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Ops Intesa-Ubi e Cattolica spa: i giorni della verità

La Consob proroga d’ufficio fino a giovedì 30 luglio l’Ops di Intesa su Ubi Banca. I soci Car aderiscono all’offerta di Intesa mentre oggi cala il sipario sulle votazioni per la trasformazione di Cattolica Assicurazioni in Spa, il cui esito si saprà nell’assemblea di sabato mattina – Ecco cosa può cambiare

Ops Intesa-Ubi e Cattolica spa: i giorni della verità

Nella piccola rivoluzione di luglio della finanza italiana, l’ultima settimana del mese resterà negli archivi per la concomitanza tra due eventi che, in un modo o nell’altro, sono destinati a lasciare il segno. Nella giornata di oggi si doveva chiudere l’offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata all’inizio dell’anno da Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, che è stata invece prorogata in extremis dalla Consob fino a giovedì 30 per garantire la piena correttezza dell’operazione e permettere ai piccoli azionisti di Ubi di decidere con maggior cognizione di causa dopo le correzioni informative imposte alla stessa Ubi. Al tracollo di lunedì (8,8%), è seguito il recupero dell’8,5% dopo l’intervento Consob. E oggi si chiudono le votazioni dei soci di Cattolica Assicurazioni sulla trasformazione o meno della società a base cooperativa in società per azioni.

Il primo verdetto sarà immediato e i risultati provvisori dell’Ops di Intesa Sanpaolo si conosceranno entro le 7.59 del 31 luglio (entro il 4 agosto quelli definitivi con pagamento della consegna delle azioni Ubi all’Ops di Intesa il 5 agosto). Per l’assetto societario di Cattolica bisognerà invece aspettare l’assemblea della compagnia veronese di sabato mattina che culminerà con l’apertura delle buste dei votanti, il conteggio dei pronunciamenti dei soci e la comunicazione del risultato finale delle votazioni sulla Spa.

In un senso o nell’altro siamo di fronte a una settimana cruciale per la nostra finanza con due eventi che sono destinati a cambiare in modo rilevante l’assetto del settore bancario e di quello assicurativo italiano e ad avviare una nuova stagione di aggregazioni, come da tempo raccomandano le autorità di vigilanza sia nazionali che europee.

OPS UBI-INTESA: TRE ESITI POSSIBILI

L’Ops di Intesa Sanpaolo, con la quale il gruppo di Carlo Messina punta a diventare uno dei maggiori protagonisti del sistema bancario europeo, senza dimenticare ma anzi rafforzando il proprio radicamento in Italia, ha davanti a sé tre vie:

  • fallisce se non raccoglie almeno il 50% delle azioni più una;
  • va in porto ma resta un po’ a metà del guado se non supera il 67%;
  • trionfa e può realizzare senza complicazioni la fusione vera e propria tra Intesa e Ubi Banca se raccoglie una maggioranza qualificata di adesioni che superino i due terzi.

La caduta del titolo di Ubi in Borsa, che lunedì ha perso l’8,82% prima della proroga Consob, avverte che gli arbitraggi sono finiti e avvalora l’aria di fiducia che si respira nel quartier generale di Intesa Sanpaolo, dove si valuta con attenzione l’ultimo report di Equita secondo cui, in base alle adesioni finora raccolte e che lunedì si aggiravano sul 43,5% e considerando che nelle Ops come nelle Opa sia gli investitori istituzionali che i retailer sono soliti decidere al fotofinish, è ragionevole attendersi un risultato attorno al 70% dei consensi, che sancirebbe la piena riuscita dell’operazione. L’annuncio delle ultime ore dell’adesione all’Ops degli azionisti Ubi del Car è un’ulteriore salto di qualità.

L’Ops di Intesa è un’operazione impegnativa, che influenza sia la sorte del gruppo guidato da Carlo Messina che della stessa Ubi, ma va anche oltre le mura dei due istituti ed è destinata a scatenare un effetto domino nel risiko bancario. Se andrà in porto, finirà per spronare il secondo gruppo italiano (Unicredit) a rompere gli indugi e a decidere se imboccare un sentiero di alleanze tutto internazionale o se tornare sui suoi passi aprendo un dossier nazionale. Spingerà inoltre al consolidamento gli altri primattori italiani con in testa Banco Bpm e Bper, senza perdere di vista il Monte dei Paschi, da cui l’azionista Tesoro dovrà uscire.

4 SFIDE PER CATTOLICA

Emblematica è anche la partita di Cattolica, che in qualche modo si intreccia all’Ops di Intesa Sanpaolo, a cui ha conferito l’1% del capitale che aveva in portafoglio, e che nella trasformazione in Spa riassume quattro sfide.

  1. La prima è quella di trovare sul mercato le risorse per rafforzarsi patrimonialmente e rispondere alle sollecitazioni in tal senso lanciate dall’Ivass, che ha indicato in 500 milioni l’ammontare necessario a mettere in sicurezza la compagnia veneta.
  2. La seconda è l’apertura di nuovi scenari nel mercato assicurativo italiano con l’ingresso in forze di Generali nel capitale di Cattolica, alla quale fornirà mezzi finanziari per la ricapitalizzazione ma anche competenze e prodotti, nel rispetto dell’autonomia dei veronesi, per competere con maggior forza.
  3. La terza è la fine dello scontro tra il presidente di Cattolica Paolo Bedoni e l’ex ad Alberto Minali, che aveva avviato il rinnovamento e attirato investitori di grande allure come Warren Buffett, ma si è scontrato con i feudatari locali e ha pagato con il suo lacerante defenestramento.
  4. L’ultima sfida di Cattolica, che si lega alle precedenti ed è la più significativa, riguarda l’ineluttabilità della trasformazione in Spa e l’insostenibilità del regime cooperativistico quando una società cresce e sceglie liberamente di rivolgersi al mercato dei capitali e di quotarsi in Borsa.

Non si capisce perché un investitore che decide – coma ha fatto Buffett – di investire fior di capitali in una società quotata dovrebbe poi accettare il voto capitario e la logica perversa dell’uno vale uno. E infatti la ricapitalizzazione, che ha reso inevitabile la trasformazione in Spa, ha fatto cadere illusioni ed equivoci e chiarito come meglio non si sarebbe potuto che senza la Spa e senza l’apertura al mercato, i soci cooperatori non avrebbero mai trovato i 500 milioni per salvare Cattolica e si sarebbero dovuti rassegnare al commissariamento o alla colonizzazione, o ancora allo spezzatino.

Ecco perché la nascita della spa e l’arrivo di Generali si configurano come la soluzione più ragionevole per Cattolica ed è curioso che due grandi partner della finanza italiana come Intesa e Generali, che negli anni scorsi hanno rischiato di incrociare le armi, si trovino oggi al centro delle due maggiori operazioni di crescita e di riassetto post lockdown della finanza italiana.

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