Condividi

Noera (Bocconi): “Ho sognato che Angela Merkel imitava Mario Draghi”

INTERVISTA A MARIO NOERA, docente di Finanza alla Bocconi – “In questo momento in Europa sono in corso due guerre” ma “penso che un cambio di passo vero, alla Draghi, lo possa fare solo Angela Merkel. Non ci vorrebbe molto: solo un’apertura politica e simbolica agli investimenti nel mercato europeo, di cui la stessa Germania ha grande bisogno”

Noera (Bocconi): “Ho sognato che Angela Merkel imitava Mario Draghi”

Anche gli economisti hanno un sogno nel cassetto. Mario Noera, docente di Finanza ed economia dei mercati e degli intermediari finanziari in Bocconi, spera che un giorno Angela Merkel, che ben conosce il potere delle parole, sorprenda il mondo finanziario con un’uscita forte, tipo il whatever it takes con cui Mario Draghi fermò il collasso dell’euro. “E’ un paradosso – frena il professor Noera – ma  meno fantasioso di quel che non appaia”.

Perché?

“Angela Merkel, come Wolfgang Schaueble, è un’europeista ed una federalista convinta. L’ultima cosa che vorrebbe è il collasso dell’euro. Non credo proprio che la Germania muova in questa direzione. Però i tedeschi insistono a commettere un errore, considerando il pareggio di bilancio come una precondizione della costruzione europea. Un po’ ortodossia liberista, molto per il successo che questa politica ha avuto nel decollo della Germania post-bellica. Non è facile per loro rinunciare a questa strategia”.

Né intendono farlo, a quel che si vede…

“Probabile. Ma non dimenticate che la Merkel, in questo interprete della volontà dell’elettorato, è anche un leader politico con un forte spirito pragmatico. Berlino si rende perfettamente conto che il modello economico degli ultimi anni, basato sulle esportazioni nei Paesi Emergenti, non è replicabile nel prossimo futuro. Anche a prescindere dalla crisi ucraina”.

Perciò?

“In questo momento sono in corso due guerre in Europa. La prima riguarda il piano Juncker, un tentativo, debole e timido, di introdurre novità di politica fiscale nel Continente. E’ del tutto insufficiente, basato com’è su 8 miliardi di euro che dovrebbero attivare investimenti privati fino a 315 miliardi, con un effetto leva irrealistico e comunque pericoloso: una goccia nel mare, avrà senso solo se affluiranno altri fondi ed altre idee”.

E la seconda battaglia?

“E’ quella corretta, che sta conducendo Mario Draghi. Speriamo che non venga dirottato al Quirinale, perché è troppo importante che stia a Francoforte”.

Sul primo fronte l’Italia ha mosso le sue pedine. O no?

“Al di là delle chiacchiere è stata seguita una politica dei piccoli passi a rimorchio politic, anzi culturale, di una cornice assolutamente insoddisfacente. E’ stata la Francia a porre un problema politico di fronte ai numeri opposti da Bruxelles. L’ha fatto con un’angolatura nazionalistica, ma l’ha fatto. Purtroppo noi non siamo stati in grado di porre il problema politico più rilevante”.

Ovvero?

“Fare con 5-6 anni di ritardo quello che hanno fatto gli Stati Uniti, vuoi sul fronte della politica monetaria, dove Draghi deve ancora abbattere le resistenze della Bundesbank, vuoi sul fronte della politica degli investimenti: cinque anni fa Washington mise in azione un bazooka da 900 miliardi, oggi ne raccoglie i frutti”.

Secondo Wolfgang Muchau del Financial Times gli unici gruppi politici europei con una visione coerente e logica sono Syriza in Grecia e Podemos in Spagna: entrambi sostengono la necessità della cancellazione di una parte del debito e l’avvio di un apolitica di investimenti.

“La penso esattamente come Munchau e come il chief economist Martin Wolf. Purtroppo, non ci si riesce a confrontare nel merito di queste idee, anche con nei Paesi che più dovrebbero riflettere sui limiti della politica praticata finora”.

L’Italia?

“Il nostro governo ha avuto un approccio deludente, un po’ scolastico. Magari abile sul piano tattico, ma ma più propenso a predicare che a fare. Eppure sarebbe importante prender l’iniziativa ed avviare una riflessione politica per tempo. Il 2017, anno delle elezioni francesi e del referendum inglese, non è lontano. Prima ancora, tra poche settimane, Tsipras potrebbe porre il problema in Grecia.  E’ il caso di sollevare certi temi per tempo, perché ormai il rischio è giunto assai al di là dell’emergenza economica”.

Per fortuna che il petrolio sta risolvendo qualche problema.

“All’apparenza. Siamo abituati da sempre a considerare il calo del greggio come una notizia solo positiva. Ora non è più così. Certo nel breve termine prevalgono gli aspetti positivi per la nostra bilancia commerciale e per le imprese. Ma la deflazione, combinata con l’effetto destabilizzante del calo delle entrate da petrolio in molte economie, può far scoppiare una crisi internazionale. Non credo sarà il caso della Russia, che conta su forti riserve. Ma il Venezuela ormai è ad un passo dal default e può innescare un pericoloso effetto domino”.

La cosa ci riguarda?

“Non oso pensare l’effetto sullo spread nel caso si verificassero diversi default di Paesi fortemenete impegnati con Wall Street o con la stessa Cina”.

Insomma, il mondo resta un posto pericoloso. L’Europa, in particolare, assapora l’effetto soporifero dei tassi bassi, nonché il taglio della bolletta petrolifera. Ma si rifiuta di attivare una politica di investimenti con grave rischio per tutti.  Non c’è da stare allegri.

“No, ma possiamo confidare nel buon senso di alcuni politici”.

Matteo Renzi? François Hollande?

“Penso che un cambio di passo vero, alla Draghi, lo possa fare solo Angela Merkel. Non ci vorrebbe molto: solo un’apertura politica e simbolica agli investimenti nel mercato europeo, di cui la stessa Germania ha grande bisogno”.

Commenta