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Mps, rischio bail-in senza conversione

Gli advisor JP Morgan e Mediobanca hanno avvertito che non entreranno a far parte del consorzio di garanzia dell’aumento di capitale del Monte dei Paschi se non avranno successo le tre operazioni chiave della ricapitalizzazione: la conversione dei bond in azioni, l’arrivo di anchor angels e la cartolarizzazione dei crediti difficili

Mps, rischio bail-in senza conversione

Azionisti, obbligazionisti e grandi correntisti del Monte dei Paschi devono incrociare le dita e sperare. L’avvertimento dei due advisor del Monte, JP Morgan e Mediobanca, pesa come una spada di Damocle: non entreranno a far parte del consorzio di garanzia dell’aumento di capitale da 5 miliardi di euro se, a loro insindacabile giudizio, non andranno a buon fine le tre operazioni che fanno da pilastro alla ricapitalizzazione in programma a dicembre, subito dopo il referendum. 

Le tre operazioni alle quali JP Morgan e Mediobanca legano la loro adesione all’aumento di capitale sono: 1) la conversione volontaria per investitori istituzionali e retail delle obbligazioni subordinate della banca in azioni; 2) l’adesione all’aumento di anchor angels, cioè di fondi internazionali che scommettano sul rilancio della banca e siano perciò pronti a investire capitali rilevanti; 3) la cartolarizzazione dei crediti incagliati che valga a ripulire Mps dalla zavorra che ne soffoca l’attività.

Tre condizioni pesantissime ma senza le quali non scatterà la garanzia degli advisor e cioè la loro disponibilità a farsi carico delle azioni inoptate nel corso dell’aumento di capitale. Ma senza la garanzia di JP Morgan e Mediobanca la strada dell’aumento è tutta in salita e il rischio di entrare in risoluzione (bail-in) si fa più forte. A meno che alla fine non intervenga il Tesoro spianando la strada a una sorta di nazionalizzazione che, in casi estremi, le regole di Bruxelles non escludono.

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