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Rapporto Centro Einaudi – Italia, un disperato bisogno di crescere

La ricetta illustrata da Mario Deaglio nel 19° Rapporto sull’economia globale e l’Italia del Centro Einaudi è chiara: politiche interne per stimolare la domanda e – sul piano europeo- una politica monetaria davvero espansiva, svalutazione dell’euro e un serio programma di investimenti – Qualche segnale di ripresa c’è ma va utilizzato al meglio

Rapporto Centro Einaudi – Italia, un disperato bisogno di crescere

L’economia italiana è da anni bloccata non solo da una serie di vincoli ed inefficienze interne,ma anche da problemi che riguardano l’Europa intera ed anzi si può dire il Mondo intero dato che le due economie trainanti di Usa e Cina, stanno affrontando problemi di non poco conto. Il 19esmo rapporto sull’economia globale e l’Italia, elaborato dal prof Mario Deaglio, con i contributi di un folto numero di economisti, politologi ed esperti di geopolitica internazionale, ha un titolo già di per se molto eloquente : “Un disperato bisogno di crescere”.

Il rapporto , promosso dal Centro di ricerca Luigi Einaudi e sponsorizzato da UBI Banca, è stato efficacemente sintetizzato da prof Deaglio, mettendo in rilievo tutte le difficoltà che sta incontrando l’economia mondiale che stanno sfociando in una pericolosa crisi di sfiducia tra i vari paesi e nella tendenza di ciascuno a chiudersi nel proprio particolare. Il rapporto però non trascura gli spiragli di ripresa che qua e la si intravedono e che se ben compresi e adeguatamente coltivati potrebbero condurre l’economia mondiale, ed in particolare quella italiana, al di fuori dalle secche.

Il quadro generale non è certo rassicurante. Gli Stati Uniti hanno certo recuperato la caduta del 2008, ma mostrano segni di debolezza strutturale assai problematici. Infatti mentre il numero complessivo dei lavori dipendenti è tornato a livelli pre-crisi, l’ammontare dei contributi sociali è inferiore del 20% a testimonianza del fatto che il lavoro viene creato soprattutto nel terziario non specializzato e quindi offre stipendi inferiori a quelli di prima della crisi. Inoltre la popolazione sta invecchiando, la mobilità interna si sta riducendo e le diseguaglianze stanno aumentando. la Cina, appare in bilico tra la necessità di fare delle riforme e l’esigenza di non mettere in discussione l’assetto politico, con una popolazione che sta rapidamente invecchiando e che comincia a rivendicare prospettive di vita e di lavoro diverse da quelle dei padri.

L’ Europa la malattia appare già in tutta evidenza. Eppure l’indagine dell’Eurobarometro di questo autunno dimostra che la maggior parte degli europei manifesta un cauto ottimismo sulle prospettive del continente, mentre i pessimisti che due anni fa erano intorno al 45% sono ora scesi al 38%. Eccezione significativa l’Italia, dove i pessimisti superano gli ottimisti. E la ragione è evidente: siamo l’ unico grande paese che è ancora in recessione e dove la crisi del 2008 si è innestata su un corpo reso fragile a causa di una mancata crescita che parte da almeno 15 anni prima.

Le malattie dei grandi attori globali si incrociano e si alimentano a vicenda. Ed è ovvio che gli organismi più deboli sono quelli che stanno soffrendo di più . Tuttavia ci sono segnali anche in Italia di una ripresa della volontà d’investire e di innovare, come ha confermato in direttore generale di Banca Commercio& Industria, Mandelli, mentre Deaglio ha riscontrato la crescente consapevolezza che bisogna moltiplicare l’impegno di tutti, perché se non riusciremo a farcela ora a riacciuffare la crescita,allora vuol dire che il malato Italia non reagisce più e bisognerà aspettare chissà quanto per poter provare di nuovo.

In primo luogo il rapporto di Deaglio mette bene in evidenza che la Bce è l’unica tra le grandi banche centrali ad aver ridotto il proprio attivo negli ultimi due anni, riducendo con ciò la liquidità fornita al sistema. La situazione è quindi più che matura per far crescere di almeno 1000 miliardi il bilancio della Bce, e Draghi, che pure finora ha avuto tanti meriti, deve accelerare l’adozione di altre misure espansive di natura straordinaria. In un quadro di politica monetaria più permissiva, Bruxelles deve varare il piano comune di investimenti con una ricaduta sull’Italia di almeno 10-15 miliardi all’anno. 

Deaglio insiste poi sulla necessità di politiche interne atte a stimolare la domanda mettendo più risorse in mano ai giovani sia con il servizio civile che con altri sistemi pubblici ( ma in questo caso occorre fare bene attenzione a non creare un altro esercito di precari come quelli della scuola che ora si tenta di riassorbire). In alternativa si potrebbe varare anche una legislazione come quella tedesca sui mini-jobs in modo da far assorbire un po’ di giovani che non studiano e non lavorano dal settore privato.

Poi, secondo Deaglio, occorrerebbe rendere più appetibile l’investimento interno, sia con il fisco che con misure di deregulation, ed infine occorrerebbe rilanciare l’edilizia settore portante dell’economia italiana che attiva tanti altri comparti. Ma la strada sarà lunga. E’ chiaro che le riforme strutturali come quella del lavoro e quella di riordino delle istituzioni sono indispensabili. Nel breve occorre però trovare un modo per par ripartire il motore fermo da troppo tempo dell’economia italiana. Bisogna collegarlo ad una batteria esterna che sia però efficace, perché abbiamo un “disperato” bisogno di riavviare la crescita a breve e non possiamo sopportare ancora una delusione. L’ Europa ci può aiutare con un cambio più debole rispetto al dollaro, con una politica monetaria veramente espansiva, e con un serio programma di investimenti. Ma il grosso dobbiamo farlo noi. Ci sono dei segnali positivi. Utilizziamoli al meglio.

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