli aiuti pubblici: Federacciai sbaglia strada

Dal J’accuse su Taranto ai silenzi su Piombino e dalla corsa a improbabili aiuti pubblici alla vaghezza di proposte mai seguite da fatti: è deludente il bilancio della strategia di Federacciai, che raccoglie l’industria siderurgica italiana ma non riesce ad affrontare i problemi della sovraccapacità produttiva e dell’isolamento dei suoi protagonisti

Siderurgia, da Taranto a Piombino e alla corsa agli aiuti pubblici: Federacciai sbaglia strada
Si è chiuso nei giorni scorsi alla Fiera di Milano l’appuntamento biennale che Siderweb riserva alla siderurgia e alla metallurgia italiana. Nel corso delle tre giornate milanesi si è inserita anche l’Assemblea di Federacciai, l’associazione che raggruppa e rappresenta gli interessi della filiera dell’acciaio italiano.
 
Per la verità la grande stampa non ha dato il tradizionale spazio informativo alla manifestazione anche se i commenti dei presenti e la strategia indicata dal presidente Antonio Gozzi  impongono una serie di riflessioni non certo marginali per un settore dal passato pieno di successi, oggi condannato ad affrontare una prospettiva piena di difficoltà, minacciata da massicci ridimensionamenti produttivi o, in alternativa, obbligata ad impegnative iniziative di investimento tecnologico e di aggregazioni  societarie.
 
La relazione di Gozzi ha suscitato molte perplessità e creato, nel contempo, consistenti delusioni. Infatti i cardini della strategia indicata dal presidente poggiano su fragilissimi sostegni politici e su opposizioni fortissime dettate dalle regole  europee e da quelle altrettanto vincolanti della concorrenza internazionale che attraversa senza confini il settore dell’acciaio.
 
Chiedere, come ha più volte ripetuto Antonio Gozzi, intereventi finanziari pubblici a sostegno della razionalizzazione del comparto italiano o invocare improbabili ed impossibili incentivi di natura energetica per la preriduzione del minerale di ferro in siti italiani, significa non avere sotto controllo la realtà degli indirizzi economici dei Governi del Continente della nuova Europa. Sembra assai strano che Antonio Gozzi questi paletti non li conosca!

Egli dovrebbe sapere che la sua pressante richiesta di aiuti al Governo avrà un cortese ma fermo “ fin a non recevoir”. Forse in questa corsa alla mano pubblica si nascondono le condizioni oggettive del settore,la difficile gestione di sovraccapacità produttive in mercato stanco, l’accresciuta individualità e l’isolamento dei suoi protagonisti che non consentono alcuna prospettiva di aggregazione della base produttiva siderurgica del Paese.

 
Anche sulla complessa e delicata vicenda di Taranto il j’accuse  di Gozzi va visto come uno schermo per occultare il riscontrato limite di proposte percorribili elaborate dalla Federacciai nella crisi che ha colpito l’impianto più strategico per la meccanica e l’automotive del nostro sistema.

“Esproprio, ingiustizia, mossa che allarma gli investitori esteri, commissariamento ingiusto”. Parole e giudizi che hanno irritato i rappresentanti del Governo e i vertici operativi di Taranto che hanno ritenuto superficiali le accuse nei confronti di una politica di salvaguardia dell’impianto tarantino obbligata ad affrontare la rigidità di una Magistratura sorda ad ogni principio economico, una eredità di impresa sfarinata nel fallimento gestionale e finanziario, una richiesta di continuità produttiva che saliva dall’intero comparto della meccanica italiana e da vasti settori della economia.

Qualcuno,in sala, ha ricordato come “rumoroso”  fosse stato allora il silenzio dei critici di oggi e totale l’assenza di proposte pervenute dal mondo imprenditoriale siderurgico. Troppo facile dire che quanto fatto ora non piace. Silenzi ed accuse nella relazione che hanno toccato anche l’intervento algerino su Piombino indicato come un fattore che provocherà “disastri” sul piano energetico e sul mercato del rottame.

Proposte, invece, ancora vaghe e poche: un liturgico richiamo al passato, la necessità di riconvertire il prodotto verso livelli sempre più alti di qualità, una pressante omelia sulla obbligatorietà delle alleanze e delle fusioni,cose sentite ormai da molti anni e mai seguite da fatti concreti.

 
Così si è chiusa la kermesse dei siderurgici italiani. Solo una nota positiva e forse anche ben augurante per un ricambio dei vertici associativi: conquista con  il lavoro e con l’impegno in ASO il Cavalierato del Lavoro Paola Artioli, bresciana.

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