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Nozze Arçelik-Whirlpool: via libera dalla Ue, critiche alle lungaggini dell’Antitrust UK. Cinesi in stand by su Electrolux

Per Bruxelles l’unione non nuoce alla concorrenza ma per l’avvio effettivo della fusione bisogna aspettare il verdetto dell’Antitrust inglese. Midea e Haier prudenti su Electrolux

Nozze Arçelik-Whirlpool: via libera dalla Ue, critiche alle lungaggini dell’Antitrust UK. Cinesi in stand by su Electrolux

È fatta, perlomeno per quanto riguarda il via libera della Commissione europea all’acquisizione da parte di Arçelik delle principali attività di Whirlpool nel settore degli elettrodomestici in Europa, Medio Oriente e Africa (Emea). La Commissione europea ha comunicato oggi, martedì 24 ottobre, di aver approvato, ai sensi del regolamento Ue sulle concentrazioni, il controllo esclusivo delle principali attività di elettrodomestici in Europa, Medio Oriente e Africa della Whirlpool Corporation da parte di Arçelik A.Ş. della Turchia. “L’operazione riguarda – prosegue la comunicazione – la fornitura di grandi elettrodomestici sottolineando come, dopo le approfondite analisi nei diversi mercati dell’Unione, l’operazione non sembra possa creare problemi sotto il profilo della concorrenza. Sono infatti presenti nello spazio economico europeo in cui operano entrambe le parti, altri fornitori alternativi”.

Nozze Arçelik-Whirlpool: tra dubbi e opportunità

Il governo italiano, strettamente cointeressato alla vicenda per via della sorte delle fabbriche Whirlpool in Italia, aveva già approvato il passaggio di Whirlpool Emea alla società turca, pur avanzando il diritto di intervenire eventualmente tramite l’esercizio del Golden Power, per mantenere integrità e valori dei siti, dell’occupazione e delle tecnologie italiani. Particolari timori sembra siano stati manifestati da parte del governo polacco poiché la crisi dei consumi ha causato prolungate riduzioni delle attività nelle diverse fabbriche del gruppo statunitense dislocate in Polonia. Decisamente favorevoli i vertici americani ed europei della Whirlpool: “Siamo lieti che l’Ue abbia concesso l’approvazione incondizionata per la nostra proposta di transazione con Arçelik al fine di creare una nuova azienda europea di elettrodomestici. L’operazione, che coinvolge circa 20mila dipendenti e dieci fabbriche tra Italia, Polonia, Slovacchia e Romania, ha avuto il via libera “senza condizioni”, perché non sono state richieste cessioni o modifiche delle attive attività industriali e commerciali all’interno dell’Unione europea. Un importante traguardo ma è importante sottolineare che la transazione non procederà alla chiusura fino a quando non saranno ricevute le autorizzazioni necessarie delle altre autorità regolatorie coinvolte. Siamo comunque convinti che anche la CMA giungerà alla stessa conclusione”.

Le lungaggini burocratiche degli inglesi

Si tratta, come sottolineato diverse volte, della fase 2 dell’esame avviato dalla CMA, l’Antitrust inglese che si è presa tempi molto lunghi, addirittura non prima del marzo 2024. La decisione europea libera la nuova società – Beko Europe – di procedere alla necessaria riorganizzazione e razionalizzazione che dovrebbe portare a sinergie intorno ai 200 milioni. Nella realtà, essendo il mercato inglese molto importante, la frenata della CMA blocca una completa opera di rilancio. Il mercato inglese, dove il gruppo turco è leader di mercato, vale troppo per restare a lungo escluso dalla necessaria riorganizzazione. Non solo. Gli inglesi sanno molto bene che proprio in questi prossimi mesi ci sono appuntamenti promozionali decisivi ai fini del bilancio, degli utili, del rilancio: la settimana del Black Friday e il periodo dei regali di fine anno che in realtà comincia ben prima dei 15 giorni delle feste natalizie e di fine anno. Spesso i conti delle aziende ricevono benefici decisivi da queste forti promozioni, soprattutto dopo che il crollo a due cifre delle vendite dei trascorsi dieci mesi sta pesando parecchio sui consuntivi, sugli investimenti futuri, sull’occupazione.

Antitrust Ue e Antitrust inglese a confronto

L’incredibile e insostenibile motivazione delle lungaggini burocratiche inglesi – e cioè il fatto di dover esaminare a fondo le diverse categorie dei prodotti dei brand delle due società – contrasta con i tempi rapidi della decisione dell’Antitrust europea. Da un lato, la CMA deve esaminare un solo mercato, quello inglese, dall’altro la Commissione europea ha preso velocemente in considerazione con complicatissimi approfondimenti tutti i mercati europei, per le diverse categorie, per ogni brand, di ambedue i Gruppi. Non si capisce cioè questa differenza tra i tempi richiesti dalle due Autority. All’interno della CMA – come pare stia accadendo – non sembra vi siano pareri concordi su tempi così prolungati, anche perché l’opinione pubblica inglese e molti enti e istituzioni prima operanti all’interno dell’Europa sono sempre più critici nei confronti della Brexit.

M&A, cosa faranno i cinesi?

Nell’attesa che la joint-venture riceva tutte le approvazioni necessarie, le multinazionali cinesi Haier e Midea che stanno contendendosi l’altro grande protagonista europeo del Bianco, Electrolux, sono rimaste discretamente in vigile attesa. Come accade sempre quando i mercati e le economie sono in stagnazione, gli investitori mostrano una grande prudenza. Midea, peraltro, ha dovuto affrontare dei cambiamenti non indifferenti, tutti legati al recentissimo invito – abbastanza esplicito – del governo e del partito cinesi, di sostenere il Paese nel difficile e oneroso programma di investimenti in ricerche avanzate “per la pesante sfida tecnologica e economica con gli Stati Uniti”, aiutandolo a elevare la percentuale sul Pil degli investimenti in R&D dall’attuale 6 all’8-10%. Midea ha varato una fondazione dotata di ingenti risorse dichiarando piena adesione ai programmi del governo, finanziando innanzitutto ricerche nei settori più avanzati (I.A. ma non solo) con borse di studio, iniziative e programmi di dimensioni imponenti. La stampa asiatica, inoltre, nel commentare la decisione di Midea di quotarsi alla Borsa di Hong Kong, già quotata, e a quella di Shenzhen, ha sottolineato che anche questa mossa ha una motivazione di carattere politico. Avrebbe cioè ricevuto un input preciso da Pechino: rafforzare insieme ad altri giganti cinesi una borsa che ha perso diversi investitori occidentali dopo l’annessione alla Repubblica Popolare Cinese.

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