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Riforma fiscale, taglio dell’Irpef finanziato da detrazioni e deduzioni ma per l’Osservatorio Cpi non è sufficiente

Detrazioni e deduzioni non sono realmente utilizzabili per finanziare la riforma dell’Irpef, né tantomeno per il passaggio verso una flat tax. Lo spiega l’Osservatorio Conti pubblici italiani guidato da Giampaolo Galli

Riforma fiscale, taglio dell’Irpef finanziato da detrazioni e deduzioni ma per l’Osservatorio Cpi non è sufficiente

Il tema delle spese fiscali (cosiddetto tax expenditures) è al centro del dibattito ormai da diversi anni, soprattutto quando si parla di riforma fiscale. Il ddl fiscale del governo Meloni non fa eccezione. L’obiettivo del governo è di abbassare la pressione fiscale. Come? Si parte dalla riduzione delle aliquote, che scenderanno da 4 a 3 per arrivare (entro fine legislatura) alla flat tax per tutti. Ma per farlo servono soldi. E, come sappiamo, la coperta è corta. Dunque, per racimolare le risorse necessarie per la revisione dell’Irpef l’idea è di avviare un’energica potatura delle oltre 600 tax expeditures, cioè le detrazioni e le deduzioni fiscali che i contribuenti italiani possono godere e che costano allo Stato quasi 130 miliardi. Ma secondo l’Osservatorio per i Conti Pubblici Italiani guidato da Giampaolo Galli le detrazioni più consistenti, quelle per i redditi da lavoro e i carichi di famiglia (55 miliardi l’anno per il periodo d’imposta 2020), non sono realmente utilizzabili per finanziare la riforma dell’Irpef, né tantomeno per il passaggio verso una flat tax. Le altre detrazioni, invece, quali quelle per spese sanitarie o di istruzione, o quelle per le spese di ristrutturazione degli edifici, hanno un peso molto minore e un loro riordino sicuramente andrebbe a semplificare molto la struttura dell’imposta, ma non riuscirebbe a recuperare le risorse necessarie a coprire una eventuale riforma. Per queste detrazioni, inoltre, si nota come le spese detraibili crescano, ma meno che proporzionalmente rispetto al reddito.

L’Osservatorio Cpi si pone una semplice domanda: le spese fiscali in ambito Irpef si possono modificare? La risposta non è scontata. Perché se da una parte eventuali modifiche a queste detrazioni potrebbero contribuire a semplificare l’imposta (se si riducesse il numero delle agevolazioni), dall’altra avrebbero qualche marginale effetto negativo sulla redistribuzione e un impatto relativamente contenuto sui conti pubblici. Ma vediamo nel dettaglio l’analisi dell’Osservatorio.

Cosa sono le spese fiscali

La delega fiscale, approvata dal governo Meloni lo scorso 16 marzo 2023, prevede una riforma graduale del sistema tributario tramite l’emanazione di decreti attuativi entro i prossimi 18 mesi. Il disegno di legge identifica quattro principi (non nuovi) attorno ai quali costruire l’impianto del nuovo sistema tributario italiano:

  • lo stimolo alla crescita economica (da realizzarsi tramite l’aumento dell’efficienza del sistema tributario e la diminuzione della pressione fiscale all’impiego dei fattori produttivi);
  • la razionalizzazione e la semplificazione del sistema tributario (per esempio, razionalizzazione dei micro-tributi con un costo amministrativo sproporzionato rispetto al gettito generato);
  • il mantenimento della progressività del sistema tributario;
  • la riduzione dell’elusione e dell’evasione fiscale.

L’art. 5 della delega è la parte più importante per quanto riguarda l’ossatura del sistema tributario italiano: identifica un passaggio graduale verso un sistema ad aliquota unica (flat tax) nel rispetto della progressività, anche tramite il riordino delle deduzioni e delle detrazioni fiscali (meglio note come “spese fiscali” o tax expenditures), tenendo conto delle finalità per cui sono state introdotte. Tra queste finalità, il testo della delega cita la composizione del nucleo familiare e la crescita dei figli, la tutela della casa, della salute e dell’istruzione, l’efficienza energetica e le migliorie antisismiche degli edifici.

Il governo ha più volte fatto riferimento alle spese fiscali come fonte di finanziamento per la revisione dell’Irpef. Le spese fiscali (quasi 600) sono definite nella relazione della Commissione per la redazione del rapporto annuale sulle spese fiscali come tutte “le misure che riducono o pospongono il gettito per uno specifico gruppo di contribuenti o un’attività economica rispetto a una regola di riferimento che rappresenta il benchmark”. In questo rapporto viene anche specificato che il benchmark di riferimento è quello fissato dal sistema legale vigente (current tax law), quindi, caso per caso, si deve determinare se una misura costituisce o meno un’agevolazione fiscale, in quanto “deviazione” dal sistema vigente.

Ripartizione delle spese fiscali per ogni tributo

La rilevanza delle spese fiscali nel sistema tributario italiano risulta evidente, secondo l’Osservatorio, dai dati riportati nel Rapporto programmatico sulle spese fiscali, allegato alla Nadef 2022, dove viene rappresentata una fotografia della situazione attuale nel campo delle spese fiscali e le previsioni relative al 2023. La Tav. 1 riassume il numero e il peso delle spese fiscali per ogni tributo, limitandosi ai tributi erariali. Per il 2022, il mancato gettito arriva a 82,6 miliardi (corrispondente al 4,3% del Pil e a quasi il 15% del gettito erariale complessivo), di cui 42 miliardi (il 51% del totale) solo in ambito Irpef. Le previsioni del governo per il 2023 parlano di un calo di 4 miliardi rispetto all’anno scorso, sostanzialmente concentrati nella categoria dei crediti d’imposta introdotti a seguito della pandemia.

Come si vede nella Tav. 2, le spese fiscali sono registrate in base all’anno fiscale di competenza, ossia quello per cui vengono contabilizzate, mentre gli effetti in termini di minor gettito ricadono sull’anno successivo.

I numeri sono leggermente diversi rispetto alla Tav. 1 per quanto riguarda i tributi dello Stato. Complessivamente, per il 2022 il totale delle spese fiscali (come somma tra quelle erariali e quelle locali) ammonta a 128,6 miliardi di minor gettito, ossia il 6,8% del Pil tendenziale della Nadef 2022. Per il 2023, invece, nonostante l’aumento del numero di categorie riferibili alle spese fiscali, il mancato gettito dovrebbe ridursi di 3 miliardi di euro (mezzo punto percentuale del Pil). Resta comunque importante il peso delle spese fiscali relative all’Irpef (41,7 miliardi per il 2023) rispetto al totale riportato in Tav. 2 (125,6 miliardi), attestandosi al 33,2%.

Le spese fiscali nell’ambito dell’Irpef

Il governo ha rispolverato l’idea di finanziare parte della riforma del sistema tributario tramite la revisione delle spese fiscali. Una buona idea? In base alla Tav. 2, l’azzeramento completo delle spese fiscali consentirebbe un recupero di circa 6 punti di Pil di gettito, che potrebbe essere utilizzato per ridurre il carico fiscale. Ma secondo l’Osservatorio si tratta di una visione semplicistica, nonché fuorviante. Se ci concentriamo sull’imposta personale sui redditi, parte della progressività dell’Irpef è determinata proprio dalla presenza di deduzioni e detrazioni, che diverrebbero ancora più importanti se il governo volesse veramente trasformare l’Irpef in una flat tax con aliquota unica sui redditi personali.

Inoltre, occorre distinguere tra le spese fiscali che contribuiscono a definire la struttura dell’imposta e le altre numerose agevolazioni aggiuntive. Nel caso delle detrazioni sull’imposta personale, le due categorie più rilevanti (quelle che determinano una differenziazione qualitativa dei redditi da lavoro e quelle che riconoscono le differenze tra contribuenti in base alle caratteristiche del nucleo familiare) sono parte integrante del tributo e ammontano complessivamente a 55,5 miliardi di euro, ossia il 77% del totale delle detrazioni Irpef.

Le principali detrazioni Irpef

In particolare, le detrazioni per pensioni, lavoro dipendente e redditi assimilati permettono di applicare un concetto di discriminazione qualitativa dei redditi, favorendo il lavoro rispetto ad altri tipi di reddito. Inoltre, tale detrazione riesce anche a distinguere tra lavoro dipendente e autonomo, tenendo in considerazione la differenza di trattamento dei costi di produzione del reddito che per i lavoratori autonomi, almeno parzialmente, abbatte il reddito imponibile, mentre per i dipendenti ciò non avviene.

Le detrazioni per carichi di famiglia tengono conto della variazione della capacità contributiva dell’individuo in base al numero di familiari a carico. I dati riportati nella Tav. 3 fanno vedere che questa voce ha un peso rilevante (11,9 miliardi) ma è necessario sottolineare che dal 2022 ha subìto modifiche radicali con l’introduzione dell’Assegno unico e universale per i figli a carico. A dispetto di queste modifiche recenti (che hanno trasformato una “spesa fiscale” in un trasferimento alle famiglie, che invece configura vera e propria spesa pubblica erogata dall’Inps), questa discussione sottolinea come le detrazioni “non modificabili”, in quanto parte integrante del tributo, compongono larga parte del mancato gettito Irpef, mentre la restante parte che potrebbe essere modificata garantirebbe meno di un punto di Pil (circa 16 miliardi) per una riforma radicale dell’Irpef.

Detrazioni Irpef: effetti in termini retributivi

Ma a cosa si riferiscono queste altre detrazioni in ambito Irpef e quali effetti producono in termini redistributivi? Per caratterizzare queste tax expenditures, l’Osservatorio propone un’analisi sugli ultimi dati relativi alle dichiarazioni Irpef 2021 (anno d’imposta 2020). La Fig. 1 riporta la relazione tra l’ammontare di spesa detraibile media (calcolata in base al numero di contribuenti che presentano la singola tipologia di spesa in detrazione) e il reddito lordo.

Dalla Fig. 1 è evidente che al crescere del reddito tutte le spese detraibili aumentano, ma ci sono grandi differenze tra le singole categorie. Ad esempio, il totale degli oneri detraibili al 19% (comprendente mutui sulla prima casa, istruzione, spese sanitarie, spese funebri, spese per assistenza personale ecc.) cresce molto più rapidamente al crescere del reddito, trainato principalmente dalle spese in istruzione, rappresentate dalla curva più a destra nel grafico. Per redditi bassi, entro i 20 mila euro, le spese per istruzione si configurano come un bene “inferiore”; dopo i 20 mila euro, invece, tali spese crescono rapidamente rispetto al reddito, superando i 2.500 euro annui oltre gli 80 mila euro di reddito lordo. Per tutte le categorie di spesa, la crescita percentuale della spesa media è inferiore alla crescita percentuale del reddito.

L’effetto delle detrazioni sulla progressività dell’imposta

Per valutare l’effetto delle detrazioni sulla progressività dell’imposta, bisogna studiare l’andamento della detrazione effettiva al crescere del reddito. In questo caso, dai dati del MEF, si può osservare quanta parte delle spese riportate in Fig. 1 si trasformano poi concretamente in detrazioni per i contribuenti. Perché si realizzi un impatto positivo sulla progressività del tributo, è necessario che le detrazioni crescano meno che proporzionalmente all’aumentare del reddito, con un trattamento più favorevole quindi per i redditi più bassi. Si può studiare questa “proprietà” seguendo due strade: la prima considera l’andamento delle detrazioni effettive al crescere del reddito, mentre la seconda riporta la variazione delle detrazioni in percentuale dell’imposta lorda rispetto al reddito. I dati MEF accorpano tutte le detrazioni per grandi categorie ed è quindi possibile solo un’analisi “aggregata”.

In Fig. 2 si nota come le detrazioni per spese di ristrutturazione e per il risparmio energetico crescano più rapidamente rispetto al reddito delle detrazioni legate agli oneri detraibili al 19% (il 64% dei quali è rappresentato dalle spese sanitarie).

Tuttavia, in Fig. 3 è evidente come, per tutte le categorie, i contribuenti più poveri abbiano una imposta lorda inferiore al valore della detrazione: man mano che il reddito cresce, il peso della detrazione tende rapidamente a zero ed è possibile che, per i contribuenti con un reddito relativamente basso, queste detrazioni siano in competizione con le detrazioni per lavoro e per carichi familiari.

Si può fare un discorso simile anche per quanto riguarda la distribuzione delle detrazioni per classe di reddito. Nella Fig. 4 si nota come gran parte delle detrazioni per pensioni, lavoro e carichi di famiglia (denominate “non utilizzabili” nel grafico) sono concentrate nelle classi di reddito più basse. Invece, le altre detrazioni (che includono tutti gli altri oneri detraibili) seguono una distribuzione più eterogenea. I due scaglioni centrali (tra i 15 e i 50 mila euro di reddito) beneficiano della maggior parte delle detrazioni (66% del totale), mentre i redditi più bassi possono usufruire dell’11% del totale e lo scaglione aperto dei redditi più alti assorbe il 23% delle altre detrazioni.

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