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Poloni (Mediaset): “Refarming e banda larga: ecco la nostra strategia”

INTERVISTA a LUCA POLONI, Chief Technology Officer del Gruppo Mediaset – “L’avvio del refarming va gestito con flessibilità” – “I modelli distributivi vanno ripensati in vista della convergenza e ibridazione tra broadcast e broadband” – “Una CDI condivisa è la soluzione preferibile” – La rete unica, il polo delle torri e l’opportunità di un progetto europeo

Poloni (Mediaset): “Refarming e banda larga: ecco la nostra strategia”

Quando si dibatte sulle “sfide tecnologiche” spesso si corre il rischio di non essere sufficientemente in grado di definire correttamente e compiutamente le loro caratteristiche e i termini specifici. Per questo abbiamo chiesto direttamente ai protagonisti, a coloro che devono sostenerle concretamente nelle loro Aziende, non solo le definizioni puntuali dei temi e problemi ma anche le rispettive strategie.    

Si sta per concludere il primo semestre del 2021, che si annunciava da tempo come un anno di transizioni importanti per tutto il sistema delle telecomunicazioni, in Italia e nel resto d’Europa. Ora ci siamo: la competizione spinge verso l’accelerazione di processi che non si potranno più rinviare. Si tratta di sfide ad elevato contenuto tecnologico che, in particolare, investono tutta la filiera della produzione e della distribuzione dei prodotti audiovisivi. Sono due i grandi temi in agenda: il primo si riferisce alla prossima tappa del processo di refarming delle frequenze in banda 700MHz che avrà inizio già dal prossimo settembre e il secondo riguarda la banda larga e la possibilità di creare una infrastruttura unica di distribuzione. 

Su questi argomenti abbiamo intervistato Luca Poloni, Chief Technology officer (Cto) del Gruppo Mediaset, che per la prima volta espone a tutto tondo i diversi punti di vista, gli orientamenti operativi e le prospettive a largo raggio dell’altro grande operatore broadcast nazionale. I contenuti dell’intervista sono di particolare rilievo anzitutto perché non ci sono precedenti di Mediaset che espone in modo tanto esplicito al grande pubblico le proprie considerazioni su questi specifici argomenti con i quali si mettono in chiaro alcuni passaggi che sarà difficile non tenere in debito conto. Anzitutto per quanto riguarda le modalità del possibile rinvio della partenza della prossima tappa verso il DVB-T2 del 1° settembre e, contestuale, la richiesta formale al Governo di dare avvio ad una massiccia ed efficace campagna di comunicazione agli utenti finalizzata a sostenere l’acquisto di nuovi apparati tv o decoder. Inoltre, si affrontano anche temi “caldi” come il futuro del DVB, la CDN, la rete unica e l’annoso e mai risolto “polo delle torri”.  

L’intervista a Poloni segue quella a Stefano Ciccotti, CTO Rai, pubblicata su FirstOnLine lo scorso 23 maggio. L’obiettivo è fornire ai lettori un panorama sufficientemente ampio dei temi e problemi dei quali si dibatte. Le grandi sfide tecnologiche che i broadcaster devono affrontare sono comuni e le prossime scadenze che li vedono direttamente impegnati sono ravvicinate. 

Anche per Mediaset si porrà lo stesso problema: a partire prossimo 1° settembre, avrà inizio la prima vera fase del refarming delle frequenze in banda 700Mhz, per rendere disponibile la banda all’espansione nel nostro Paese del 5G, delle tecnologie in mobilità e della banda ultra-larga di nuova generazione. Il secondo Rapporto della Fondazione Bordoni indica che le famiglie italiane che accedono alla televisione con il DTT sono circa 21, 6 mln. Tra queste, è prevedibile che saranno un numero molto elevato quelle che a settembre potranno vedere lo schermo nero se non provvedono per tempo a sostituire il vecchio apparato. Dell’incentivo a 100 Euro senza ISEE promesso dal Governo, al momento, non ci sono notizie. Mediaset come pensa di affrontare questa fase? Quale strategia si intende adottare in vista di tutto il processo di transizione al DVB-T2?

“In questa fase decisiva tutte le principali imprese televisive, attraverso Confindustria Radiotelevisioni e con senso di responsabilità e spirito costruttivo, hanno proposto al Governo un percorso di transizione al termine del quale assicurano la restituzione delle frequenze della banda 700 MHz entro il 30 giugno 2022, ma al tempo stesso chiedono di poter gestire con flessibilità questa delicata fase, eliminando alcune delle rigidità previste dal decreto di Road Map.

Nella sostanza, pur dichiarandosi tecnicamente pronte a partire dal 1° settembre o dalla data che il Ministero riterrà più opportuna per l’avvio del processo di refarming, le imprese televisive chiedono di eliminare l’obbligatorietà di dismissione dell’MPEG-2 su tutto il territorio nazionale a partire dal 1° settembre 2021 con la possibilità di continuare a trasmettere alcuni programmi con tale standard per evitare l’oscuramento di milioni di televisori e di prevedere la facoltà (e non l’ obbligatorietà) di attivare lo standard DVB-T2, legandolo alla effettiva ricezione dei programmi dalla totalità (o quasi) della popolazione.

È stato inoltre chiesto al Governo di dare certezze agli operatori con l’immediata pubblicazione dei decreti ministeriali relativi alle modifiche alla Road Map elaborata nel 2019 e all’erogazione dei circa 250 milioni di euro di incentivi per la rottamazione di vecchi apparecchi televisivi e la loro sostituzione con quelli nuovi. Solo così si potrà avviare una massiccia e adeguata campagna di comunicazione per sollecitare l’utenza che al momento non sente alcuna necessità di cambiare il proprio apparecchio, come dimostrano i dati di vendita ancorati ai trend storici. Si tratta di un elemento fondamentale per la corretta gestione di un processo da programmare coinvolgendo tutti i protagonisti per garantire il successo della iniziativa, a cominciare dall’Industry, evitando un insostenibile disagio per i consumatori e un danno irreparabile per l’intero settore.

Un percorso che, se gestito con raziocinio e visione di medio periodo, potrà consentire una rapida e necessaria evoluzione tecnologica e qualitativa della piattaforma digitale terrestre. Una piattaforma davvero universale considerando Il valore dei suoi contenuti, la sua prevalente gratuità e la sua presenza generalizzata in tutte le case degli italiani”.

Anche la vostra Azienda è fortemente impegnata sul fronte della competizione tra broadcast e broadband. I contenuti televisivi viaggeranno e saranno sempre più appetibili per il grande pubblico in modalità streaming piuttosto che attraverso le frequenze terrestri. Come intendete “distribuire” le vostre risorse nei due settori che, seppure complementari, si rivolgono ad un pubblico e una modalità di consumo diversa e alternativa? Per quanto tempo ancora ritenete che il DVB possa essere una tecnologia “conveniente”?

“L’espressione “fortemente impegnati” non descrive adeguatamente il livello di sperimentazione e innovazione che stiamo esprimendo. Su questo tema ci piace pensare di essere “shaper” dei nuovi modi di fruire la Televisione per l’audience italiana. Sono certo che avrà visto i numeri delle nostre properties digitali e della nostra piattaforma OTT, sviluppata a best practice di mercato e oggi anche integrata al nostro servizio PAY streaming Infinity in logica di piramide di fruizione (free, freemium e PAY).

Queste “nuove modalità” richiedono un significativo ripensamento dei modelli distributivi canonici. La progressiva riduzione dello spettro frequenziale della TV forza la ricerca di nuove piattaforme distributive e spinge verso la convergenza ed ibridazione tra broadcast e broadband.
Il mercato ha ben identificato questo trend adattandosi alla mutazione degli usi e dei consumi dell’utente finale, ad esempio il passaggio dal dato di Audience generico a una share più profilata e qualificata o la ridefinizione della metrica utilizzata dagli investitori pubblicitari che è sempre più Total Audience (ovvero l’insieme delle visioni TV e streaming).

Noi crediamo che il DVB-I sia un’importante opportunità per sviluppare una televisione ibrida, multipiattaforma, multidispositivo ed ubiqua. Siamo in sperimentazione avanzata con la target advertising che è la funzionalità – ancor più se combinata con la convergenza delle piattaforme – che ci permetterà di competere ad armi pari con gli Internet player per la segmentazione e il targeting delle audience.
Per tutto questo le infrastrutture alternative non sono ancora pronte, il Broadcast è ancora assolutamente necessario a prescindere da valutazioni di convenienza”.

Il 5G e la BUL rappresentano la nuova frontiera non solo nella diffusione ma anche nella produzione dei contenuti audiovisivi. In che termini e con quali prospettive state affrontando questo passaggio?

“Per nostra natura noi guardiamo con lo stesso interesse tutte le tecnologie e le piattaforme che ci permettono di raggiungere i nostri telespettatori. Il 5G ha caratteristiche di riduzione di latenza che possono abilitare “use case” molto interessanti per il nostro modello di business e per questo siamo impegnati in partnership di sperimentazione con i TelCo players.
Quindi le prospettive con cui lo stiamo affrontando sono quelle di guardare avanti e immaginarci come funzionerà il nostro mondo tra 5-10 anni per essere pronti a essere first mover nella realizzazione di funzionalità che siano di interesse per i nostri clienti interni e in ultima istanza accrescere e migliorare l’esperienza di fruizione dei nostri contenuti, unico vero mantra delle nostre giornate lavorative”.

L’innovazione tecnologica, di prodotti e di sistemi, richiede risorse importanti proprio in un momento in cui il mercato della pubblicità è in sofferenza a causa del suo progressivo spostamento verso la rete. Come ritenete di far fronte a questo problema?

“La Pubblicità sui nostri asset va molto bene, i colleghi di Publitalia sono dei fuoriclasse in grado di sviluppare relazioni e progetti strategici con i nostri partner investitori. I messaggi pubblicitari in televisione hanno un ritorno di efficacia che non ha pari e i decisori lato industria lo sanno bene. Noi poi ormai offriamo l’intero panorama di mezzi, TV, radio, digital e questo consente effetti sinergici e copertura di segmenti target complementari a 360 gradi. Le faccio un esempio che mi ha riportato un analista marketing in un’azienda di largo consumo. Uno dei loro prodotti ha sviluppato una campagna in partnership con un programma di intrattenimento sulle nostre reti. Il prodotto in questione ha registrato un incremento di vendite di circa il 70%. I Direttori Marketing conoscono bene questi numeri e sanno quale value for money possono ottenere con noi.

Detto questo, noi investiamo in base ai nostri fabbisogni e non ho dovuto rinunciare a nulla che ritenessi necessario o strategico per limitazioni di budget. La domanda di Tecnologia è decisamente in crescita, ma per fortuna i costi hanno trend al ribasso. Inoltre, come è giusto che sia, partecipiamo ai programmi di recupero efficienza che il nostro Amministratore Delegato ha condotto con successo in questi anni e questo ci dà risorse aggiuntive da indirizzare dove riteniamo che ci sia il maggior ritorno di valore. Ma questo è il nostro dovere manageriale a prescindere dalla Top Line, lavoriamo sull’ottimizzazione e sul demand management per dovere verso tutti nostri azionisti: impiego efficiente del capitale, azienda gestita con modelli operativi snelli e sempre allineati alle migliori pratiche di mercato”.

Anche per Mediaset vale quanto abbiamo chiesto a Rai: non possedete una vostra CDN (Content Delivery Network). Ritenete percorribile un progetto che possa interessare tutti gli operatori broadcast nazionali per una CDN condivisa?

“Internamente noi parliamo di CDI, ovvero l’intera infrastruttura digitale ibrida che riutilizza le attuali infrastrutture di distribuzione via etere o satellite e le integra con i nodi di edge della distribuzione Broadband su rete IP per il trasporto in Multicast di contenuti video di qualità nelle case degli Italiani. Con questa accezione in testa, noi crediamo a differenza di altri operatori, almeno a leggere le dichiarazioni e i documenti pubblici, che una soluzione comune sia preferibile.

Il recente impatto della crisi Covid-19 sottolinea ancora una volta i vantaggi della trasmissione diretta che non risente della congestione della rete, nel momento in cui un accesso affidabile alle notizie e alle informazioni è essenziale e indispensabile per tutta la società. Mediaset ritiene che la natura distributiva di questa “CDI” verso l’utenza finale possa consentirne la realizzazione con le seguenti caratteristiche:

  • Unica: questa infrastruttura è un “unicum” che si affianca e integra sinergicamente le reti già presenti per la diffusione della TV (multipurpose), per interconnettere i fornitori di servizio all’utente finale in modo indipendente dalla piattaforma
  • Condivisa: data la sua unicità di infrastruttura ibrida (broadcast/multicast), il dimensionamento di questa infrastruttura è dato in misura determinate dal volume di utenti che ne fruiscono i servizi piuttosto che dal numero di broadcaster o content provider che la alimentano. Da ciò ne consegue che una volta realizzata potrà essere condivisa dalla pluralità di fornitori per distribuire i propri contenuti senza per questo doverne creare una propria
  • Sistemica: il fatto di essere unica e condivisa, intrinsecamente interoperabile, largamente partecipata dagli operatori e di conseguenza dotata di tecnologie standard, fa sì che questa infrastruttura si presti ad assumere la piena valenza di sistema, operata e garantita da un operatore unico, per uno sviluppo armonico e coordinato dei Media.Questa nuova infrastruttura dovrà inoltre adottare soluzioni tecnologiche e di sicurezza atte a garantire all’utente finale l’identità e l’autenticità dell’editore che eroga i contenuti primari, assicurare il mantenimento della protezione all’accesso dei contenuti distribuiti da utilizzi illeciti (overspilling, re- distribution, copia, downloading/uploading, etc.), tutelare la gestione del Diritto d’Autore attraverso l’uso di tecnologie di marchiatura digitale dei contenuti (watermarking) e proteggere la proprietà nativa dei prodotti e contenuti editoriali distribuiti (Copyright infrastructure)Questi elementi sono essenziali per un servizio di qualità garantita che consenta, anche su IP, la scalabilità necessaria grazie a tecniche multicast e assicuri all’utente finale di vivere la medesima esperienza d’uso della TV digitale a prescindere dalla piattaforma (etere o cablata). Anche dove la rete unicast ha una capacità sufficiente per servire un pubblico di massa (ad esempio fibra), il modello multicast/broadcast può portare vantaggi in termini di sicurezza, costi e impatto ambientale”.

A proposito di condivisione, per quanto è dato sapere il percorso verso la creazione di una società per la rete unica sembra essere arenato. Il Governo, per quanto dichiarato dal ministro Vittorio Colao, sembra orientato verso altre modalità di diffusione come, ad esempio, il FWA come tecnologia complementare. Quale è la vostra posizione in proposito?

“Bisogna fare attenzione a non creare confusione. Noi crediamo in un’infrastruttura unica di distribuzione, ma questo non ha nulla a che fare con la discussione sulla società unica della rete. In merito a questo crediamo che l’attuale Governo sia dotato delle competenze e delle professionalità adeguate ad indirizzare questo tema e le sue implicazioni (unicità, tecnologie, regole di accesso e ingaggio) nel migliore dei modi anche in riferimento ai fondi che il piano PNRR potrà allocare a questo capitolo di investimento. È certo che qualsiasi soluzione che preveda un unico operatore, soprattutto se privato, dovrà avere caratteristiche e garanzie di equo accesso e trattamento dei servizi per chi ne farà richiesta”.

Torna costantemente in discussione l’annoso tema del “polo delle torri” e periodicamente sembra essere vicini ad una soluzione. Lo ritenete un processo utile, vantaggioso e percorribile non solo per la vostra Azienda quanto per l’intero sistema delle telecomunicazioni del nostro Paese, oppure, viceversa, oppure il tempo per questa ipotesi è inesorabilmente scaduto?

“La domanda un po’ mi sorprende in quanto Mediaset ha dimostrato nei fatti di credere prima di chiunque altro che questo progetto sia necessario e salutare per il Paese. Abbiamo lanciato un’OPA su un operatore concorrente che è stata bloccata per un problema di governance pubblica. Questo ci ha fatto intraprendere strade alternative di valorizzazione di mercato del nostro asset, a questo punto vedremo cosa ci riserva il futuro. Evidentemente con il duplice ruolo di azionisti e clienti fruitori di un servizio “business critical” guardiamo a questo tema con grande interesse”.

Mediaset da tempo è proiettata verso una dimensione di sviluppo sul piano europeo. Oltre alle note vicende di carattere finanziario, quali ritiene possano essere i problemi di natura tecnologica in termini di opportunità oppure di limitazione verso questo progetto?

“Dal punto di vista tecnologico di problemi ne vedo pochi e di opportunità tantissime. Il management è molto compatto nel condividere la visione del nostro Amministratore Delegato. Evidentemente le Tecnologie sono l’area che meglio può esprimere le sinergie di costo insite in un progetto di questo tipo. Pensate alla possibilità di sviluppare e manutenere un’unica piattaforma OTT, far convergere i sistemi gestionali con benefici infrastrutturali e di condivisione interna delle migliori pratiche operative, la condivisione di infrastrutture produttive come i Media Asset Management e più in generale le infrastrutture cloud che con la trasformazione digitale ormai completata sono un capitolo di spesa in forte crescita.

Un’ulteriore opportunità è data dalla tecnologia IP, sulla quale stiamo facendo importanti investimenti, e che permette la delocalizzazione di attività che prima dovevano essere svolte in situ. Insomma, pur consapevoli della responsabilità manageriale e del carico progettuale che arriverebbe sulle nostre scrivanie, credo che questo progetto sia un’opportunità straordinaria, e sono orgoglioso che sia Mediaset a perseguirlo con tale forza”.

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