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Settimana lavorativa di 4 giorni: più ricavi e meno stress. I risultati dell’esperimento Uk

Nonostante per sei mesi abbiano ridotto da 5 a 4 i giorni di lavoro, i ricavi delle aziende coinvolte nell’esperimento sono saliti – Benaglia (Fim Cisl): “Facciamolo anche in Italia” – L’esperimento di Intesa Sanpaolo

Settimana lavorativa di 4 giorni: più ricavi e meno stress. I risultati dell’esperimento Uk

Ricavi e produttività in leggera crescita e dipendenti (ma anche dirigenti) molto più felici. Sono questi i 3 dati che potrebbero spingere il Regno Unito ad adottare la settimana lavorativa di 4 giorni su larga scala dopo la pubblicazione dei strabilianti risultati del più grande esperimento sulla “settimana corta”, pubblicati nei Reports and Proceedings dell’università di Cambridge che mostrano risultati incoraggianti per le 61 aziende e i 2.900 lavoratori che da giugno a dicembre 2022 hanno sperimentato il nuovo modello

Settimana lavorativa di 4 giorni: i dettagli dell’esperimento

La formula sperimentata per sei mesi dalle 61 aziende che hanno aderito all’iniziativa prevede il 100% della retribuzione per l’80% del tempo – 32 ore al posto di 40 – in cambio dell’impegno a fornire comunque il 100% della produzione. 

I risultati? Il 90% delle aziende partecipanti preferirebbe non tornare indietro e 18 su 61 hanno confermato ufficialmente il modello di quattro giorni lavorativi su sette. 

Il motivo? Nonostante le ore lavorate si siano ridotte, i ricavi sono saliti dell’+1,4% – dato che balza a +35% rispetto allo stesso periodo del 2021 – e i lavoratori sembrano essere più felici: il 15% dei essi non tornerebbe a lavorare 5 giorni su 7 “per nessuna somma di denaro”, il 39% sostiene di essere meno stressato, il 40% dorme meglio, il 54% afferma che è più facile bilanciare il lavoro e le responsabilità domestiche. Durante i 6 mesi di esperimento, il numero di giorni di malattia è diminuito di circa due terzi e il 57% in meno dei dipendenti ha lasciato le aziende rispetto allo stesso periodo del 2021. Gli organizzatori hanno inoltre chiesto ai lavoratori di dare un voto alla propria vita prima e dopo l’esperimento: il punteggio medio è salito da 6,69 a 7,56, mentre quello dei dirigenti è arrivato addirittura a 8,3 all’esperienza (da 7,5).

Ci sono però delle criticità: l’esperimento, hanno sottolineato molti osservatori, è stato effettuato in un periodo di bassa disoccupazione e di crescente tendenza dei lavoratori insoddisfatti a licenziarsi con l’ormai noto fenomeno delle great resignations. Da sottolineare inoltre che, se in alcuni settori la riduzione delle ore lavorate e il maggior ritmo di lavoro sono stati facilmente assorbiti, in altri non sembrano essere gestibili.

Settimana lavorativa di 4 giorni: gli altri esperimenti, c’è anche Intesa Sanpaolo

Il primo paese a partire con la settimana lavorativa di 4 giorni è stato l’Islanda, che nel 2015 ha introdotto la “settimana corta” nel settore pubblico, portandolo col passare del tempo anche nel privato.

Recentemente, anche Spagna, Belgio, Australia e Stati Uniti stanno sperimentando la settimana lavorativa di 32 ore.

In Italia, recentemente è stata Intesa Sanpaolo ad avviare un nuovo modello organizzativo del lavoro per i dipendenti del gruppo che operano in Italia. Tre le proposte dell’azienda figurano la possibilità usufruire dello smart working fino a 120 giorni all’anno, con un’indennità di buono pasto di 3 euro al giorno, ma anche quella di lavorare 4 giorni a settimana aumentando a 9 le ore giornaliere su base volontaria, a parità di retribuzione, senza obbligo di giorno fisso. 

Fim Cisl: “Facciamolo anche in Italia”

 “Sperimentiamo anche in Italia dopo il Regno Unito il lavoro su 4 giorni. Apriamo il confronto con le aziende su come rendere il lavoro produttivo, sostenibile e libero”. Lo chiede Roberto Benaglia, segretario generale dei metalmeccanici della Fim Cisl, secondo cui “è possibile ripensare gli orari aziendali e ridurli non contro la competitività aziendale ma ricercando nuovi equilibri e migliori risultati. La Fim Cisl già lo scorso anno nel proprio congresso a Torino incentrato sulla definizione di lavoro giusto ha proposto di negoziare, soprattutto a livello aziendale, una forma di lavoro fatta di 4 parti di attività piena e 1/5 di riduzione d’orario che possa essere dedicata anche a formazione o ai carichi di cura”, spiega il sindacalista, che evidenzia come questa questa misura potrebbe rendere il lavoro “maggiormente sostenibile e flessibile verso i bisogni delle persone”, rendendo parallelamente “i posti di lavoro più attrattivi”.

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