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Sapelli: “La Kirchner stravince ma il protezionismo argentino non reggerà a lungo”

INTERVISTA A GIULIO SAPELLI – La Kirchner ha ridotto la povertà ma non strutturalmente. Il welfare è sostenuto dalla tassazione delle commodities ma se si abbassano i prezzi di quei beni bisogna trovare nuovi tipi di finanziamento. L’Argentina punterà a ricostruire la sua industria, anche con interventismo statale, ma il suo protezionismo non reggerà a lungo

Sapelli: “La Kirchner stravince ma il protezionismo argentino non reggerà a lungo”

La vittoria di Cristina Kirchner nelle elezioni argentine di domenica scorsa era largamente scontata ma assai meno scontata è l’analisi degli effetti di medio e lungo periodo del voto. E ancor meno scontate sono le risposte di un profondo conoscitore della realtà argentina come Giulio Sapelli, ordinario di Storia Economica presso l’università statale di Milano. Ecco che cosa ha dichiarato a FIRSTonline. 

FIRSTonline – Professor Sapelli, quali sono stati i punti di forza che hanno permesso anche stavolta a Cristina Kirchner di stravincere le elezioni argentine?

Sapelli – Il merito della “presidenta” sta nell’essere riuscita a sfruttare nel modo migliore le contraddizioni che si sono aperte in seno all’Argentina, attraverso il pilastro del verticalismo peronista. Innanzitutto con una politica di welfare dall’alto, basata su un’ampia tassazione delle commodities di esportazione e una redistribuzione delle risorse così ottenute alle classi più povere; poi ha controllato i governatori ed ha innalzato la bandiera dei diritti umani (le “abuelas de Plaza de Mayo” sono tra le più accanite sostenitrici di Cristina). Eppure questa politica, che ha spiazzato tutti, ha portato l’economia quasi all’orlo di una seconda crisi. L’inflazione è schizzata, le casse dello Stato si sono svuotate e i rapporti con il Fondo monetario internazionale continuano a essere tesi. E questo dimostra che la politica populista di Cristina è stata quanto mai rischiosa. Le politiche sociali sono state possibili grazie al boom dei prezzi delle commodities, soprattutto della soia e della carne.

FIRSTonline – A livello di politica economica, il protezionismo cui stiamo assistendo in Argentina è sostenibile nel lungo periodo?

Sapelli – A lungo termine non è sostenibile: basta una crisi del mercato delle commodities e il Governo dovrebbe inventarsi un altro modo per finanziare la sua enorme spesa pubblica. E, se si considera l’impossibilità di affacciarsi sulle borse internazionali, non sarebbe una soluzione del tutto immediata. Ma nel breve periodo può funzionare. Se l’Argentina, rassicurata dal simile comportamento adottato dal vicino Brasile, continuerà sulla linea del protezionismo, prevarrà l’idea portata avanti dal “Plan felix“: una neoindustrializzazione “hacia adentro“, anche con l’intervento dello Stato, la cosiddetta sostituzione dell’importazione per ricostruire l’industria nazionale. E se continuerà su questa strada, con un industria protetta, nell’isolamento del sistema finanziario mondiale e cercando di aumentare le esportazioni (per aumentate il gettito), sarà difficile che questa grande crescita potrà trasformarsi in sviluppo.

FIRSTonline – Il futuro ministro dell’Economia potrà cambiare le sorti della politica economica di Cristina?

Sapelli – Non credo. Cristina continuerà a mantenere il potere nelle sue mani. Il centralismo è un’altra delle caratteristiche del peronismo che ha caratterizzato l’Argentina negli ultimi decenni. Sarà più rilevante vedere chi nominerà ministro dell’Industria e dell’Agricoltura per capire la strada che seguirà la politica di neoindustrializzazione del Paese.

FIRSTonline – Professore, perché in Argentina non riesce a crearsi un’opposizione forte?

Sapelli – La domanda più giusta sarebbe: perché non si crea un’opposizione forte come un tempo? Dopo la dittatura militare (1976 – 1983 ) abbiamo visto nel Paese sudamericano un bipolarismo imperfetto. E sono più di 20 anni che il peronismo governa ininterrottamente. Eppure è un peronismo che ha cambiato faccia più volte: abbracciando le politiche liberiste di Menem fino al populismo (quasi in salsa democristiana diremmo noi) di Cristina Kirchner. Tuttavia è importante notare che è rinato un movimento socialista e ha preso ben il 13% dei voti. Il candidato Hermes Binner, pur avendo perso le elezioni per il governatore della regione di Santa Fé (superato dal candidato peronista), ha creato, sul modello “uruguayo“, un nuovo partito socialista, movimento che non aveva tanto successo dall’inizio del secolo. E’ interessante notare che l’elettorato di questo partito, oltre alla classe medio-intellettuale che non ha mai votato peronista, è composto anche contadini e operai che contestano l’elevata imposizione fiscale sulle commodities e reclamano la creazione di case popolari.

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