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Profugo come eroe: una figura dell’immaginario sociale. Il nuovo libro di Heidrun Friese

L’ultimo libro di Heidrun Friese, edito d goWare, approfondisce un tema centrale dei nostri tempi. Lampedusa è il centro della narrazione per raccontare la figura del migrante: nemico, vittima, eroe. Ne pubblichiamo un capitolo

Profugo come eroe: una figura dell’immaginario sociale. Il nuovo libro di Heidrun Friese

Da pochi giorni è disponibile in tutte le librerie online, in formato cartaceo e digitale, un libro importante di una studiosa tedesca, Heidrun Friese, che conosce molto bene l’Italia e parla anche la nostra lingua. Si tratta di un importante approfondimento, anche teorico, su una questione centrale del nostro tempo, quella dei profughi e delle migrazioni, L’autrice discute con un taglio critico la rappresentazione e il significato di profugo nell’immaginario e nella politica delle comunità del Mediterraneo.

In italiano c’è già un volume della Friese sugli stessi temi, Limiti dell’ospitalità. I profughi di Lampedusa e la questione europea, sempre pubblicato da goWare nel 2020 nella traduzione dal tedesco di Tiziano Tanzini.

E Lampedusa è proprio il centro della narrazione e dell’indagine della studiosa tedesca. “Lampedusa è il luogo in cui si intrecciano le figure dell’immaginario sociale disegnate da persone in mobilità: nemico, vittima, eroe”, scrive l’autrice. Sono immagini che “parlano di ostilità, di minaccia, di aggressione ma anche di compassione e di solidarietà verso gli esclusi e gli oppressi. Insieme, creano la cornice per poter attribuire significati e orientamento”, continua Friese.

Proprio l’isola di Lampedusa è il luogo in cui le religioni e le regioni del Mediterraneo si sono incontrate e confrontate.

Heidrun Friese - Profughi: vittime, nemici, eroi
GoWare – La copertina dell’ultimo libro di Heidrun Friese

Immagine sociale del profugo che si cristallizza su tre figure: il nemico, la vittima e l’eroe. Attorno a queste tre figura si articola la prima parte del libro andando a ricercarne le origini e le radici nel pensiero e nell’immaginario dei popoli delle terre che si affacciano sul Mediterraneo.

Abbiamo chiesto al traduttore, Tiziano Tanzini, di selezionare dei brani dal libro Profughi. Vittime – Nemici – Eroi. Ne ha scelti alcuni dal terzo capitolo Eroi: il gesto rivoluzionario. Il titolo dell’estratto è della redazione.

Buona lettura!

Fenomenologia del profugo 

Le immagini mobilitano e, come abbiamo visto, la visibilità fa parte del regime delle frontiere, delle strategie politiche, dell’impegno militare, del brandingumanitario. Ora, l’immagine ripetuta all’infinito della misera vittima non attira più lo sguardo per generare passioni ed emozioni ma è già divenuta parte dell’immaginario sociale e ha già ricambiato quello sguardo. 

«Nessuno disapprova il povero», sostiene Hannah Arendt, «ma semplicemente non viene visto; […] essere semplicemente ignorato ed esserne consapevole è insopportabile». «Il pathos rivoluzionario che si esprime in queste parole», prosegue la Arendt, «la convinzione che la maledizione della povertà dipenda non solo dall’avversità ma anche dall’oscurità, è assai rara nella letteratura moderna» 

La visibilità, il divenire visibile dei poveri, si intreccia, già a partire dalla rivoluzione francese, «all’aver compassione […], alla compassione dei “fortunati” verso i malheureux, gli sfortunati, cioè il popolo vero e proprio»]. Visibilità e invisibilità sono quindi legate sia all’aver compassione, sia a strutture politiche di “riconoscimento” cioè, propriamente, “dell’essere visto in pubblico”. 

Luc Boltanski, nella sua analisi della Souffranceàdistance(1993) riprende lo schema di Hannah Arendt quando indaga modalità e pratiche di una compassione che non esperisce tanto una sofferenza concreta e immediata quanto una sofferenza “a distanza”, tra l’altro di quella trasmessaci dai media. Per lui, si tratta di sapere come si sviluppino indignazione e iniziativa politica di fronte alla sofferenza umana. 

Per affrontare questi temi, sviluppa un’argomentazione in tre fasi: “della denuncia”, “del sentimento” e “dell’estetica”. Queste fasi recano in sé la tensione, già indicata, tra universalità e particolarità, tra “massa” e caso singolo.

La diffusione dell’immagine del profugo mobilita. La compassione con la vittima diviene, sia pure reinterpretata a adattata alle diverse situazioni, la più intensa di tutte le passioni politiche, proprio nel senso della Arendt. Accanto alla figura della vittima, si staglia ora anche la figura dell’eroe, di colui che, impavido, lotta per il diritto e la giustizia, e che si è già dimostrato e legittimato tale in virtù della rischiosissima missione in mare. Nell’immaginario sociale, nell’ordine simbolico e nelle sue rappresentazioni, la mano che invoca aiuto di chi sta annegando si trasfigura nel pugno (rosso) che è l’àncora di salvezza in questa lotta. La compassione diviene solidarietà con i fuggitivi, anzi, di più, “con la lotta dei profughi”.

Chi viene costrettoa salire su un barcone oltrepassa certamente limiti e norme giuridiche valide. Una trasgressione che, nel migliore dei casi, valuta il rischio ma deve presupporre che il destino o gli dèi lo risparmino. Prendere la vita nelle proprie mani e accettare dei rischi fa anche parte della soggettività maschile ed è una decisione imposta dalle circostante della vita. L’immaginario sociale che vede il profugo in quanto eroe elabora, oltre che il toposdel sentimento e dell’estetica, soprattutto quello della denuncia e dell’indignazione. L’enfatizzazione simbolica delle lotte dei migranti fa delle persone cui è negata la mobilità e che si impadroniscono del diritto a ottenerla eroi moderni di una lotta autonoma finalizzata alla conquista di opportunità vitali e alla realizzazione di una libera volontà. In breve: li trasforma in eroi della moderna soggettività occidentale. Ma questo discorso, che colloca la figura dell’eroe a metà strada tra la vittima innocente del capitalismo e della governance neoliberale e la figura di un pericoloso nemico che minaccia di sconvolgere l’ordine costituito, si rivela paradossalmente non-politico proprio là dove andrebbe definito uno spazio politico.

Le figure eroiche contraddistinguono non solo il postumanitarismo ma anche talune forme dell’attivismo contemporaneo. Gli eroi plasmano la comunità. Da un lato, fanno emergere e catalizzano l’energia delle masse; dall’altro, rafforzano la soggettività narcisistica per la quale tutta la propria vita emotiva diviene unità di misura e filo conduttore dell’agire. Questa iconografia ha cessato di creare monumenti imponenti in cui le bandiere garriscono al vento, gli eroi della lotta di classe guardano risolutamente al futuro o pugni protesi verso il nemico testimoniano una inflessibile volontà. Ha cessato di riferirsi in modo diretto e incondizionato a grandi narrazioni sullo sfruttamento e a una lotta di classe che guida vittoriosamente la Storia verso un telos di liberazione. Come la sensibilità post-umanitaria e la sua soggettività pretendono autenticità, anch’essa esige uno story-telling: il racconto della commozione, della collera, dello sdegno.

Emozione e commozione, con i processi di significazione e con l’iconografia loro propri, mescolano il discorso populistico e post-umanitario con quello critico. Le soggettività così costituite sono narcisisticamente autoreferenziali, vivono di questo riferimento e sono parte integrante della soggettivizzazione del Politico. 

Estratto dal libro Heidrun Friese, Profughi. Vittime – Nemici – Eroi, Sull’immaginario politico dello straniero, goWare, 2023, pag. 75-80 (15,20€, edizione cartacea; 6,99€ edizione digitale). Traduzione dal Tedesco di Tiziano Tanzini.

Titolo originale dell’opera: Heidrun Friese, Flüchtlinge Opfer- Bedrohung- Helden. Zur politischen Imagination des Fremden, Berlin, Transcript, 2017

Chi è Heidrun Friese

Heidrun Friese è professore di Comunicazione Interculturale e di Teoria della Cultura all’Università (TU) di Chemnitz. Ha insegnato e diretto progetti di ricerca alla Humboldt-Universität di Berlino, all’École des hautes études en sciences sociales (Parigi), all’Istituto Universitario Europeo, IUE (Firenze), alla University of Warwick, all’Università Ebraica di Gerusalemme, alla University of California (Berkeley), all’Istituto HyperWerk (Basilea). I suoi studi si estendono dalle teorie sociali e della cultura, alle prospettive postcoloniali, alla mobilità (fuga, migrazione, e pratiche transnazionali) e comprendono le problematiche sull’identità (culturale) in riferimento soprattutto alla zona del Mediterraneo. Ha condotto ricerche pluriennali sul campo, tra l’altro, a Racalmuto e a Lampedusa. In Italia nel 2020 è stato pubblicato da goWare nella traduzione di Tiziano Tanzini Limiti dell’ospitalità. I profughi di Lampedusa e la questione europea.

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