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Salario minimo per legge: il pressing di Catalfo e Cinque Stelle

Malgrado il prevedibile aumento del costo del lavoro, la ministra grillina Catalfo. che è tra le più traballanti nel toto-ministri, insiste per un provvedimento legislativo sul salario minino

Salario minimo per legge: il pressing di Catalfo e Cinque Stelle

“Ritengo importante riprendere il confronto per definire un provvedimento legislativo in materia di salario minimo collegato alla legge di Bilancio”. Il ministro del lavoro Nunzia Catalfo, in audizione alla Camera, conferma l’intenzione di arrivare a una definizione normata del salario minimo.

Il ministro è stato sentito in commissione Lavoro che sta esaminando la  direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea. Analogo esame è in corso al Senato, dove la commissione ha dato vita a una nutrita serie di audizioni. Al termine della discussione, verrà redatto un documento che sarà inviato al Parlamento europeo. La proposta Ue non istituisce un salario minimo europeo, né obbliga gli Stati membri a stabilirlo per legge. Si limita a fissare delle tutele minime uniformi in tutti gli Stati membri, che tuttavia impattano su aspetti importanti della contrattazione.

Per il nostro ministro, l’introduzione a livello europeo di una disciplina legale “favorirebbe la realizzazione di un mercato del lavoro più equo, inclusivo e paritario, abbattendo le disuguaglianze” e dunque “l’iniziativa della commissione Ue è di grande rilevanza. La previsione di una spinta europea – ha aggiunto – appare più che opportuna, anche alla luce dell’analisi dei dati dei livelli salariali”.

Il ministro ha sgombrato il campo anche da alcune perplessità e obiezioni: “il recepimento della direttiva sarebbe rispettoso dell’assetto tradizionale delle relazioni industriali, garantendo anche un limite minimo retributivo di dignità per tutti i lavoratori”. Quanto poi all’ipotesi, almeno in una fase iniziale, di un incremento dei costi del lavoro per le imprese, in particolare, per quelle imprese ricadenti in settori dove la paga base oraria è fissata al di sotto dei livelli generalmente considerati minimi, “tale incremento potrebbe in parte essere attenuato da un incremento dei consumi dei lavoratori a basso salario, che sosterrebbe la domanda interna”. 

La proposta di direttiva crea un quadro comune per migliorare l’adeguatezza dei salari minimi e l’accesso dei lavoratori alla tutela del salario minimo nell’UE. La proposta della Commissione mira, pertanto, a promuovere la contrattazione collettiva sui salari in tutti gli Stati membri e, a tal fine, impone agli Stati membri di definire criteri chiari e stabili e di garantire aggiornamenti periodici e puntuali dei salari minimi legali, nonché un coinvolgimento efficace delle parti sociali, rendendo in tal modo più trasparente l’andamento del salario minimo legale e proteggendo le imprese dalla concorrenza sleale. La direttiva si applica a qualsiasi lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro basato sul diritto nazionale, sui contratti collettivi in vigore o sulla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE . In questo modo, la Commissione intende evitare che lavoratori “atipici”, come i lavoratori su piattaforme digitali, possano essere esclusi.

Il provvedimento intende anche ampliare il coinvolgimento delle parti sociali e rafforzare il loro ruolo nella contrattazione collettiva sulla fissazione dei salari minimi. In questo contesto, gli Stati con una copertura della contrattazione collettiva inferiore al 70 per cento dei lavoratori sono tenuti a istituire un quadro normativo e un piano d’azione che ne ampli la portata.

In considerazione poi delle diversità dei sistemi esistenti, si dispone che nei regimi in cui il salario minimo sia fissato per legge, occorre prevedere dei criteri nazionali per la definizione dell’ammontare e il relativo adeguamento periodico, tenendo conto di alcuni parametri, come ad esempio il costo della vita, la retribuzione lorda, la produttività, e l’opinione delle parti sociali che dovranno essere consultate.

Gli Stati membri sono inoltre tenuti a garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici o contratti di concessione, si conformino ai salari stabiliti dai contratti collettivi per il settore e l’area geografica pertinenti e ai salari minimi legali, laddove esistenti.

È prevista altresì una “clausola di non regressione”, per cui la direttiva non dovrà costituire un motivo per ridurre il livello generale di protezione in vigore per i lavoratori sia a livello nazionale sia a livello settoriale.

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