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Referendum, sale l’onda trasversale del NO

Secondo Cinque Stelle e Lega il referendum sulla riduzione dei parlamentari doveva essere un passeggiata, ma le adesioni al fronte del NO salgono di giorno in giorno e raccolgono trasversalmente consensi sia a destra che a sinistra; ecco chi è sceso in campo

Referendum, sale l’onda trasversale del NO

Entra nel vivo la battaglia sul referendum per il taglio del numero dei parlamentari, e una larga vittoria del Sì non sembra più tanto scontata. Mentre l’Agcom ha appena lanciato un appello ad una corretta informazione sulla consultazione del 20-21 settembre e alcuni partiti (tra cui il Pd) devono ancora sciogliere la riserva sull’orientamento da tenere, cresce il fronte del No. Intanto, cosa chiede di preciso il referendum tanto voluto dal Movimento 5 Stelle, nel dichiarato intento di punire “la casta” e alleggerire il peso economico della macchina istituzionale? Gli italiani sono chiamati ad esprimersi sulla proposta di modificare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione al fine di ridurre il numero dei parlamentari: da 630 a 400 alla Camera dei Deputati, da 315 a 200 al Senato. 

Votando Sì, la legge di riforma costituzionale viene confermata e passa, votando No, viene respinta. Il primo obiettivo è quello di tagliare i costi della politica, ma lo snellimento del Parlamento porterebbe risultati oggettivamente trascurabili. Secondo l’Osservatorio dei conti pubblici italiani di Carlo Cottarelli, i risparmi netti ammonterebbero a 57 milioni l’anno e 285 milioni a legislatura, ovvero una cifra infinitamente più bassa di quella enfatizzata dai sostenitori della riforma (500 milioni a legislatura) e pari ad appena lo 0,007% della spesa pubblica italiana. Senza contare poi tutti i problemi di rappresentanza che la nuova legge porterebbe con sé, non essendo accompagnata da una coerente riforma del sistema elettorale e dal superamento del bicameralismo paritario.

Mentre il Partito democratico nicchia (il segretario Nicola Zingaretti ha annunciato una direzione ai primi di settembre per decidere la linea ufficiale) e i promotori (Movimento 5 Stelle ma anche Lega) viaggiano compatti per il Sì, c’è anche una grossa parte d’Italia che dice No a una riforma populista e persino pericolosa, per vari motivi, per la tenuta democratica. Questo fronte è composto trasversalmente da diverse anime della scena politica e civile italiana: già 8 comitati per il No hanno chiesto di accedere agli spazi televisivi e radiofonici. Si tratta di associazioni come Anpi, Arci, le Acli, le Sardine, ma anche partiti politici come Verdi, Radicali, Socialisti, Gruppo Misto Camera per il No, Lista Pannella, Sinistra Italiana,esponenti di primo piano di Italia Viva, Azione, + Europa e anche del Pd e di Forza Italia e movimenti della società civile guidati da giuristi come il magistrato Armando Spataro o il costituzionalista Massimo Villone.

Si vota come detto domenica 20 e lunedì 21 settembre: i seggi saranno aperti domenica dalle ore 7.00 alle 23.00, mentre lunedì per mezza giornata dalle 7.00 alle 15.00. In sette regioni negli stessi giorni e orari si vota anche per eleggere il presidente della Regione (e in un migliaio di Comuni anche per il sindaco), ma la scheda per il referendum sarà distinta, con un solo quesito e le due risposte possibili, Sì e No. Trattandosi di un referendum costituzionale confermativo (e non abrogativo), non è previsto un quorum minimo: l’esito delle urne sarà valido anche se non si raggiungerà il 50% più uno dei votanti. Votano tutti i cittadini maggiorenni, presentando documento e scheda elettorale. Oltre che il taglio di deputati e senatori, la riforma prevede anche la riduzione dei senatori a vita ad un massimo di 5 e una diminuzione dei parlamentari all’estero.

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