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Seat Pg (+7%) alla stretta finale

Il titolo della società rimbalza a Piazza Affari: le trattative sono alla stretta finale e i piccoli sperano di salvare il salvabile (perso il 98% in 8 anni) – Tra domani e dopodomani si terrà una riunione quasi decisiva per dipanare i complessi nodi che separano le parti in causa.

Seat Pg (+7%) alla stretta finale

Le scommesse sono partite. Stamane il titolo Seat Pagine Gialle è partito alla grande (+7%), sull’onda della speranza che la soluzione ai problemi della società siano finalmente dietro l’angolo: il tam tam aziendale parla di riunioni chiave tra domani e dopodomani, da cui dovrebbe emergere una soluzione. In realtà, per ora, abbondano solo i tavoli di lavoro. Le soluzioni possibili assai meno. E così sulle sorti di Seat Pagine Gialle incombe il rischio di una frittata indigesta un po’ per tutti: i fondi private che oggi controllano il 50% della società; le banche loro creditrici; gli obbligazionisti di Lighthouse che avanzano 1,3 miliardi di euro; i dipendenti e gli stakeholders di una società che, nonostante le tante spremiture, vanta ancora un margine operativo lordo ampiamente positivo.

Soprattutto, il vero pericolo è che resti con un pugno di mosche l’esercito di 300 mila piccoli azionisti che ancor oggi hanno in mano il 50 % circa della società comprato magari nella notte dei tempi delle privatizzazioni oppure pagato a prezzo da oreficeria ai tempi del grande abbraccio con la Telecom di Roberto Colaninno quando Seat Pg superò di slancio la barriera dei 7 euro. O in occasione del secondo leverage buy out della primavera del 2003, che portò al comando l’ex braccio destro destro di Alessandro Profumo in Unicredit: Luca Maiocchi, congedato con 7,97 milioni di bonus nel 2009 quando la barca già stava affondando. Ma procediamo con ordine.

Tra domani e dopodomani, come si è detto, si terrà una riunione quasi decisiva per dipanare i complessi nodi che separano le parti in causa. Esiste una trattativa tra i bondholders di Lighthouse (per lo più hedge fund uniti sotto lo scudo di una società lussemburghese) e il board di Seat Pg per definire i termini dell’eventuale conversione e dell’ammontare dell’eventuale aumento di capitale. Ma prima sarà necessario che si chiuda un brindisi il tavolo di lavoro più complicato, quello che ha per protagonisti i tre fondi private che controllano Seat (Cvc, Permira ed Investitori Associati) e gli hedge di Lighthouse. Il motivo del contendere è semplice: sulle sorti della società pesano 200 milioni di oneri passivi legati alle obbligazioni. La prossima rata di 50 milioni, in scadenza a fine mese, rischia di mandare in default la stessa Seat. La via maestra per evitare il peggio consiste nella conversione del debito in azioni. E su questo sono tutti d’accordo.

Le vie, però si dividono quando si tratta di definire i valori di concambio. I tre fondi, assistititi dall’advisor Goldman Sachs, propongono che Ligthouse converta il credito in un numero di azioni pari al 75% del capitale. La quota dei tre fondi si ridurrebbe così al 12-13%, la parte restante al flottante. Sarebbe però previsto anche un warrant legato alle performance della società. A l crescere dei profitti o di altri obiettivi prefissati, i vecchi azionisti riceverebbero nuove azioni pari al 20% del capitale della nuova società. Al termine del programma, dunque, Lighthouse avrebbe una maggioranza pari al 55%, i fondi e il flottante si dividerebbero alla pari la quota restante. L’equity in circolazione passerebbe da 80 a 400 milioni. La proposta è stata finora respinta senza appello.

Lightouse, assistita da Lazard (Rothschild assiste invece le banche creditrici tra cui spicca Royal Bank of Scotland), rilancia con una richiesta del 95 % dell’attuale capitale più l’emissione di warrant a pagamento con cui i vecchi azionisti possono reintegrare parte della loro quota ricostituendo il capitale. Le posizioni, insomma, sono ben lontane. Non è difficile prevedere che l’incertezza durerà fino all’ultimo. Una soluzione, se ci sarà, arriverà non prima della settimana prossima, a ridosso del suono del gong. Con grave preoccupazione per i dipendenti, che rischiano di perdere il posto.

E i risparmi di un esercito di illusi/delusi da Piazza Affari, per la massima parte composto da quei piccoli risparmiatori che nello scorso decennio si erano illusi che il mercato finanziario italiano potesse offrire uno sbocco ai loro piccoli capitali. Oggi, per tutelare il loro investimento, i piccoli devono sperare che i fondi riescano a strappare a Lightouse una quota attorno al 20%. Oppure che i gli stessi fondi rinunciassero ad una parte delle loro richieste a favore del mercato. Un modo per rimediare ai guasti prodotti a suo tempo dal maxi dividendo che ha spremuto una volta per tutte l’albero da frutto Seat Pg.

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