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Onofri (Prometeia): “Aumentare Iva e ridurre Irpef e Irap? Buona idea, ma…”

INTERVISTA A PAOLO ONOFRI, docente di Politica Economica all’Università di Bologna e vicepresidente di Prometeia, che interviene sulla proposta di svalutazione fiscale lanciata su FIRSTonline da Innocenzo Cipolletta e ripresa da Filippo Cavazzuti – “E’ una buona scelta ma ha limiti” di percezione sul piano sociale e non esclude interventi sulla produttività

Onofri (Prometeia): “Aumentare Iva e ridurre Irpef e Irap? Buona idea, ma…”

Aumentare l’Iva per combattere la deflazione e ridurre Irpef e Irap è un’ottima idea sulla carta, ma presenta qualche limite. Non ultimo un problema politico difficile da superare. Paolo Onofri, professore di Politica Economica all’Università di Bologan e vicepresidente di Prometeia, interpellato da FIRSTonline, torna sulla proposta lanciata su questo sito da Innocenzo Cipolletta (leggi intervista del 21 settembre)  e poi ripresa da Filippo Cavazzuti (leggi intervento del 22 settembre)  

FIRSTonline – Professor Onofri. che cosa pensa della sollecitazione europea ad aumentare l’Iva, per ridurre il cuneo fiscale?

Onofri – In linea di principio, in astratto, è una buona scelta. È quella che si chiama una riallocazione delle imposte. In Italia l’aliquota Iva al 22% è già al massimo, quindi si tratterebbe di agire sul 4% e sul 10% e con il ricavato incidere sui contributi sociali, sulla tassazione del costo del lavoro. È una manovra proposta già da Delors all’inizio degli anni ’90, anche chiamata deprezzamento fiscale, perché, riducendo gli oneri sociali, in teoria si incide all’origine sul costo delle merci, favorendo una riduzione dei prezzi e una crescita delle esportazioni. L’Iva sulle merci importate contribuirebbe invece a ridurre l’import, migliorando la bilancia commerciale. È un effetto simile a quello che si ottiene deprezzando la moneta.

FIRSTonline – Potrebbe contribuire anche a innalzare l’inflazione…

Onofri – Questo non è del tutto vero, perché è un effetto contabile, valido al massimo un anno. L’ultimo aumento dell’Iva è piuttosto recente, direi che risale all’ottobre 2013, ma non abbiamo visto una crescita dell’inflazione. Perché si metta in moto un meccanismo positivo ci vuole uno stimolo alla domanda in generale. Quella di cui stiamo parlando è una manovra classica, da libri di testo, per questo la Commissione Europea la suggerisce a tutti i Paesi. Se tutti la adottassero, però gli effetti positivi sul rapporto import-export si avrebbero solo nei confronti dei paesi extra UEM, cioè fuori dalla moneta unica. Inoltre l’aumento dei prezzi interno si avrebbe solo se la domanda restasse alta, mentre una semplice riduzione del costo del lavoro non agirebbe in questo senso.

FIRSTonline – Si potrebbero allora utilizzare le risorse ricavate da un innalzamento dell’Iva, dal 4% al 10% e dal 10% al 22%, per ridurre l’Irpef dei meno abbienti e l’Irap?

Onofri – Si, anche questo potrebbe essere interessante. I beni con le aliquote minori però sono quelli dove pesa di più la quota di consumo dei bassi redditi.  La riduzione dell’Irpef, loro destinata,  dovrebbe compensare la riduzione del potere di acquisto, ma dal punto di vista sociale, quello che balzerebbe agli occhi, è il fatto che a pagare sarebbero soprattutto i meno ricchi e non credo che il Governo voglia aprire anche questo fronte.

FIRSTonline – Ci sono alternative per ottenere lo stesso risultato?

Onofri – Per ridurre il peso fiscale bisognerebbe utilizzare di volta in volta i vari risparmi di spesa. Per quanto riguarda la riduzione del costo del lavoro, una patrimoniale di fatto c’è già, quindi non si può attingere a questa voce per trovare le risorse e metterne un’altra. Se fossimo lungimiranti dovremmo agire infine anche sul lato della produttività, perché quello che conta davvero è il rapporto fra costo del lavoro e e produttività, vale a dire il costo del lavoro per unità di prodotto.

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