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Patto di Stabilità: l’Italia punta a un altro anno di stop, ma la Spagna tenta una mediazione

La Spagna, presidente di turno, spinge per una mediazione tra l’attendismo italiano e l’intransigenza tedesca, ma la strada sembra essere in salita

Patto di Stabilità: l’Italia punta a un altro anno di stop, ma la Spagna tenta una mediazione

In Europa, quando il gioco si fa duro, si sente dire sempre la stessa frase. Un po’ come se fosse un mantra, un po’ per far capire agli altri l’urgenza della situazione: “Whatever it takes”, una frase che dal 2012, da quando Mario Draghi la pronunciò per la prima volta, è diventata il simbolo delle numerose lotte che la Ue è chiamata ad affrontare. “Whatever it takes”. Lo ha detto la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione parlando della grande sfida sulla competitività che il continente deve affrontare per sopravvivere (e che non a caso è stata affidata proprio a Draghi). Lo ha ripetuto nei mesi scorsi la presidente della Bce Christine Lagarde riferendosi alla lotta contro l’inflazione. E lo ha affermato pochi giorni fa anche la vicepremier spagnola Nadia Calviño, che come ministra delle finanze in carica presiede l’Ecofin che si apre oggi a Santiago de Compostela. Stavolta il contesto è diverso, ma altrettanto urgente: bisogna fare tutto ciò che è necessario per trovare un accordo sul Patto di Stabilità, vale a dire del documento che stabilisce le regole alla base della gestione dei conti pubblici da parte dei Paesi Ue. Occorre fare in fretta, perché il 1° gennaio 2024 il patto ritornerà in vigore con le vecchie regole previste prima della pandemia e potrebbero essere dolori per tutti. Serve dunque una mediazione: sedersi ad un tavolo e trovare un punto di incontro tra l’intransigenza tedesca e l’attendismo italiano. Partendo però da un principio importante: non si potrà sospendere ulteriormente il patto, checché ne dica Palazzo Chigi. 

La proposta della Commissione Ue

Lo scorso aprile, la Commissione Ue ha presentato una proposta di riforma del Patto di Stabilità e Crescita volta a superare le vecchie regole, stabilendo norme più flessibili volte, da un lato, a favorire la riduzione del debito, dall’altro ad evitare che il percorso di rientro che tutti gli Stati devono seguire pesi sulla crescita e sugli investimenti. Il documento mantiene invariati rispetto al vecchio Patto di Stabilità i parametri di Maastricht relativi al deficit al 3% e al debito pubblico al 60% del Pil, così come la regola secondo la quale i Paesi che superano il 3% di deficit dovranno effettuare un aggiustamento di bilancio minimo dello 0,5% del Pil all’anno finché non raggiungeranno l’obiettivo. Per gli Stati di più indebitati, la Commissione Ue pubblicherà un piano di aggiustamento. Gli Stati con disavanzo oltre il 3% del Pil o debito oltre il 60% del Pil, dovranno garantire che il debito abbia un calo plausibile o resti prudente e che il deficit scenda o resti al di sotto del 3% nel medio termine. Scompariranno, secondo quanto previsto dalla commissione, i parametri relativi al taglio di un ventesimo l’anno della parte eccedente il 60% del debito/pil, quello per la riduzione del saldo strutturale, la procedura per scostamento significativo e la matrice dei requisiti di aggiustamento di bilancio. 

Allo scopo di premiare la cosiddetta “titolarità nazionale”, si lascia inoltre ai singoli Stati Membri il compito di definire gli obiettivi di medio termine (4 anni) su investimenti, riforme, obiettivi macroeconomici e sul modo in cui intendono affrontare gli squilibri, indicando solo un indicatore di spesa. I piani, estendibili di 3 anni, saranno valutati dalla Commissione Ue e approvati dal Consiglio.  

L’Italia, la Germania e la mediazione spagnola

La posizione italiana è chiara da mesi: tentare un ennesimo braccio di ferro con la Ue per provare disperatamente a ritardare il ritorno del Patto di Stabilità, ottenendo una proroga di un anno della clausola di salvaguardia entrata in vigore nel marzo del 2020. Se così non fosse l’obiettivo è almeno quello di convincere gli alleati a scorporare gli investimenti strategici dal computo delle spese contemplate. La Germania, da parte sua, spinge sulla richiesta di un taglio annuo al debito dei Paesi più indebitati, con aggiustamenti che potrebbero azzoppare molti degli Stati più “deboli”, Italia in primis.

Posizioni diametralmente opposte e difficilmente compatibili. Ed è qui che entra in gioco la Spagna, che detiene la presidenza di turno, e che vuole “whatever it takes” portare a casa un accordo entro la fine dell’anno, con una prima proposta da mettere sul tavolo già a inizio ottobre. Il cammino della riforma del Patto di Stabilità andrà infatti oltre Santiago. La ministra dell’Economia e vicepremier spagnola Nadia Calvino, ha spiegato una fonte Ue, farà “il punto sullo stato attuale della situazione in materia di regole di bilancio”, con l’obiettivo di “presentare una prima proposta di accordo, se possibile, nel prossimo Ecofin di ottobre“, che si riunirà a Lussemburgo.

Il compromesso spagnolo prevede che ogni Paese si impegni a fare riforme e investimenti in virtù dei quali “guadagnerà” più tempo per ridurre il debito pubblico. Nella proposta della commissione si parla di 4-7, nella versione spagnola i tempi si allungano ulteriormente. La proposta spagnola ha già ottenuto il sostegno dei Paesi Bassi e potrebbe presto incassare il sì della Francia. 

E l’Italia? Al momento non si esprime, ma di certo non potrà mantenere a lungo una posizione oltranzista, che coinvolge direttamente anche il Mes, e che anziché portare risultati tangibili rischia solo di irritare gli altri Stati Membri che da mesi attendono un segno dal nostro Paese. Alzare la voce, a volte, porta a risultati opposti rispetto a quelli sperati.

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