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Rifiuti: basta demagogia, serve una logica industriale

Per gestire i rifiuti serve una vera e propria strategia nazionale che parta dalla comprensione della Circular Economy che può crescere del 50% con investimenti di 10 miliardi – Il convegno di FISE-Assoambiente

Rifiuti: basta demagogia, serve una logica industriale

Il trattamento dei rifiuti è un vero e proprio problema da affrontare in termini industriali. Certo si tratta di un grande impegno dal punto di vista ecologico, ma occorre chiarire alla pubblica opinione ed ai politici che la soluzione non sta in generici appelli a non consumare e tanto meno nell’affidarsi alla magistratura per affrontare veri o presunti abusi. Occorre una vera e propria strategia nazionale che consenta con razionalità di affrontare il problema e rispettare gli impegni sottoscritti in sede europea al 2035.

Per farlo serve capire che la “Circolar Economy”  è un settore economico di grande importanza che già oggi impiega in Italia 135 mila persone e che nei prossimi 15 anni può crescere del 50% con investimenti dell’ordine di 10 miliardi di Euro.   

Nel convegno promosso da FISE – Assoambiente è stato presentato un ampio ed esaustivo studio elaborato dal dottor Donato Berardi direttore del laboratorio REF nel quale si mettono in evidenza i punti di debolezza dell’attuale strategia seguita dall’Italia, o meglio dalla mancanza di una strategia vera e propria, che porta le autorità locali e nazionali ad inseguire solo l’emergenza. Ma questa è una posizione non solo perdente dal punto di vista ambientale, ma che scarica sulla collettività costi superiori a quelli sopportati da altri paesi, mentre sono modesti i benefici che in termini di prodotti riciclati e di energia prodotta che ricaviamo da un trattamento razionale dei rifiuti secondo un ciclo industriale ben organizzato.

Già oggi il settore vale 28 miliardi di euro di cui 11 per i rifiuti urbani e 17 per quelli speciali. Per raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati per il 2035 il nostro paese non ha alternative al dotarsi di un sistema impiantistico adeguato costruendo una quarantina di impianti tra riciclo e termovalorizzazione oltre ad un numero adeguato di discariche per i residui che non sono trattabili in altro modo.    

La questione è assai complessa dato che esistono diversi tipi di rifiuti che devono essere trattati in maniera differenziata. Da un lato per il riciclo incentivando il consumo di questo tipo di materiali che già oggi vengono premiati dai consumatori con una crescita annua a due cifre, e dall’altro con termovalorizzatori che producono energia o acqua calda utilizzata per il riscaldamento di vasti quartieri cittadini, come avviene a Brescia.

Inoltre noi esportiamo una notevole massa di rifiuti sia urbani che speciali con costi crescenti e soprattutto con il pericolo di non trovare più mercati di sbocco dato che Cina ed India hanno già annunciato la cessazione delle loro importazioni. Altri rifiuti li spediamo a bruciare in Germania e in Svezia, paradossalmente in paesi generalmente ritenuti all’avanguardia nella difesa ambientale. Ma da noi per costruire un nuovo impianti occorrono tempi lunghissimi, circa 5 anni, se nel frattempo non intervengono altri ostacoli di natura socio-culturale. Ed è proprio quello culturale il problema centrale.

Abbiamo un ministro che proclama che in Italia non si costruiranno mai nuovi termovalorizzatori, ritenuti chissà perché impianti medievali, che bisogna combattere i rifiuti con l’intervento della Magistratura, tanto  che costituisce adesso un gruppo di lavoro sull’amianto (dopo 25 anni dall’approvazione della legge sullo smaltimento) presieduto dal famoso pretore torinese Guariniello.  

Il presidente di Assoambiente Chicco Testa ha sintetizzato la situazione ricordando in primo luogo che bisogna abbandonare  la “visione punitiva” perchè la criminalità, quando c’è, si manifesta proprio per la mancanza di impianti legali. Insomma il contrabbando prospera dove la politica non agisce e la burocrazia ostacola ogni corretta iniziativa. 

Affrontare correttamente il problema senza demagogia si può e si deve. Per farlo – ha detto Testa – occorre una strategia nazionale fondata sulla chiarezza degli obiettivi, sulla creazione di una cabina di regia centrale capace di coordinare le attività di tutti gli enti che hanno responsabilità sul ciclo dei rifiuti, un regolatore nazionale messo in grado di operare, strumenti economici per indirizzare gli investimenti ed i comportamenti dei privati, un sistema di controlli severi ma chiari.

Noi in Italia abbiamo dei punti di forza: nel riciclo non siamo gli ultimi, basti pensare ai bresciani che riciclano i rottami ferrosi o agli stracci di Prato, ma non riusciamo a darci una strategia coerente per potenziare quello che deve essere considerato un importante settore industriale e nel contempo per affrontare una questione ambientale che ormai è ritenuta prioritaria da una larga massa di cittadini. I blocchi ideologici portano solo danni. È stato dimostrato che senza i nuovi impianti dovremmo fare un centinaio di nuove discariche per sistemare tutti i rifiuti che non trasformiamo in energia o in nuovi prodotti, e per sostituire quelle attuali che stanno per raggiungere la saturazione.  E questa sarebbe una vera politica ambientalista?

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