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Prestiti ai privati: flessione del 3,2% nel 2022. Rallenterà anche la corsa dei mutui

L’aumento dei prezzi peserà sui prestiti ai privati e sulla domanda di mutui, con una possibile riduzione generale dei consumi e della capacità di investimento. È quanto emerge dall’EY

Prestiti ai privati: flessione del 3,2% nel 2022. Rallenterà anche la corsa dei mutui

Dopo due anni di crescita i prestiti ai privati caleranno: si prevede una flessione del 3,2% nel 2022 e dell’1,1% nel 2023. Anche la domanda di mutui subirà una battuta d’arresto a causa dell’aumento dell’inflazione che spinge al rialzo i tassi dell’interesse e che avrà conseguenze sul mercato del credito e sulle compravendite immobiliari. È la fotografia della congiuntura creditizia italiana scattata dall’EY European Bank Lending Economic Forecast 2022, l’analisi finalizzata ad approfondire l’evoluzione dei prestiti al settore privato e a prevederne gli andamenti.

Negli ultimi due anni si è registrato un incremento dei prestiti al settore privato italiano (cresciuti del 3,9% nel 2020 e del 1,3% nel 2021), che è “tuttavia in fase di rallentamento, a causa dell’aumento dell’inflazione e dell’incertezza geopolitica. La crescita dei prestiti bancari dovrebbe frenare ulteriormente nel 2023 al 1,1%, prima di invertire la direzione e risalire al 1,7% nel 2024 e al 2,4% nel 2025. Lo ha detto Stefano Battista, Italy Financial Services Market Leader di EY.

Tuttavia, durante gli anni più difficili della pandemia, le banche nei principali mercati europei sono rimaste “in una posizione di solidità patrimoniale grazie al supporto dei vari incentivi governativi, 750 miliardi di euro in linee finanziarie essenziali sono stati prestati ad imprese e famiglie”, ha sottolineato Battista. “In tale contesto le prospettive economiche per il settore bancario italiano sono di cauto ottimismo, avendo dimostrato una buona stabilità e resilienza finanziaria. Si impone una certa cautela alla luce dei primi segnali di incertezza dovuti alla situazione geopolitica e all’inflazione”, ha aggiunto.

Motivo per cui secondo Battista “le istituzioni finanziarie e la classe dirigente politica devono continuare a collaborare per trovare le opportune soluzioni al fine di gestire eventuali problematiche derivanti dal conflitto in Ucraina che potrebbero impattare sul sistema economico”.

Guerra e rincari peseranno su mutui e prestiti ai privati

L’economia italiana affronta inoltre l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, con conseguenti rischi di interruzione della catena di approvvigionamento delle imprese che peseranno sulla domanda di mutui e prestiti ai privati, con una possibile riduzione generale dei consumi e della capacità di investimento. Nel 2020 i prestiti alle imprese, sostenuti dalle garanzie governative, sono cresciuti del 5,8% (contro il -7% del 2019). Si tratta del primo anno di crescita del credito alle imprese dal 2011. Nel complesso si prevede che i prestiti alle imprese aumenteranno del 2,9% quest’anno, ma solo dello 0,7% nel 2023. I prestiti ipotecari hanno ottenuto una performance sorprendentemente solida durante la pandemia, segnando +2,1% nel 2020 e +4,7% nel 2021 (quest’ultimo il dato più alto degli ultimi 11 anni), beneficiando dell’aumento dei prezzi delle case, dei tassi di interesse estremamente bassi, della diffusione del lavoro ibrido e dell’accumulo dei risparmi nel corso del lockdown.

I prezzi delle case continuano ad aumentare così come i tassi

Tuttavia, le prospettive attuali sono meno favorevoli. EY vede un rallentamento della crescita dei mutui poiché i prezzi delle case continuano ad aumentare e i tassi d’interesse sembrano destinati al rialo. Secondo le previsioni la crescita dei mutui rallenterà al 2,9% nel 2022 e all’1,2% nel 2023. Anche a fronte del possibile peggioramento delle prospettive economiche, il miglioramento dei bilanci di famiglie e imprese dovrebbe impedire il drammatico aumento dei crediti deteriorati che avvenne con la crisi del debito sovrano europeo. All’inizio del 2021, il 14% dei prestiti beneficiava di moratorie e il 18% dei prestiti alle società non finanziarie era coperto in tutto o in parte dalla garanzia statale.

Tutto ciò ha portato a un calo dei crediti deteriorati dal 6,4% del totale del 2019 al 4,4% del 2020 e al 3,3% del 2021, il dato più basso dal 2005. Si prevede che la cessazione dei regimi di sostegno e delle moratorie determinerà un aumento della percentuale di crediti deteriorati al 3,9% quest’anno e al 4,1% nel 2023. “Il combinato disposto di un’eventuale stagflazione, degli impatti negativi sui costi e sui ricavi delle imprese – esposte nei confronti dei Paesi coinvolti nel conflitto – e della tensione sui mercati finanziari potrebbe aumentare il coefficiente di rischio degli attivi delle banche, con crescita dei livelli di capitale assorbito, maggiori svalutazioni e minor margine di intermediazione”, ha commentato Battista. Però “il sistema economico-finanziario italiano appare in grado di reggere ai contraccolpi di un’eventuale crisi, grazie alla generale stabilità e solidità degli intermediari finanziari, al risparmio privato, alla capacità delle imprese di stare sui mercati internazionali e all’utilizzo dei fondi del Pnrr”, ha concluso i leader di EY.

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