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Pensioni, la Consulta: ok alla mini-rivalutazione

La Corte ha bocciato i ricorsi che accusavano di incostituzionalità il decreto con cui il governo Renzi ha restituito in parte ai pensionati i soldi persi con lo stop alla perequazione voluto dal governo Monti. La nuova disciplina realizza “un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica”

È legittimo il rimborso una tantum deciso dal governo Renzi per restituire ai pensionati parte dei soldi persi con il blocco delle rivalutazioni voluto dal governo Monti. Lo ha deciso la Corte costituzionale, respingendo i ricorsi che accusavano di incostituzionalità il decreto legge del 2015 sulla perequazione delle pensioni.

Si tratta del provvedimento con cui l’allora governo Renzi ha stanziato un rimborso parziale per dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015. Quest’ultima, a sua volta, aveva dichiarato illegittime le disposizioni con cui il governo Monti aveva sospeso la rivalutazione all’inflazione nel biennio 2012-2013 dei trattamenti d’importo mensile superiore a tre volte al minimo Inps (1.442 euro lordi).

La Consulta ritiene che, diversamente dalle disposizioni del ‘Salva Italia’ annullate nel 2015, “la nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto-legge n. 65 del 2015 realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica”.

Resta dunque in vigore il regime attuale che prevede un nuovo meccanismo di perequazione riferito al biennio 2012-2013 che ha stabilito l’adeguaemnto al 100% dell’inflazione per gli assegni fino a 3 volte il minimo; del 40% tra 3 e 4; del 20% tra 4 e 5; del 10% tra 5 e 6; nullo per importi oltre sei volte il minimo. La conseguenza, del nuovo meccanismo di rivalutazione adottato, è stata una spesa per lo Stato di 2,8 miliardi di euro contro i 24 che si stima avrebbe dovuto spendere se invece si fosse dovuti tornare al sistema di perequazione precedente al governo Monti.

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