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Panama Papers mette nei guai i vip e scuote i mercati

Test di Borsa sullo scandalo dei paradisi fiscali – A Piazza Affari occhi puntati su Mediaset e sulle banche alle prese con fusioni e aumenti di capitale – Attesa fiduciosa per il Btp Italia – Il dollaro sostiene Wall Street

Panama Papers mette nei guai i vip e scuote i mercati

Partenza positiva dei listini asiatici sull’onda dei dati positivi arrivati venerdì dagli Usa. Sale Tokyo (+0,2%), nonostante un nuovo rafforzamento dello yen. Bene anche Corea e Australia. Chiusi i mercati cinesi ed Hong Kong per la festività di Ching Ming.

L’occupazione Usa cresce a ritmi sostenuti. Anche gli altri dati macro confermano che la locomotiva americana, senza strappi, prende velocità. Ma i mercati non temono che la ripresa si traducano in un’immediata ascesa dei tassi. Anzi, secondo il panel di Bloomberg, i livelli dei Fed fund e degli altri indicatori suggeriscono che l Fed non si muoverà nemmeno a giugno. La riunione della banca centrale Usa, fissata per il 14-15 giugno, precederà di una settimana il referendum britannico sul Brexit, cui gli Usa guardano con grande preoccupazione. A sostenere questa previsione contribuisce la debolezza del dollaro accompagnata dalla fragilità delle altre aree dell’economia globale.

PUTIN, MESSI E PLATINI DELLA RETE DI WIKILEAKS

Al centro dell’attenzione mondiale c’è oggi il Panama Papers, ovvero lo scoop pubblicato domenica dalla Suddeutsche Zeitung in collaborazione con altri 100 giornali di tutto il mondo grazie a Wikileaks e all’International Consortium of Investigative Journalists: 11 milioni di documenti, ottenuti da un informatore segreto dello studio legale Mossack Fonseca, con sede a Panama, che ha gestito e gestisce le fortune offshore dei grandi del mondo. Tra i vip coinvolti numerosi politici come Vladimir Putin o David Cameron o sportivi come Leo Messi o Michel Platini. Gli italiani? Secondo l’Espresso (la testata aderente al pool) sono circa 800. Tra questi spunta il nome di Luca di Montezemolo assieme a quelli di Unicredit e Ubi. L’Australia ha già annunciato stamane di aver iniziato le verifiche fiscali su 800 contribuenti illustri presenti nei documenti.

PETROLIO, CINA E I VERBALI DI FED E BCE

L’agenda della settimana prevede la pubblicazione , mercoledì, dei verbali dell’ultima riunione della Fed. Giovedì, intanto, si terrà un incontro inedito: alla International House di New York, parleranno i quattro ultimi presidenti della Fed: Pil Volcker, Alan Greenspan, Ben Bernanke e, naturalmente, Janet Yellen.

Sale l’attesa per il vertice di Doha del 17 aprile che dovrebbe sancire l’accordo tra i produttori di petrolio, Opec e non Opec, per fissare il tetto di produzione ai livelli attuali. Ma la strada è in salita: la Russia, in particolare, a marzo ha segnato il massimo della produzione a 10,91 milioni di barili, record dal 1987. Venerdì il principe saudita Meohammed bin Salman ha ammonito che l’accordo si farà solo se tutti, Iran compreso, vi aderiranno.

Giovedì usciranno anche i verbali dello storico direttorio della Bce di marzo, l’occasione per valutare l’atteggiamento tenuto dai falchi, compreso il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, che in quell’occasione non ha votato.

Tra i dati più attesi figurano quelli in arrivo da Pechino: bilancia commerciale, credito bancario e riserve di valuta estera, da mesi in forte flessione a fronte delle manovre a difesa del tasso di cambio dello yuan.

Venerdì il governo italiano potrebbe varare il nuovo documento di economia e finanza con la revisione al ribasso delle stime di crescita e l’aumento del deficit: probabile la richiesta di nuova flessibilità all’Unione europea.

ATTESA POSITIVA PER IL BTP A PROVA DI DEFLAZIONE

Da oggi aumenta il volume di fuoco della Bce. L’istituto di Francoforte comprerà ad aprile 80 miliardi di titoli (contro i 60 finora previsto dal Qe). Solo a maggio il bazooka di Mario Draghi verrà esteso alle obbligazioni societarie. Di qui la previsione di una pressione crescente sui prezzi dei titoli governativi.

La cornice sembra fatta posta per garantire il successo della edizione numero uno del Btp Italia, al via da stamane fino a mercoledì 6 per il pubblico retail. Giovedì gli acquisti saranno riservato agli operatori istituzionali.

Venerdì scorso il Tesoro ha annunciato che il tasso annuo reale minimo garantito (cedola) sul Btp Italia 2016 con scadenza 2024, è dello 0,4%. La richiesta, secondo le previsioni, dovrebbe essere elevata vista la garanzia minima della cedola e la protezione del capitale dal rischio deflazione (l’interesse minimo è previsto anche in caso di inflazione sotto zero). Inoltre, a sostenere la domanda contribuisce il fatto che la settimana scorsa sono state pagate le cedole previste dal primo Btp Italia del 2012: 7,3 miliardi di euro che potrebbero essere reinvestiti nel nuovo titolo.

Nel 2016 scadranno altre due emissioni di Btp Italia: in tutto si tratta di 27 miliardi sui 103 finora raccolti con questa formula, per la metà circa dal retail.

SOTTO I RIFLETTORI L’ASSE MEDIASET-VIVENDI

L’asse tra Mediaset e Vivendi nascerà ufficialmente mercoledì. La controllata Fininvest acquisirà il 3,5% della società francese (valore di mercato attorno ai 900 milioni) che, a sua volta, acquisirà il 3,5% del gruppo italiano (150 milioni circa). La differenza sarà colmata dalla cessione di Mediaset Premium (“non abbiamo alcuna intenzione di uscire dalla pay tv”, aveva assicurato nell’assemblea di bilancio del 22 marzo il cfo Marco Giordani). Vivendi rileverà anche l’11% in mano a Telefonica. L’accordo non si fermerà all’aspetto finanziario ma investirà anche l’aspetto produttivo e la creazione di piattaforme digitali con l’obiettivo di contrastare l’avanzata di Netflix.

KEPLER TORNA A SCOMMETTERE SU TELECOM ITALIA

Riflettori accesi oggi anche su Telecom Italia, in prospettiva coinvolta nell’operazione tra i due players dopo la nomina come ad di Flavio Cattaneo, già amministratore Rai nell’era Berlusconi. Il titolo riparte dopo aver perduto in quattro sedute il 9,6%. Ha pesato il venire meno delle attese speculative su possibili modifiche nell’azionariato, dopo che Vivendi ha raggiunto il 24,9% del capitale, ma anche il fallimento delle trattative tra Orange e Bouygues Telecom, possibile primo tassello del risiko delle tlc europee.

Intanto c’è chi considera la discesa del titolo Telecom Italia un’ottima opportunità di acquisto. Kepler Cheuvreux ha diffuso una nota ai clienti ribadendo la raccomandazione Buy e il target price a 1,1 euro. Secondo il broker francesela nomina del nuovo amministratore delegato Flavio Cattaneo potrà avere effetti positivi sulla quotazione, perché porterà a un’accelerazione nel taglio dei costi. Inoltre, sotto la guida di Cattaneo, Telecom Italia potrebbe decidere di uscire dal Brasile con un piano in due mosse: prima la fusione fra la controllata Tim Brazil e Oi, poi la vendita a Vimpelcom della partecipazione nella società che risulterà dalla fusione.

BANCHE, SEI HANNO PERDUTO PIU’ DEL 10% IN 5 GIORNI

Le banche restano in cima all’agenda e alle preoccupazioni di Piazza Affari. In settimana il settore peggiore in Europa è stato quello del credito (Stoxx europeo -4,8%), soprattutto per responsabilità degli istituti italiani. Nel corso della scorsa settimana i titoli del comparto sono stati infatti al fondo della classifica: Banco Popolare -21%, MontePaschi -16%, Banca Pop.Milano -15%, Ubi -14,5%, Unicredit -13,3%, Banca Pop.Emilia -10,6%.

UBI, LA MAGGIORANZA SPETTA AI FONDI

All’assemblea Ubi di sabato scorso, la prima dalla trasformazione in spa, la lista presentata dai fondi di investimento ha ottenuto la maggioranza con il 51,11% dei voti contro il 48,45% della lista presentata dai soci storici della vecchia popolare. I vertici sono stati confermati (Assogestioni ha proposto solo tre nomi per il cda) ma gli investitori istituzionali hanno chiesto un “segnale di discontinuità” all’insegna del mercato. In tema di M&A, ha detto l’ad Victor Massiah, non ci sono oggi dossier aperti. “Una fusione non è di per sé una buona operazione”, ha detto, aggiungendo che “le operazioni di successo sono relativamente rare”.

AUMENTI: OGGI PRIMO TEST PER BANCO POPOLARE

Sotto i riflettori anche il Banco Popolare. Il Cda ha approvato l’aumento di capitale da un miliardo di euro previsto nell’accordo di fusione con Bpm che intende lanciare, condizioni di mercato permettendo, entro fine giugno. L’operazione sarà sottoposta all’assemblea straordinaria del prossimo 7 maggio.

Conto alla rovescia per l’aumento di capitale da un miliardo della Popolare di Vicenza che, salvo rinvio, partirà il prossimo 18 aprile. Pesantemente coinvolta Unicredit (-13,3% in settimana). Il contratto di garanzia, infatti, siglato circa 6 mesi fa, prevede che Unicredit sia unico garante dell’operazione. Ipotizzando che Unicredit rimanga con una quota inoptata del 20% e su questa quota debba registrare una perdita del 50% – equivalente a una valutazione di Banca Popolare di Vicenza pari a 0,18 volte il Tangible Equity – l’impatto per Unicredit non sarebbe superiore a 130/140 milioni di euro (tenendo conto anche delle commissioni generate dalla garanzia fornita a Banca Popolare di Vicenza). 

IL DOLLARO DEBOLE SOSTIENE WALL STREET. MILANO LA BORSA PEGGIORE

I listini di Wall Street hanno completato il recupero delle perdite accusate nei primi due mesi del 2016. L’indice S&P 500 segnala un modesto rialzo (+0,8% rispetto all’inizio di gennaio). L’attenzione degli operatori è già rivolta ai conti della corporate America dei primi tre mesi: i primi board (al solito Alcoa aprirà la sfilata) è prevista per la prossima settimana.

La ripresa del mercato Usa è legata anche alla frenata del dollaro che ha perso in settimana l’1,8% nei confronti dell’euro. Nonostante le rassicurazioni ufficiali continua il gioco delle banche centrali a indebolire le proprie valute per incoraggiare l’export dei propri Paesi. La Bce e la Bank of Japan proseguono a stampare moneta e la Fed, che a dicembre aveva annunciato che nel 2016 avrebbe realizzato quattro rialzi dei tassi, adesso dice che ne farà al massimo due, o forse una sola. 

L’indice complessivo delle Borse europee Stoxx 600 ha perso in settimana lo 0,6%, la perdita da inizio anno è del 9%. A Piazza Affari, da inizio 2016 la perdita è del 17%, la più pesante tra i mercati dell’area Ocse.

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