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Primarie centrosinistra: Bersani e Renzi a caccia dei voti di Vendola

Il primo turno delle primarie del centrosinistra si è chiuso, aprendo le porte al ballottaggio tra Bersani (44,9%) e Renzi (35,6%) – Sul tavolo rimane il 15,6% di Vendola, che nega il suo appoggio a Renzi e pungola Bersani che intanto incassa l’endorsement di Tabacci.

Primarie centrosinistra: Bersani e Renzi a caccia dei voti di Vendola

Al di là delle incertezze sui numeri delle primarie, con le piccole polemiche che lambiscono solamente il clima di fair play, in cui tutti di candidati si dicono soddisfati della giornata, la certezza è una sola: a sfidare il segretario del Pd Pierluigi Bersani al ballottaggio del 2 dicembre sarà il sindaco di Firenze Matteo Renzi.

Tutto come ampiamente previsto, quindi, con Nichi Vendola (15,6%) grande escluso, e Laura Puppato (2,6%) e Tabacci (1,4%) staccatissimi in coda. A stupire, forse, è il successo di Renzi in alcune regioni storicamente rosse.

I numeri, dunque: il distacco tra i due contendenti, stando ai dati ufficiosi diffusi dal coordinatore nazionale delle primarie Nico Stumpo, è prossimo ai 10 punti percentuali, con Bersani al 44,9% e Renzi al 35,6%, anche se lo staff del sindaco parla di numeri diversi e di un distacco contenuto al 5% circa e chiede di mettere online i verbali dei seggi. 

C’è poi il discorso sull’affluenza, la più bassa nella storia della primarie, ma comunque soddisfacente, migliore del previsto, con i 3 milioni e 100 mila votanti che rappresentano in ogni caso una risposta convincente alla crescente antipolitica, anche considerando gli scogli di una procedura di registrazione decisamente più complicata che in passato.

Nelle parole del giorno dopo dei due candidati dunque si respira la soddisfazione per i risultati personali e per una giornata di mobilitazione che ha riportato al centro della scena la politica italiana, stavolta al netto degli scandali. L’eventuale rimonta del sindaco di Firenze appare difficile, ma non impossibile. E’ Renzi stesso a definire il distacco, intorno ai 250 mila voti, “colmabilissimo”. Rottamata la rottamazione, Renzi, parla comunque e ancora di rottura e, insistendo in conferenza stampa su una metafora di stampo calcistico, dice di voler giocare d’attacco, lasciando in panchina o, perchè no, in tribuna, Rosy Bindi e Massimo D’alema: “Siamo la stessa squadra, quello che cambia è l’allenatore”.

Bersani, che rivendica la scelta delle primarie e del ballottaggio, parlando di “operazione coraggiosa”, ha già dalla sua, per quel che sposta, l’endorsement di Tabacci. La lotta vera, però, è quella per il 15,6% di Vendola, che, per Renzi, può ancora essere terra di conquista, anche se il governatore pugliese nega decisamente il suo appoggio al sindaco di Firenze, “pur descritto come un innovatore, rappresenta un modello di conservazione”.

Al contempo, però, Vendola pungola Bersani, chiedendo di fargli sentire “profumo di sinistra”. Aldilà di un’eventuale appoggio pubblico da parte di Vendola per il segretario del Pd, Renzi può sperare in quella parte di voto di opinione che, soprattutto nelle grandi città, scegliendo il governatore pugliese rivendicava un cambio della guardia che, giocoforza, Renzi rappresenterebbe più di Bersani. La partita rimane aperta. 

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