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Mps sale dopo il piano al 2017: ritorno all’utile nel 2015 e un nuovo modello industriale di banca

La banca ha alzato il velo sul piano industriale 2013-2017 dopo l’approvazione della Commissione Ue – E il titolo stamani guadagna – Ritorno all’utile nel 2015 e 900 mln di profitti nel 2017 – Meno personale ma più incisivo commercialmente – Ricavi grazie a più accordi distributivi con terzi – 10% dei clienti digitali – Viola conferma l’aumento a inizio 2014

Mps sale dopo il piano al 2017: ritorno all’utile nel 2015 e un nuovo modello industriale di banca

Mps sale dell’1,36%  (Ftse Mib+0,20%) all’indomani della presentazione del piano industriale al 2013-2017 che prevede una trasformazione radicale del modello industriale e ritorno all’utile nel 2015. Dopo il via libera della Commissione Europea, il cda di Rocca Salimbeni ha infatti dato ieri il via libera al piano ed ha alzato il velo sui dettagli del percorso della banca nei prossimi anni, dopo che a inizio di ottobre erano state approvate le linee guida.

Il piano prevede “una trasformazione radicale del modo di fare banca” e anticipa “un cambiamento in atto nel settore bancario che muterà il conto economico e il modello di business del gruppo”. Oltre a un consistente lavoro di riduzione dei costi, la banca ha messo in campo una serie di iniziative sul fronte dei ricavi che passano per una trasformazione industriale della banca centrata su un nuovo modello distributivo (più accessibile ai clienti e meno costo per la banca, con meno filiali) e più prodotti intermediati e meno masse sul bilancio (pù accordi distributivi con terzi come credito al consumo e leasing e bancassurance ma anche i minibond).

Tradotto in numeri, nel 2017 Mps scenderà a 2.200 filiali da 2.750, a 23mila dipendenti da 31mila, avrà un cost/income al 50% dal 66%, 10% di clienti digitali dall’1% attuale. A livello occupazionale si punta a meno persone ma più incisive dal punto di vista commerciale: il fatturato per risorsa passerà  da 165 mila a 225 mila euro. Si punta poi a un incremento del margine d’interesse di 390 milioni rispetto ai nove mesi del 2013; un miglioramento delle commissioni di 767 milioni di euro rispetto al 2012; e una crescita del costo del credito che si dovrebbe attestare a 90 punti base. Un percorso che porterà nelle attese del management a 900 milioni di utili nel 2017. Tra le iniziative emerse anche la cessione dismissione di Mps Banque, la controllata francese che opera nelle principali città d’Oltralpe come Parigi, Marsiglia, Nizza e Lione, ma in vendita sono anche Mps Belgio e la filiale di New York.

Il primo punto di svolta arriverà nei prossimi mesi con l’aumento di capitale varato in settimana dalla banca (e chiesto da Bruxelles entro il 2014, per rimborsare i Monti bond) che, ha confermato Fabrizio Viola nella conference call di ieri, si terrà a inizio 2014. E sulla Fondazione (azionista di riferimento al 33.3%), in disaccordo sulla tempistica dell’aumento e alle prese con uno snodo delicato sulla sua esposizione debitoria,  ha detto: “E’ mia personale convinzione che la Fondazione Mps risolverà il problema, resterà uno stabile e strategico azionista e che continuerà a investire nella nostra banca”. Proprio ieri  Palazzo Sansedoni ha incontrato il pool di banche creditrici per affrontare il nodo legato al rimborso del debito restante da 350 milioni, anche alla luce che l’assemblea degli azionisti convocata da Mps per deliberare sull’aumento è dietro l’angolo, a fine dicembre (27, 28 o 30). Ma il presidente Antonella Mansi non avrebbe ancora sciolto le riserve sull’operazione. Ieri il sindaco di Siena, Bruno Valentini, che dopo il via libera all’aumento del cda di Mps ne aveva contestato la tempistica, è intervenuto sul tema occupazionale nel corso di una interrogazione in Consiglio comunale: “Il tema di come la banca gestisce il proprio personale è ancora aperto. Non deve essere permesso ad alcun imprenditore italiano di scaricare i suoi deficit, i suoi errori passati, le incapacità dell’azienda sui lavoratori”.

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