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Rapporto Osservatorio risparmio Unicredit-Pioneer: crollano i redditi ed è allarme risparmio

Anticipiamo il Primo rapporto dell’Osservatorio del risparmio che Unicredit e Pioneer Investments presenteranno martedì a Milano: il netto calo dei redditi porta le famiglie italiane a risparmiare sempre meno ma è possibile invertire la tendenza pensando al futuro? Servirebbe una nuova cultura e una nuova allocazione del risparmio: ecco come

Rapporto Osservatorio risparmio Unicredit-Pioneer: crollano i redditi ed è allarme risparmio

Il quadro dell’Italia che sembra emergere dal primo rapporto dell’Osservatorio del Risparmio UniCredit – Pioneer Investments è quello di un paese che è ancora sostanzialmente ricco ma che sta vivendo un periodo storico particolarmente critico.

Le famiglie italiane risparmiano sempre meno e, nella maggior parte dei casi, non per una loro specifica e volontaria scelta ma perché stanno vedendo una graduale erosione dei redditi. Emerge un sostanziale divario tra bisogno percepito di risparmiare e risparmio effettivo. Cresce, infatti, il numero di individui che ritiene importante risparmiare, ma al tempo stesso scende il risparmio complessivo delle famiglie.

La crisi si sta rivelando duratura e con conseguenze rilevanti. Unica tra le maggiori nazioni sviluppate che ha visto il reddito pro capite1 scendere in termini reali a livelli comparabili a quelli di più di quindici anni fa, l’Italia è stata anche la nazione che ha mostrato il peggior tasso di crescita del PIL dal 2008 in poi. Se il reddito disponibile diminuisce, i consumi delle famiglie non calano altrettanto rapidamente: il risparmio latita perché le risorse si riducono e le spese ineludibili aumentano (o per lo meno non scendono).

Tra l’altro, la riduzione del risparmio nazionale è stata accompagnata dal 2002 in poi da un deficit della parte corrente della bilancia dei pagamenti e dalla crescente necessità di attrarre capitali esteri per finanziare gli investimenti interni. Se un perdurante deficit delle partite correnti può essere sostenibile in un contesto di crescita, molto meno lo è per un’economia in una fase di stallo o in recessione.

Non tutto è perduto però, la strada per un ritorno al riequilibrio passa necessariamente per una riduzione dei gap in produttività e competitività delle imprese nazionali e una prima scossa potrebbe proprio venire dall’export, che potrebbe fungere da volano e primo motore per una ripresa. Se è vero, infatti, che un alto livello di risparmio non genera necessariamente maggior crescita economica, sembra che in assenza di crescita difficilmente si riescono a mantenere elevati tassi di risparmio.

Gli ultimi dati diffusi da Banca d’Italia riguardanti il mese di Luglio 2012 mostrano segnali incoraggianti sulle esportazioni, in netto miglioramento rispetto al 2011, anche se ancora è presto per parlare di una vera e propria inversione di tendenza della parte corrente della bilancia dei pagamenti. Se del lato imprese si può e bisogna fare ancora molto per rimettere in moto il paese, anche dal lato famiglie si deve fare di più, in particolare riguardo ad alcune criticità che sono emerse distintamente in questi ultimi anni.

Una prima criticità riguarda la quantità di risparmio che per molte famiglie potrebbe essere insufficiente, tenendo conto delle future esigenze di spesa e soprattutto alla luce delle recenti riforme della previdenza. I lavoratori italiani sembrano essere coscienti del fatto che dovranno provvedere da sé ai propri bisogni previdenziali, ma non riescono a far corrispondere a queste intenzioni delle misure concrete. L’adesione a fondi pensione integrativi appare ancora troppo bassa e nettamente inferiore rispetto alla media dei paesi sviluppati (non solo anglosassoni, ma anche dell’Europa continentale) e arrivare impreparati non appare certamente una prospettiva molto allettante. Per portare un maggior numero di persone a risparmiare per la pensione, innanzitutto, si potrebbe cominciare ad incentivare e sviluppare una cultura del risparmio, anche attraverso iniziative specifiche volte a rendere il piccolo risparmio più semplice, conveniente e magari automatico.

Individui più coscienti riguardo alle conseguenze delle proprie scelte in ambito finanziario e di pianificazione potrebbero gestire meglio le risorse a loro disposizione. Per questo, sarebbero auspicabili interventi finalizzati a migliorare la cultura finanziaria generale, intervenendo non solo su individui già avvezzi al mondo della finanza, ma anche sulle persone più svantaggiate, i giovani, e anche gli studenti. L’introduzione dei concetti di finanza e pianificazione già sui banchi di scuola avrebbe numerosi vantaggi: i giovani innanzitutto apprendono più facilmente e velocemente, inoltre sarebbe meno costoso raggiungere un numero più elevato di individui e sarebbe un sistema più egualitario. Un vero e proprio investimento per il futuro.

Un ulteriore tema importante riguarda l’allocazione del risparmio. Dal confronto internazionale, emerge che in termini di ricchezza accumulata (e anche di livello di indebitamento) le famiglie italiane risultano ancora ben posizionate rispetto ai maggiori paesi europei e agli Stati Uniti. In particolare, lo stock di ricchezza al netto delle passività finanziarie appare ancora ragguardevole: 8.500 miliardi di euro, pari a oltre 7,8 volte il reddito lordo disponibile e 5,4 volte il PIL, che corrisponde a circa 140 mila euro pro capite. E’ importante assicurarsi che questa ricchezza venga preservata, non perda valore nel tempo ma anzi che possa diventare un volano di crescita per l’economia, nonché un’integrazione al reddito delle famiglie in tempi di crisi.

Guardando alla composizione degli stock di ricchezza finanziaria, si evidenzia una penetrazione molto bassa del gestito (20% del portafoglio), meno della metà delle quote rilevate in Francia e Germania. Gli italiani hanno, tra l’altro, reagito alla crisi del 2008 incrementando ulteriormente la propria posizione in attività liquide, in linea anche con quanto accaduto nel resto dei paesi, tuttavia, non necessariamente questo spostamento verso strumenti liquidi garantisce un sostanziale miglioramento della qualità dei portafogli.

Le recenti e attuali turbolenze dei mercati finanziari possono quantomeno servire a rendere i risparmiatori più consapevoli e preparati. Anche gli investimenti considerati poco rischiosi a volte possono invece rivelarsi molto volatili e l’unico modo per gestire in modo efficace il rischio è quello di diversificare, combinando attività che diano stabilità con quelle che possano offrire crescita nel tempo, attività che siano liquide con altre che offrano flussi cedolari nel tempo. Guardando la composizione media dei portafogli italiani il percorso da compiere appare ancora lungo, ma può essere supportato da esperti e professionisti. Da questo punto di vista le banche e i gestori di patrimoni dovranno essere pronti a raccogliere la sfida e a rilanciare un patto con i risparmiatori che deve essere basato sulla trasparenza e fiducia.

Non da ultimo, un tema che merita maggiore approfondimento è quello relativo ai giovani. Il mercato del lavoro non sembra essere particolarmente recettivo e risparmiare per molti di loro sta diventando un miraggio. Inoltre, gli stock di ricchezza risultano fortemente concentrati nelle mani delle generazioni più anziane. Uno sforzo per liberare maggiori risorse da dedicare al capitale umano e alla nuove iniziative imprenditoriali dei giovani appare quantomeno doveroso, sia come antidoto per uscire dalla crisi attuale che come investimento per il futuro. Un nuovo patto tra generazioni che se da un lato potrebbe dare maggiori opportunità di sviluppo per i giovani, dall’altro potrebbe anche rappresentare quella nuova benzina per la crescita economica di cui il nostro Paese ha oggi come non mai un’impellente necessità.

Passando dall’analisi a livello nazionale a quella territoriale, si conferma una generale contrazione del risparmio nel triennio 2010-2012, caratterizzato da un ridimensionamento esteso a tutte le aree, fatta eccezione per il Nord Est, dove un modello di sviluppo economico, fortemente basato sull’export ha contribuito a sostenere il reddito. Tuttavia, guardando agli ultimi cinque anni, le regioni del Nord hanno subito una contrazione del risparmio condizionata da un pronunciato rallentamento del ciclo economico, mentre le regioni del Sud hanno registrato una crescita del risparmio tra il 2000 e il 2009.

Tuttavia, un’analisi più approfondita delle principali componenti dalle quali il risparmio si origina, reddito e consumo, sembra mostrare che tale incremento al Sud, più che indicativo di un miglioramento della condizione economica, sia in realtà segnale di un’incapacità di confermare precedenti livelli di spesa. In realtà le famiglie meridionali hanno fortemente contratto le voci di spesa rinviabili mentre hanno destinato una quota sempre maggiore della spesa a consumi incomprimibili. La propensione al consumo delle famiglie del Sud potrebbe essere stata influenzata inoltre da diversi fattori tra cui la percezione di una maggiore incertezza sulle prospettive future che potrebbe aver alimentato forme di accumulo a scopo precauzionale.

Relativamente agli stock, la ricchezza finanziaria in Italia rimane concentrata nelle regioni del Nord, che detengono una quota stabilmente superiore al sessanta per cento del totale. Questo aspetto consente di comprendere in maniera più profonda anche i comportamenti di consumo; difatti, il maggiore stock di ricchezza accumulato nelle regioni settentrionali rappresenta una forma di integrazione di altre forme di reddito e contribuisce a mantenere più stabile il livello di spesa anche in momenti meno favorevoli del ciclo economico. La composizione della ricchezza finanziaria consente di analizzare un aspetto interessante legato alle modalità in cui le diverse aree del nostro paese decidono di impiegare il risparmio. Infatti i dati aperti su base territoriale mostrano in maniera evidente che le oscillazioni della ricchezza risultano molto più marcate nelle regioni del Nord rispetto a quanto invece avvenga in quelle del Sud.

Ed è proprio l’effetto performance quello che amplifica tali variazioni, offrendo quindi un ulteriore spunto di analisi sulla composizione dei portafogli di ricchezza. L’aspetto più interessante che emerge dall’analisi è la forte propensione che il Sud manifesta per investimenti legati alla liquidità. Ne risulta un’esposizione di portafoglio complessiva orientata verso strumenti finanziari semplici con un profilo di rischio contenuto ma conseguentemente anche poco remunerativi. Se infatti una strategia di questo tipo, ha consentito di proteggere meglio la ricchezza soprattutto nelle turbolenze dei mercati finanziari non è detto che essa rappresenti sempre la scelta ottimale. Infatti il maggiore peso degli strumenti professionali di gestione del risparmio, presenti principalmente nei portafogli dei risparmiatori del Nord Ovest, dovrebbe garantire un rendimento del capitale più adeguato su un orizzonte di tempo di medio lungo periodo.

Infine la possibilità di utilizzare maggiore informazione finanziaria e di saperla correttamente interpretare può contribuire ad ampliare il livello di partecipazione al mercato delle attività rischiose; da qui sembra emergere la necessità di approfondire la cultura finanziaria soprattutto in aree dove gli investimenti in attività liquide sembrano pesare in maniera eccessiva.


Allegati: Invito Osservatorio del Risparmio MR2.pdfhttp://firstonline-data.teleborsa.it/news/files/612.pdf

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