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Pir, risparmio e Borsa: il boom è solo l’inizio. Le stime degli analisti

I risultati positivi ottenuti dai Pir sino ad oggi sono sotto gli occhi di tutti e, in base alle stime, potrebbe essere solo l’inizio – Sulla scia delle nuove previsioni del Mef (10 miliardi nel 2017), anche Equita Sim e Intermonte alzano le stime sulla raccolta dei Piani individuali di risparmio, arrivando rispettivamente a 55 e 67 miliardi di euro in cinque anni.

Che i Pir potessero attirare l’attenzione dei piccoli investitori, date le loro caratteristiche tecniche e soprattutto le agevolazioni fiscali di cui godono, era abbastanza prevedibile. Ma il successo ottenuto nel corso di questi primi mesi di raccolta ha superato ampiamente le aspettative di tutti, Governo compreso, consentendo parallelamente alle piccole e medie imprese italiane, destinatarie principali di questa enorme mole di risorse, di trovare un canale di finanziamento alternativo alle banche e di sfruttare l’impennata dei volumi in Borsa. Una performance al di sopra di qualsiasi previsione che ha spinto il Ministero dell’Economia prima e i principali broker italiani poi ad alzare in maniera considerevole le stime relative all’afflusso di capitale verso i Piani Individuali di Risparmio, arrivando fino alla cifra monstre di 67 miliardi di euro in cinque anni.

I Pir sembrano dunque aver conquistato il cuore dei risparmiatori italiani, intenzionati a non lasciarsi scappare un’occasione di investimento con rendimenti migliori dei titoli di Stato e soprattutto benefici fiscali superiori.

PIR: LA STRAORDINARIA PERFORMANCE NEI PRIMI MESI

I Pir hanno fatto il loro debutto sul mercato italiano a gennaio, dopo l’ok alla legge di Bilancio 2017 che li ha inseriti nel nostro ordinamento, e da allora hanno iniziato una vera e propria cavalcata raggiungendo in pochi mesi cifre da capogiro. A fornire i numeri precisi è Assogestioni,secondo cui dal mese di gennaio alla fine di marzo i piani individuali di risparmio hanno incassato 1,1 miliardi, mentre il patrimonio si è attestato a 1,9 miliardi.  A Questi dati devono ovviamente essere aggiunti anche aprile e a gran parte del mese maggio, per i quali al momento non sono disponibili i risultati complessivi, nonostante le indicazioni degli operatori siano ampiamente positive. Eurizon per esempio, la sgr del gruppo Intesa Sanpaolo, grazie ai Pir, è riuscita a raccogliere 800 milioni di euro.

Da sottolineare che, settimana dopo settimana, il mercato si è ampliato con un numero considerevole di prodotti: oggi a disposizione degli investitori ci sono circa 35 fondi, a fine marzo ce n’erano 15, di cui 9 creati ad hoc e 6 pre-esistenti ma adeguati alla nuova normativa.

Scendendo nei dettagli delle performance dei singoli gruppi si scopre che a farla da padrone nei primi tre mesi del 2017 è stata Société Générale che ha registrato flussi per 388 milioni di euro, seguita da Mediolanum (296 milioni) e Intesa (222,3 milioni). Buoni anche i risultati di Pioneer (80,1 milioni) e Arca (80 milioni).

PIR: LE NUOVE STIME DEL MEF

In virtù del successo ottenuto, il Ministero dell’Economia ha deciso di rivedere le stime sulla raccolta dei Pir nell’anno in corso, arrivando addirittura a prevedere un afflusso pari a 10 miliardi di euro. Per capire la portata dell’incremento basti pensare che inizialmente si prevedevano sì 16-18 miliardi di raccolta, ma nell’arco di cinque anni.

PIR: LE STIME DI EQUITA SIM

Sulla scia del MEF, anche Equita Sim ha alzato le stime sulla raccolta dei Pir per il 2017, portandole da 1,6 a 10 miliardi di euro. Non solo. Da qui al 2019 si potrebbe arrivare a 35 miliardi per poi toccare quota 55 miliardi entro il 2021.

Scendendo nel dettaglio, secondo Equita, gli investimenti nei confronti di azioni che non fanno parte del paniere Ftse Mib ammonteranno al 4,2% del loro flottante medio nel 2017, al 5,4% nel 2018, per poi raggiungere addirittura il 23,1% nell’arco dei 5 anni.

PIR: LE STIME DI INTERMONTE

Ancora più ottimista sul presente e sul futuro dei Pir è Intermonte secondo cui i Piani Individuali di Risparmio riusciranno a raccogliere, nell’arco dei cinque anni necessari per ottenere le agevolazioni fiscali previste dalla legge (niente tasse sugli utili, lo ricordiamo), cifre da capogiro: 9,8 miliardi nel 2017, 11,5 nel 2018, 12,4 nel 2019, 14,4 nel 2020 19,3 nel 2021. Sommando i dati relativi al quinquennio si arriva addirittura a 67,6 miliardi di euro.

PIR: GLI EFFETTI SULLE IMPRESE QUOTATE IN BORSA

Il boom che i Pir hanno registrato, e secondo le stime continueranno a registrare anche nei prossimi anni, ha avuto un effetto prepotente anche sulle imprese in cui questi fondi investono e sulla Borsa, dove da gennaio ad aprile dell’anno in corso i volumi sono cresciuti in maniera esponenziale.

In base a quanto previsto dalla disciplina, almeno il 70% del valore complessivo dei Pir deve essere investito in strumenti finanziari di imprese residenti in Italia o in Stati membri dell’UE o in Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo aventi attività stabile in Italia. Di questo 70 per cento, almeno il 30% deve essere investito in strumenti finanziari emessi da imprese non quotate sul FtseMib allo scopo di veicolare il risparmio verso le piccole e medie aziende.

Queste regole hanno avuto un effetto tangibile sulla Borsa: in soli quattro mesi i volumi sulle small cap e sul segmento Star sono raddoppiati, mentre quelli sull’Aim Italia sono cresciuti di quasi quattro volte. Parlando dei prezzi, i titoli delle società a piccola e media capitalizzazione, nello stesso periodo di riferimento, hanno avuto una performance superiore del 23% rispetto a quelli del FtseMib e del 10,5% rispetto a quelle dell’EuroStoxx Mid. Prestazioni che anche in questo caso hanno ampiamente superato le aspettative degli analisti.

I risultati positivi ottenuti dai Pir sino ad oggi sono dunque sotto gli occhi di tutti e, in base alle stime, potrebbe essere solo l’inizio.

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