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Riformismo sociale di mercato per dare speranza all’Italia contro i rancori

Il recente libro di Ernesto Auci “I 24 mesi che hanno messo in ginocchio l’Italia” non è solo una puntuale analisi delle ragioni che hanno spinto il nostro Paese alla deriva sovranista e populista, ma un progetto per la rinascita.

Riformismo sociale di mercato per dare speranza all’Italia contro i rancori

L’Italia è un paese a crescita zero, come confermano i recenti dati della Commissione Ue. E proprio per uscire fuori “dall’ora buia” che sta attraversando, il Paese avrebbe bisogno d’una strategia per lo sviluppo che tenga insieme scelte di politica economica, politica industriale e misure fiscali tutte indirizzate a stimolare investimenti, promuovere innovazione e creare nuovo lavoro.

Invece i provvedimenti presi finora dal governo giallo-verde combinano assistenzialismo (il reddito di cittadinanza), discutibili scelte previdenziali (quota 100 per le pensioni), condoni fiscali e provvedimenti statalisti (il “salvataggio Alitalia” per mano del Tesoro e delle Ferrovie) che vanno in direzione opposta alla crescita.

E’ un panorama allarmante, ben raccontato da un recente libro di Ernesto Auci, “I 24 mesi che hanno messo in ginocchio l’Italia”, edito da Goware: una stimolante raccolta di cronache ragionate, documenti e giudizi che ha il pregio di tenere insieme l’analisi economica con le proposte politiche, cercando di dare indicazioni su “come possiamo rialzarci”.

Auci ha un lungo corso da autorevole giornalista economico (è stato, tra l’altro, direttore de “Il Sole24Ore”), da uomo d’impresa (Fiat, Confindustria), da editore (la società editrice de “La Stampa” e, adesso, il gruppo digitale Firstonline) e, di recente, anche da politico (è stato deputato di Scelta Civica). E ha dunque competenze sofisticate, trasversali, di chi conosce l’economia con competenza e lungimiranza. 

La copertina del libro di Auci

Nel suo libro, chiaro, ricco di dati, segnato da una piacevole brillantezza di scrittura, Auci ricostruisce i fatti a partire dalla “slavina” iniziata con il referendum costituzionale del dicembre 2016 (tributando un omaggio al tentativo riformista di Matteo Renzi e non risparmiando critiche a chi, pur di liberarsi di Renzi, anche nel Pd, ha fatto da protagonista di processi che hanno bloccato l’evoluzione politica del centro sinistra e finito per consegnare l’Italia alla sgangherata alleanza tra Lega e Cinque Stelle).

Si continua con la stagione brillante del governo Gentiloni, attento agli equilibri europei e sensibile allo sviluppo dell’economia (anche per merito d’un ministro come Carlo Calenda, sostenitore concreto dell’innovazione e dell’evoluzione digitale). Si valorizza il ruolo della Banca d’Italia. E poi si arriva alla stagione del governo populista e sovranista, cui Auci non lesina critiche, sempre entrando nel merito di scelte, provvedimenti, leggi e posizioni politiche. 

C’è, nelle pagine, una grande attenzione all’equilibrio dei conti pubblici, non per obbedienza al rigorismo ideologico degli ordoliberisti tedeschi, ma per consapevolezza ben radicata del fatto che proprio l’eccesso del debito pubblico, tipico dell’Italia, non consenta né investimenti di lungo periodo né scelte di politica economica favorevoli all’innovazione e alla modernizzazione competitiva della nostra economia.

Sono importanti anche le pagine in cui si sottopone a critica la continua e allarmante crescita, proprio in ambienti di governo (tra i Cinque Stelle, soprattutto), d’una sub cultura ostile alle imprese, alla scienza, alla tecnologia, ai valori dell’economia e della società aperta, ben ricordando la lezione liberale e democratica di Karl Popper. Ed emerge chiara la consapevolezza che, senza dinamismo imprenditoriale, in un ambiente di mercato trasparente, efficiente e ben regolato, non ci siano possibilità di sviluppo europeo per il nostro Paese.  

L’indicazione di fondo, per dirla in sintesi, è quella di “un progetto politico di riformismo sociale di mercato”, legando la lezione liberale tradizionale (Einaudi) alla lungimirante strategia di politica economica di Keynes, nell’equilibrio responsabile tra Stato e mercato, investimenti pubblici e intraprendenza privata.  

La severità del giudizio critico sulle carenze di scelte politiche capaci di rafforzare la competitività italiana, senza “cedere mai al pessimismo”, nelle conclusioni s’accompagna alle indicazioni per la ripresa. Il quadro di riferimento è il rafforzamento della democrazia liberale, riformandone gli aspetti che suscitano critiche dell’opinione pubblica più avvertita e responsabile (e anche lavorando per migliorare molto il sistema dell’informazione).

E l’orizzonte è quello dell’Europa, “testimoniando con il coraggio della verità” i vantaggi e i vincoli del sistema Ue e trovando “un posizionamento veramente corrispondente ai nostri interessi”, senza inseguire “le false verità che stanno avvelenando l’ambiente in cui viviamo”. 

Auci sa bene quanto democrazia e libertà non siano beni e valori acquisiti una volta per tutte. E quanto lo sviluppo, equilibrato e sostenibile, sia il risultato di un impegno di lunga lena da perseguire, con concordia di fondo, da parte delle istituzioni e dei soggetti politici, economici e sociali.

Il libro finisce così per essere una testimonianza di responsabilità e una indicazione progettuale di lavoro da fare, per consolidare democrazia liberale e cultura del mercato e per riformare quegli aspetti della vita politica ed economica in modo da assicurare agli italiani maggiore e soprattutto migliore benessere. Abbattendo i rancori. Alimentando fiducia e speranze. 

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