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Produrre più vaccini non è solo questione di brevetti

La politica commerciale non risolverà la scarsità dei vaccini che richiede invece incentivi alla produzione ma anche una clearing house internazionale e il trasferimento di know how

Produrre più vaccini non è solo questione di brevetti

Pochi giorni fa al WTO si è conclusa con un nulla di fatto una riunione con ministri, produttori di vaccini e rappresentanti della società civile sulle proposte di moratoria a TRIPS (l’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale) per allargare la produzione di vaccini anti-Covid.

Vaccinare tutti è ormai considerata la più importante misura di politica economica. Ma come ottenere i vaccini nelle quantità necessarie? Chiedere una sospensione degli articoli rilevanti dell’accordo sul commercio dei diritti intellettuali come hanno fatto India e Sud Africa per poter produrre ed esportare i vaccini con licenze obbligatorie? Bloccare le esportazioni di vaccini in modo implicito come negli SU e India o esplicito, ma condizionato e temporaneo, come la UE? Finora non avevo trovato nessun articolo/documento che mi desse anche da un punto di vista economico, una risposta ben fondata a queste domande. Finché non ho trovato l’articolo di Evenett e Hoeckman, miei ex-colleghi al dipartimento di ricerca della Banca Mondiale e tra i migliori trade economists in circolazione. 

Sulla base di un’accurata ricerca sulla produzione e il commercio di vaccini e dei loro componenti nel mondo, i due economisti trovano che tutti i paesi del globo possono distinguersi in 4 categorie, ben illustrate dal diagramma Venn qui sotto:

L’analisi si concentra sui paesi che si prevede produrranno l’87% dei vaccini nel 2021.  Questi paesi hanno importato l’88% degli ingredienti chiave per la produzione dei vaccini dagli altri paesi produttori. Le supply chains incrociate scoraggiano mosse protezioniste perché chi blocca le esportazioni di vaccini può vedersi bloccare componenti, fiale, etc…  (Non si parla qui di blocchi delle esportazioni per convincere le case farmaceutiche inadempienti a consegnare i vaccini promessi, che è un caso differente). 

Non è proprio la stessa situazione della minaccia dell’arma nucleare della guerra fredda perché si tratta di più di 2 paesi, ma ci assomiglia. 

Le conclusioni sono quattro:

1.la politica commerciale non risolverà la scarsità di vaccini;

2. lo Stato deve provvedere incentivi alla produzione di vaccini, cancellando il peso negativo di decisioni passate (numerosi stati europei cancellarono gli ordini quando si scoperse che la pandemia H1N1 del 2009-10 era meno grave del previsto). Questo è tanto più importante in quanto sembra che le varianti renderanno necessario un booster annuale del vaccino, come per l’influenza, quindi il rischio di overcapacity è ridotto;

3. una clearing house internazionale può facilitare l’incontro tra detentori di brevetti e imprese capaci di produrre vaccini (la Gates Foundation ha trovato e finanziato istituti capaci di produrre 3 vaccini in India e Bill Gates sul NYT ha ricordato che tutti vogliono vaccini sicuri, quindi open source vaccines non ci saranno);

4. il trasferimento di know-how è essenziale alla produzione quanto i brevetti, dunque occorre garantirsi il trasferimento di competenza pratica, che non è inclusa nel brevetto, e mettere a punto non solo gli incentivi, ma anche la sorveglianza sui processi di produzione a livello nazionale. 

Chiudo qui il mio breve sommario perché leggere l’articolo completo è un vero piacere.

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