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Rincari gas: dalla Ue un Recovery da 200 miliardi per combattere lo shock energetico

La commissione starebbe lavorando un piano per destinare le risorse non utilizzate del Recovery Fund ai Paesi più esposti verso la Russia

Rincari gas: dalla Ue un Recovery da 200 miliardi per combattere lo shock energetico

Duecento milioni di euro per contrastare la crisi energetica innescata dalla Guerra. Sarebbe questo l’ammontare del piano a cui la commissione energetica sta lavorando per aiutare i paesi più esposti verso lo shock energetico e i rincari gas dovuti alla guerra tra Russia e Ucraina. 

Si tratta, secondo quanto riferiscono fonti di stampa, di fondi derivanti dalle riserve inutilizzate del Next Generation Eu.

Rincari gas, un nuovo Recovery Fund?

L’idea sarebbe nata nel corso del vertice di Versailles tenutosi lo scorso 10 marzo allo scopo di rispondere alle richieste del Presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, e del Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. All’epoca i due avevano sostenuto con forza il bisogno di predisporre una risposta di bilancio comune alla crisi innescata dall’invasione dell Ucraina. Un Recovery Fund “in salsa 2022 “volto a finanziare le spese energetiche e della difesa. 

Essendoci però delle risorse inutilizzate del precedente Next Generation Eu, derivanti dalla mancata riscossione di 200 miliardi di euro, la risposta di Bruxelles potrebbe però, almeno in parte, arrivare sempre dal vecchio piano, anche se l’importo potrebbe scendere se gli Stati decidessero di riscuotere i prestiti che erano stati accordati in precedenza. 

A chi andranno questi 200 miliardi?

I dettagli sono ancora tutti da definire: per cosa potranno essere utilizzati questi soldi? A quali condizioni concedere i prestiti? Di certo c’è che i fondi potrebbero essere destinati ai Paesi maggiormente esposti verso la Russia e che devono dunque compiere sforzi più cospicui per ridurre la loro dipendenza energetica da Mosca. Ricordiamo infatti che negli ultimi due mesi, la Russia ha incassato 62 miliardi di euro dall’export di combustibili fossili, 44 dei quali provenienti da Paesi dell’Unione Europea. Lo Stato che ha importato di più combustibili fossili è la Germania, pagando un conto pari a 9 miliardi di euro. Seguono l’Italia (6,9 miliardi), la Cina (6,7 miliardi), i Paesi Bassi (5,6 miliardi), la Turchia (4,1 miliardi) e la Francia (3,8 miliardi). Come sottolinea il Centre for Research on Energy and Clean Air “un quarto delle spedizioni di combustibili fossili della Russia è arrivato in soli sei porti dell’UE: Rotterdam (Paesi Bassi), Maasvlakte (Paesi Bassi), Trieste (Italia), Danzica (Polonia) e Zeebrugge (Belgio)”.

L’Italia potrebbe dunque essere uno dei candidati a ricevere i fondi che la Commissione Ue potrebbe presto mettere sul piatto per contrastare la crisi energetica, anche perché in un momento in cui i tassi di interesse sono in rialzo e lo spread ha sfiorato quota 200 punti base, ricevere soldi in prestito da Bruxelles per il nostro Paese potrebbe essere la scelta più conveniente. 

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