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Pzifer-Astra Zeneca: ecco chi uscirà sconfitto dalla chiusura dell’accordo

In attesa della prossima mossa di Pfizer, negli Usa c’è trepidazione per l’eventuale ennesima uscita dal suolo americano di una delle maggiori aziende del Paese – Ecco i motivi che spingono Pfizer ad alzare la posta e chi uscirà sconfitto dalla chiusura dell’accordo con Astra Zeneca.

Pzifer-Astra Zeneca: ecco chi uscirà sconfitto dalla chiusura dell’accordo

Dopo che Astra Zeneca ha ritenuto “non idonea” anche l’ultima offerta di Pfizer da 106 miliardi di Dollari, si fa sempre più concreta l’ipotesi che la drugmaker americana si rivolga direttamente agli azionisti con il lancio di un’Opa ostile. Ipotesi quest’ultima non negata dal Ceo, Ian Read.

Tutto ancora incerto, insomma. Di sicuro, al momento, c’è solo chi ci rimetterà se il deal dovesse andare in porto: il Tesoro americano. Swinging London – Il progetto, infatti, prevede di costituire la sede della nuova holding controllata da Pfizer presso la City londinese, sfruttando cosi i benefici del regime fiscale britannico. Primo tra tutti una corporate tax rate al 21% (in previsione di scendere al 20% nel 2015), inferiore di quasi 15 punti percentuali rispetto a quella americana. 

In aggiunta, per chi gestisce business globali il Regno Unito offre un altro evidente vantaggio competitivo. E’ possibile, infatti, dichiarare al fisco di Sua Maestà solo i redditi che si sono prodotti sul territorio anglosassone.Uno scudo ideale per chi, come Pfizer, registra miliardi di Dollari Worldwide e soggetti a una tassazione del 35% nel momento del rientro su territorio americano ( agenzia americana concede solo un credito di imposta relativo alla quota versata precedentemente allo Stato estero).

Patent Dream Box – Il proattivo sistema fiscale britannico, inoltre, ha confermato che a partire dal 2017 vi sarà una particolare agevolazione fiscale inerente le spese di Ricerca e Sviluppo (la Patent Box Tax). Tale agevolazione stabilisce che tutti i ricavi derivanti da brevetti depositati presso il Regno Unito siano tassati al 10%. Un’attrattiva fortissima per aziende dove i maggiori investimenti riguardano proprio l’R&D.

La percezione di Astra – Lo stesso board di Astra ha manifestato delle riserve sul reale interesse strategico e di lungo periodo di Pfizer nell’acquisizione. Giudizio in contrasto con la maggioranza degli azionisti e parte del mondo politico che invece vedono di buon occhio un closing a tali condizioni. Al momento, la compagine americana detiene circa 70 miliardi di dollari allocati fuori dai confini americani. Pertanto se la scelta dovesse ricadere tra un rientro dei capitali in territorio americano (bersagli quindi della longa manus dell’IRS), o un’acquisizione non prettamente strategica ma con significativi vantaggi fiscali, questa seconda ipotesi risulterebbe essere senza dubbio la più allettante. Probabilmente è ciò che ha pensato, e quindi frenato, lo stesso board di Astra ritenendo a rischio le risorse e le persone impiegate nell’azienda.

La Pfizer non è da sola – L’operazione strutturata da Pfizer rispecchia in pieno il  meccanismo di elusione dal fisco americano denominato “tax inversion”. La stessa Pfizer è in ottima compagnia, in quanto diverse aziende negli ultimi anni hanno approntato simili meccanismi di M&A. In campo farmaceutico si ricorda il recente acquisto della Biovail da parte della Valeant con relativo spostamento della sede su territorio canadese.Anche una delle operazioni più importanti degli ultimi anni, l’acquisizione di Publicis da parte di Omnicom, ha avuto come esito la collocazione della nuova sede legale nei Paese Bassi. Rimanendo sul territorio britannico, la stessa Liberty Global US (sistemi via cavo) nel momento in cui ha acquisito la Virgin Media ha prevedibilmente mantenuto la sede a Londra. Caterpillar, invece, ha scelto la verde Svizzera e la sua tassazione inferiore al 10% quale sede della sua controllata dedicata alla gestione mondiale dei pezzi di ricambio.

Tutte operazioni importanti, superate in termini di valore dal possibile accordo tra  Pfizer – Astra. Proprio per questo motivo dagli Usa si richiede a gran voce un freno normativo per arginare questa emorragia di risorse verso l’estero. Anche a costo di mettere in discussione il liberismo e l’anti-dirigismo tipici del pensiero americano. La sensazione però è che non ancora digerito il famoso Double Irish Sandwich si sia già passati al Tax Inversion Dessert. Sorry guys, ma è proprio vero: tutto il mondo è paese.

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