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Report Calcio 2012: il pallone italiano è sempre più indebitato. La soluzione è la legge sugli stadi

Presentato a Roma il ReportCalcio 2012: un’analisi sullo stato di salute del sistema calcistico condotta da Arel, PricewaterhouseCoopers e Federcalcio – L’indebitamento della Serie A cresce del 14% a 2,6 miliardi, mentre calano i fatturati – Ritorna d’attualità la legge sugli stadi, che consentirebbe nuovi introiti alle società.

Report Calcio 2012: il pallone italiano è sempre più indebitato. La soluzione è la legge sugli stadi

A Roma, nella splendida cornice di palazzo Altieri, è stato presentato il reportCalcio 2012, l’analisi, giunta alla sua seconda edizione, sullo stato di salute economica, ma non solo, del sistema calcio in Italia, condotta da Arel, PricewaterhouseCoopers e Federcalcio.

A fare da relatori, alla presenza, tra gli altri, del commissario tecnico Prandelli, di Andrea Agnelli, Paolillo e Marotta, sono stati Enrico Letta, segretario generale dell’Arel, Emanuele Grasso di PwC, i presidenti di Coni e Figc Gianni Petrucci e Giancarlo Abete e il ministro Piero Gnudi.

Tanti i numeri presenti nel report, un ampio faldone definito, con un pizzico d’ironia, la Zanichelli dell’ultimo anno del nostro calcio. Il più inquietante è significativo, soprattutto in ottica Fair play finanziario, è quello dell’indebitamento della serie A, in crescita del 14% a 2,6 miliardi, mentre è risultato in calo dell’1,2% il valore della produzione del calcio professionistico italiano nel 2010-2011.

Importante anche il dato sulla perdita netta, che nel 2010-2011 è stata di 428 milioni di euro, facendo segnare un aumento del 23,2% rispetto alla stagione precedente, e che rappresenta approssimativamente il 35% della perdita complessiva del calcio europeo.

Di fronte a questi numeri, e non potrebbe essere altrimenti, ritorna attualissimo il discorso della legge sugli stadi, che permetterebbe alle società di diversificare i propri introiti, oltre che aumentarli, spezzando così, almeno parzialmente, le munifiche catene dei diritti tv che, ad oggi, rappresentano il 48% dei ricavi del calcio professionistico (il 55,6% se parliamo di sola serie A).

Ognuno dei relatori si è augurato quindi, sull’argomento, che la questione possa giungere a buon fine entro tempi brevi, anche per evitare il rischio che, con il prossimo cambio di legislatura, si debba ricominciare tutto da capo. Il ministro Gnudi ha affermato che la speranza è quella di portare a termine la legge entro l’estate.

Quello che emerge dal report, quindi, è che il calcio italiano è un enorme malato, un colosso coi piedi d’argilla che, però, fortissimamente, vuole in questo momento rinsaldare le sue fondamenta. È un figlio su cui stanno ricadendo le colpe del proprio padre (anche se molti dei figli di oggi erano i padri di ieri), e che si trova a dover pagare, ancora, il costoso retaggio della stagione senza domani degli investimenti scriteriati e dei fallimenti a catena.

È un malato, il calcio italiano, ma rimane comunque enorme, un’azienda, o se preferite un sistema, che convoglia denaro e passione come nessun’altra in Italia. Ed oggi è l’ottimismo ciò che traspare dalla viva voce dei suoi protagonisti, un cauto, ma persistente ottimismo, dovuto ai diversi segnali, seppur timidi, di ripresa (il rallentamento, dopo anni di crescita sfrenata, della crescita dei costi, e l’aumento degli investimenti nei settori giovanili, risorsa troppo sottovalutata per generare valore), in quella che ci si augura possa essere una stagione di transizione nel cammino verso un domani più sostenibile.

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