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Sanità, Upb: il Covid si abbatte sui bilanci degli ospedali italiani. Giù i ricavi, salgono i costi

Secondo un Focus dell’Upb, lo scostamento costi-ricavi è passato da circa 360 milioni nel 2019 a più di 3,2 miliardi nel 2021 – Risalgono i numeri del personale del SSN

Sanità, Upb: il Covid si abbatte sui bilanci degli ospedali italiani. Giù i ricavi, salgono i costi

La pandemia ha colpito con forza i bilanci degli ospedali italiani, che tra 2020 e 2021 hanno visto calare i ricavi e aumentare i costi. È quanto emerge da un Focus dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), secondo cui, in valore assoluto, lo scostamento costi-ricavi delle aziende ospedaliere italiane è passato da circa 360 milioni nel 2019 a quasi 2,6 miliardi nel 2020 e a più di 3,2 miliardi nel 2021.

Gli effetti, però, non sono stati omogenei all’interno del Paese. Nel 2020 la situazione si è aggravata soprattutto nel Mezzogiorno, mentre nel 2021 lo scostamento è aumentato solo lievemente nell’area meridionale, così come al Nord, a fronte di un incremento più evidente nel Centro.

I ricavi scendono…

In particolare, nel Nord si è riusciti a stabilizzare i ricavi (+1,3 per cento nel 2021 rispetto al 2019), che invece sono diminuiti in entrambi gli anni nel Centro (-8,1 per cento rispetto al 2019) e solo nel 2020 nel Mezzogiorno (dove la riduzione nel 2021 rispetto al 2019 è stata del 7,2 per cento, malgrado il parziale recupero nel 2021).

A livello nazionale, la riduzione nel 2020 è dipesa essenzialmente dalla diminuzione dei ricavi per ricoveri (-800 milioni) e per prestazioni ambulatoriali (-200 milioni). Quasi metà della riduzione si è verificata nel Mezzogiorno, dove si è registrata la maggiore riduzione delle prestazioni erogate.

Nel 2021 il Mezzogiorno ha garantito il 64 per cento del recupero sui ricoveri e il 45 per cento sulle prestazioni ambulatoriali, mentre il Centro ha continuato a subire perdite (anche se lievi) sui ricoveri e ha contribuito solo marginalmente al recupero dei ricavi sulle prestazioni ambulatoriali.

…e i costi salgono

Quanto ai costi, nel 2020 sono aumentati soprattutto al Nord, l’area colpita per prima dalla pandemia (8,3 per cento, contro il 4,8 nel Mezzogiorno e il 2,9 nel Centro), mentre nel 2021 principalmente nel Mezzogiorno e nel Centro. Nel biennio, si è registrato un tasso medio annuo di crescita dei costi del 5,5 per cento al Nord, del 4,9 per cento nel Mezzogiorno e del 3,8 per cento nel Centro.

L’aumento complessivo dei costi tra il 2019 e il 2021 è stato di quasi 2,1 miliardi, che rappresentano circa il 10 per cento della spesa relativa al 2019.

Poco meno della metà dell’incremento complessivo è stata determinata dagli oneri per il personale dipendente (+6,9 per cento nel 2020 e +3,6 per cento nel 2021). L’incremento del biennio varia tra il 10,3 per cento del Centro e l’11,2 per cento del Nord.

La spesa per il personale non dipendente (consulenze, collaborazioni, interinale, rimborsi al personale in comando, IRAP sulle collaborazioni), invece, a livello nazionale è scesa di meno del 2 per cento nel 2020, ma si è impennata di quasi il 23 per cento nel 2021, trainata dal Mezzogiorno (+38 per cento) e dal Centro (+28 per cento).

I costi legati agli acquisti di beni sono aumentati dell’8,6 per cento nel 2020, principalmente a causa della variazione registrata nel Nord (poco meno del 17 per cento), seguita, tuttavia, da una riduzione nel 2021.

Il personale sanitario pubblico accelera la risalita

Dopo anni di tagli e carenze, il Covid ha innescato una vigorosa risalita del personale sanitario pubblico. Nel 2020 si osserva un incremento considerevole degli assunti a tempo indeterminato: +5,5 per cento, corrispondente a circa 8.000 dipendenti in più.

Mentre tra il 2015 e il 2019 il personale era stato rafforzato soprattutto nel Mezzogiorno, nel 2020 l’occupazione è aumentata principalmente al Centro e al Nord (con tassi superiori al 6 per cento, contro il 4 per cento del Mezzogiorno).

Guardando alle qualifiche del personale assunto a tempo indeterminato, nel 2020 vi è stato un significativo aumento del numero di infermieri (+6 per cento rispetto al 2019, pari a +4.087 unità, a fronte di +2.780 tra il 2016 e il 2019) e di medici (+5,1 per cento, pari a +1.377 unità, contro +2.383 tra il 2016 e il 2019).

Per quanto riguarda il personale flessibile (a tempo determinato, lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità), ridimensionato negli anni precedenti anche grazie alle stabilizzazioni, nel 2020 è stato registrato un forte incremento, pari a circa il 30 per cento (54 per cento al Nord, 34 al Centro e 19 nel Mezzogiorno), corrispondente a più di 2.800 unità annue. Anche in questo ambito, gli infermieri rappresentano la categoria con il maggiore aumento in valore assoluto (+1.392 unità) e, in questo caso, anche percentuale (+35 per cento).

Fonte – Upb: “Gli effetti della pandemia sui bilanci delle Aziende ospedaliere”

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