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Pil italiano in frenata nel 2023: l’Upb taglia le stime allo 0,9%. E c’è lo spettro dello stop al gas russo

L’Ufficio parlamentare di bilancio migliora le stime sul 2022 dal 2,9 al 3,1%, ma taglia di 1,2 punti quelle sul 2023 – Gli investimenti del Pnrr valgono l’1,5% del Pil in due anni

Pil italiano in frenata nel 2023: l’Upb taglia le stime allo 0,9%. E c’è lo spettro dello stop al gas russo

L’economia italiana è destinata a una brusca frenata nel 2023. Lo sostiene l’Ufficio parlamentare di bilancio, che nel suo ultimo Rapporto sulla congiuntura ha rivisto le stime sull’andamento del Pil nel biennio in corso. Se le previsioni sul 2022 migliorano leggermente – passando al 3,1%, dal 2,9 elaborato lo scorso aprile, soprattutto per l’apporto atteso dalla domanda interna, che dovrebbe beneficiare di una politica di bilancio ancora espansiva – quelle relative al 2023 subiscono un taglio di 1,2 punti percentuali rispetto alle stime di primavera, crollando allo 0,9%. La revisione in negativo, spiega l’Upb, è dovuta in primo luogo al protrarsi del conflitto in Ucraina, che si sta rilevando molto più lungo di quanto previsto inizialmente e porterà con sé un ulteriore deterioramento della domanda estera e una maggiore persistenza dell’inflazione.

Pil 2022-23: l’1,5% dipende dagli investimenti del PNRR

Nei calcoli delle proiezioni è considerata la piena attuazione degli investimenti previsti dal PNRR, che, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio, dovrebbero sostenere il Pil per oltre 1,5 punti percentuali nel 2022-23. Se quindi l’Italia abbandonasse il percorso tracciato d’accordo con l’Europa, le sue prospettive economiche cambierebbero drasticamente.

Nello scenario di base considerato dall’Upb, la componente delle costruzioni (vista in crescita del 7,0% nella media del biennio) si dovrebbe confermare il traino più importante alla spesa per investimenti. Quanto ai consumi, sono attesi in aumento del 2% quest’anno, mentre nel 2023 dovrebbero rallentare (+0,8%) per l’indebolimento dei redditi da lavoro.

Cosa si rischierebbe con lo stop al gas dalla Russia

In questa cornice, il principale rischio al ribasso è rappresentato dall’evoluzione della guerra in Ucraina, dalla sua durata e dall’impatto che potrebbe avere sui prezzi e sulla disponibilità delle materie prime, in particolare energetiche e agricole. Le previsioni dell’Upb, infatti, non tengono conto di una possibile interruzione delle forniture di gas dalla Russia. Se questo scenario si concretizzasse, le conseguenze per l’economia italiana sarebbero molto pesanti, sia sulla crescita sia sull’inflazione.

In particolare, secondo recenti analisi istituzionali italiane ed estere, la chiusura completa del rubinetto di Mosca potrebbe comportare per il nostro Paese una riduzione della crescita compresa tra 0,7 e 2,8 punti percentuali nel 2022 e tra 1,5 e 3,8 punti l’anno prossimo. L’impatto sull’inflazione è quantificato invece fra 1,3 e 1,5 punti percentuali per quest’anno e tra 2,0 e 6,3 punti per il 2023.

“Occorre peraltro considerare che l’ordine di grandezza degli effetti di una riduzione delle forniture di gas deriva da una molteplicità di fattori e condizioni di varia natura e difficilmente prevedibili – precisa l’Upb – A seconda di tali condizioni, alcune delle quali di natura istituzionale e regolamentare, gli effetti di un tale shock potrebbero variare in misura significativa”.

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