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Risparmio, guida alla diversificazione di piccola taglia

Dal sito Morningstar.it – L’analisi degli indici di correlazione mostra che le azioni Mid e Small Cap possono essere utili nella costruzione di portafogli meno sensibili all’andamento del mercato globale. Ecco alcune idee di investimento, basate sulle ricerche di Morningstar.

Risparmio, guida alla diversificazione di piccola taglia

Ridurre le dimensioni dei titoli può tornare utile al portafoglio. La scelta di investire nel segmento Large Cap, che è popolato da società a forte vocazione globale, può essere un vantaggio se si cercano aziende che hanno già al loro interno un ampio grado di diversificazione a livello di business e di aree geografiche, ma può essere un limite se invece si vuole ridurre il grado di correlazione con i mercati globali.

Come varia la correlazione

L’analisi dei coefficienti di correlazione calcolati su un campione di indici azionari nei confronti del MSCI World Index (il benchmark del mercato mondiale) e su un intervallo temporale di 10 anni, mostra come riducendo la dimensione si abbassa (leggermente) il grado di dipendenza dai listini internazionali. Dalla Figura 1 si nota come i coefficienti relativi agli indici Mid Cap delle varie aree geografiche siano più bassi rispetto a quelli Large Cap e come si riducono ulteriormente passando dal segmento delle azioni di media a quello relativo alla bassa capitalizzazione. Questo è un fenomeno che può essere spiegato con il maggior radicamento territoriale delle piccole aziende che, avendo meno risorse per espandersi sui mercati globali tendono a essere più focalizzate su quello interno. Il differenziale più alto tra i coefficienti di correlazione di Large e Small Cap è relativo alle azioni giapponesi, tedesche e britanniche.

A tal proposito, gli analisti di Morningstar hanno selezionato alcune idee di investimento nel segmento Mid e Small Cap che possono creare valore in un portafoglio che cerca di essere maggiormente slegato dalle dinamiche globali.

Tra le Small Cap statunitensi

Hostess Brands è una Small Cap americana leader nel settore del cibo confezionato. L’azienda ha superato un periodo critico che ha avuto il suo apice con la bancarotta nel 2012, ma, dicono gli analisti, questa situazione di stress finanziario le ha dato la possibilità di avviare una forte ristrutturazione del business che ora le permette di realizzare rendimenti del capitale superiori alla media.

“Il gruppo è riuscito a costruirsi una posizione di vantaggio all’interno del segmento degli snack dolci grazie a un marchio di alto valore per il quale i consumatori americani sono disposti a pagare un premium-price generoso e che le consente di avere un certo potere contrattuale nei confronti della rete di distribuzione”, dice Zain Akbari di Morningstar.

“La bancarotta è stata un punto di svolta per Hostess Brands. L’azienda partiva da una situazione caratterizzata da un fortemente indebitamento e da una struttura operativa molto complessa, ma negli ultimi sei anni è riuscita a eliminare le inefficienze e a sperimentare con successo nuovi canali di vendita come i distributori automatici”.

Nonostante il trend in atto negli Stati Uniti e in tutti i Paesi occidentali sia quello di ridurre il consumo di cibi calorici e ad alto contenuto di zucchero, gli analisti non si aspettano che questo abbia delle ripercussioni negative sulle vendite di Hostess Brands e prevedono per i prossimi cinque anni una crescita media dei ricavi del 5%. Da inizio anno il titolo ha ceduto oltre il 10% (in dollari al 20 giugno 2018) e ora è scambiato a un tasso di sconto del 12% rispetto al fair value di 15,40 dollari (report aggiornato al 18 maggio 2018).

Mid Cap europee

Babcock International è una società Mid-Cap britannica ed è leader nel mercato dei servizi ingegneristici a supporto del settore della difesa (nel segmento navale, aeronautico e terrestre). L’azienda è fortemente esposta al mercato interno e lo dimostra il fatto che sia riuscita a costruirsi una forte posizione di vantaggio rispetto ai competitor per via dello stretto rapporto con il Governo britannico.

In base ad accordi di lungo termine, l’azienda offre alla Royal Navy la manutenzione e il rimontaggio di navi da guerra e sottomarini nucleari e la gestione della flotta per l’esercito. Detiene anche il controllo operativo delle principali infrastrutture navali del Paese ed è partner strategico dell’esercito e della marina militare. Questo le garantisce un forte potere contrattuale nei confronti del Governo, il quale difficilmente deciderà di passare a un diverso fornitore perché consapevole del rischio di diffondere informazioni sensibili.

Le attese degli analisti per i prossimi cinque anni sono per una crescita media degli utili del 2%, superiore a quella del consensus del mercato.  “La Brexit avrà un impatto negativo anche sul budget governativo destinato alla difesa, ma Babcock dovrebbe essere in grado di beneficiare dell’esternalizzazione di molte operazioni attraverso l’outsourcing ai privati”, dice Michael Field di Morningstar.

GEA Group è una società tedesca di media capitalizzazione ed è leader nel mercato dei macchinari per l’industria alimentare come impianti di refrigerazione e di imballaggio.
Gli analisti di Morningstar riconoscono al gruppo tedesco una forte posizione di vantaggio all’interno del settore per via delle alte barriere all’ingresso di nuovi competitor, i quali hanno difficoltà ad affermarsi in un business come quello dei macchinari alimentari poiché devono cercare di differenziare la loro offerta e al tempo stesso garantire lo stesso livello di affidabilità delle aziende già affermate. GEA riesce inoltre a esercitare un forte potere contrattuale nei confronti dei suoi clienti, e questo perché le imprese alimentari sono molto attente a evitare il rischio che dei problemi ai macchinari possano impattare sulla qualità dei loro prodotti e difficilmente decidono di sostituire fornitori affidabili come GEA solo per questioni legate al prezzo.

Il titolo ha ceduto quasi il 20% da inizio anno, ma gli analisti si aspettano una crescita media del fatturato del 4% e stimano un fair value pari a 47 euro (report aggiornato al 20 aprile 2018).

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