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Servizi pubblici locali, la liberalizzazione non è un optional

Pubblichiamo la prefazione di Franco Bassanini al saggio “Società pubbliche e servizi locali” di Adriana Vigneri e Mario Sebastiani edito da Maggioli che presenta i risultati di un’ampia ricerca condotta da Astrid sulla riforma e l’ammodernamento dei servizi pubblici locali: diventa sempre più essenziale l’apertura al mercato ma la liberalizzazione richiede una buona regolazione

Servizi pubblici locali, la liberalizzazione non è un optional

La riforma e l’ammodernamento dei servizi pubblici locali è uno degli oggetti privilegiati della ricerca di Astrid fin dalla sua fondazione, 15 anni fa, che viene ora raccolta nel volume “Società pubbliche e servizi locali” a cura di Adriana Vigneri e Mario Sebastiani pubblicato da Maggioli editori. La ragione di questa costante attenzione/dedizione al tema sta nel contributo cruciale che servizi pubblici locali moderni ed efficienti possono dare al conseguimento di alcuni obiettivi di politica pubblica, che costituiscono fondamentali beni pubblici comuni: la coesione sociale e la qualità della vita di cittadini, famiglie, comunità locali‘; la crescita e la competitività dell’economia e la ripresa dell’occupazione; il riequilibrio dei conti pubblici e in ispecie della finanza locale; la creazione di ambienti territoriali favorevoli alle iniziative e agli investimenti delle imprese private. E sta anche nella constatazione che questo contributo è, oggi in Italia, ancora modesto; che ben maggiore potrebbe essere, se scelte coraggiose, sul terreno della regolazione, delle politiche pubbliche, dell’organizzazione e della gestione, innescassero un processo di ammodernamento ed efficientamento del mondo delle utilities locali, capace di superare alcune evidenti criticità. Da queste convinzioni e da questa constatazione muove anche questa nuova ricerca. Come le precedenti, l’approccio è scevro da qualsiasi pregiudizio ideologico. Non pensiamo che la gestione privata sia di per sé migliore della gestione pubblica, né viceversa.

Non crediamo che il mercato garantisca sempre il massimo dell’efficienza e il miglior mix tra qualità e costo dei servizi per gli utenti e per la collettività. Ma pensiamo che il confronto e la competizione, tra privati e anche tra pubblico e privato, nel quadro di una regolamentazione ben temperata e sotto la vigilanza di autorità di regolazione e di controllo indipendenti e competenti, possano assicurare – come dimostrano molte esperienze internazionali – servizi pubblici di migliore qualità a costi più sostenibili per la collettività e per gli utenti, attraverso la concorrenza nel mercato fra più gestori o la selezione competitiva del gestore (pubblico o privato) più efficiente. Eccezioni sono possibili, in primo luogo per quanto riguarda la proprietà di infrastrutture in regime di monopolio naturale. Ma le eccezioni devono essere adeguatamente e onestamente motivate (e controllate), alla luce degli interessi della collettività e non di interessi settoriali o della difesa di un’impropria intermediazione della politica. E deve comunque essere salvaguardata e applicata una chiara distinzione tra poteri e ruoli di chi detta le regole, di chi definisce e controlla gli obiettivi e gli standard del servizio pubblico, e di chi lo organizza, lo gestisce e ne trae una giusta remunerazione o profitto. Il primo compito spetta al legislatore e alle autorità di regolazione, il secondo alle istituzioni territoriali, il terzo ai gestori, pubblici o privati che siano. Aggiungo che, oggi, a favore del mercato, e dunque della liberalizzazione dei servizi più importanti (quelli a rete) gioca un fattore decisivo.

Il loro ammodernamento richiede ingenti investimenti, in ispecie nei servizi idrici, nel trasporto locale, nella raccolta dei rifiuti, nella distribuzione del gas e dell’energia elettrica. In presenza di buoni piani industriali e finanziari, le risorse necessarie possono essere oggi reperite sul mercato, dove la liquidità non manca. Ma la crisi ha lasciato un’eredità pesante per i conti pubblici italiani. Il percorso di fiscal consolidation necessario per ridurre l’elevato indebitamento pubblico (e imposto dai vincoli del Patto di stabilità europeo, ma anche dai mercati finanziari e dalla responsabilità verso le future generazioni) durerà a lungo, e sarà reso più arduo dalla bassa inflazione e dall’invecchiamento della popolazione. In questo contesto, è difficile per le istituzioni territoriali ricor- rere a nuovo debito, sia pure per finanziare investimenti. Possono ricorrervi invece agevolmente i privati, profittando di tassi di interesse oggi eccezionalmente contenuti. L’apertura al mercato è dunque oggi, anche per ciò, una condizione sine qua non per di ammodernamento del settore. Alla mano pubblica chiedendo, come facciamo con le proposte contenute in queste pagine, che i processi di liberalizzazione siano ben costruiti e ben regolati, che i diritti universali alla fruizione dei servizi siano garantiti a tutti, che la qualità, quantità, accessibilità e sostenibilità dei servizi siano attentamente monitorate, che prezzi e tariffe non favoriscano logiche speculative, che adeguate scelte e strumenti di politica industriale incentivino la razionalizzazione del settore. Insomma, che l’interesse dei privati non prevalga sull’interesse generale della collettività. Le indicazioni emerse dalla ricerca sono state tempestivamente segnalate a chi nel Governo ha la responsabilità del riassetto del settore, in attuazione della delega per la riforma della P.A. Non poche sembrano essere state accolte. Resta, allo stato, irrisolto un punto cruciale: adeguamento alla nuova disciplina, senza eccezioni, degli affidamenti diretti in corso. In mancanza, la riforma rischia di fallire buona parte dei suoi obiettivi. Confidiamo in un ripensamento.

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