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Mattarella al bivio: governo M5S-Pd? Ma Renzi chiude la porta

Le strategie del Quirinale per trovare una soluzione di governo sembrano puntare su un’intesa tra pentastellati e democratici come “male minore” rispetto all’ipotesi di un accordo con la Lega. Ma Renzi ha detto con chiarezza che non ci sono margini: il Pd resterà all’opposizione

Mattarella al bivio: governo M5S-Pd? Ma Renzi chiude la porta

Da Bruxelles il messaggio è giunto forte e chiaro: ” dopo i risultati delle elezioni che hanno visto l’affermazione delle forze sovraniste o quantomeno critiche nei confronti dell’ Europa, si confida nella saggezza e nella forza di persuasione del Presidente Mattarella per dare un governo al Paese che non sia distruttivo nei confronti della costruzione europea”. Insomma poiché dalle urne non è uscita una maggioranza, acquista maggiore rilevanza il ruolo del Presidente della Repubblica, come è già successo in passato con Napolitano. A lui toccherà sbrogliare la matassa, garantendo nel contempo la permanenza dell’Italia nell’ambito europeo ed evitando avventure che potrebbero mettere a rischio non solo l’avvenire del nostro paese ma l’esistenza stessa della UE.

Ed in effetti a leggere bene le prime mosse dei vincitori Di Maio e Salvini e quelle dello sconfitto Renzi, si può già intravedere la trama che il Quirinale sta pazientemente tessendo per arrivare ad una soluzione che sia, se non ottimale, la meno rischiosa per l’avvenire nostro e dell’intera comunità europea. Salvini sembra puntare più che al governo, a consolidare la propria leadership del centro-destra non rinunciando alle sue più forti parole d’ordine contro l’Euro e la politica di Bruxelles, e dicendo che sono gli italiani che devono decidere il proprio destino senza dipendere dai mercati, dalle banche o dai burocrati di Bruxelles. Di Maio invece ha ancor più accentuato il suo volto moderato inviando un messaggio diretto ai mercati ed agli investitori per rassicurarli sugli intenti non eversivi di un governo dei 5 Stelle, mentre politicamente ha aperto agli altri partiti sia per le cariche istituzionali della Camera e del Senato sia per quel che riguarda il Governo. In più Di Battista, dopo l’annuncio da parte di Renzi delle sue dimissioni a scoppio ritardato, non ha esitato a definire il segretario del PD come uno sfasciacarrozze, cioè come uno che pur di intralciare il dialogo tra il partito democratico ed i 5 Stelle, appare disposto a sfasciare completamente il suo partito prima di lasciare la segreteria.

Insomma sembra di capire che il Quirinale, appoggiato dai più vari commentatori politici, stia spingendo il PD a trovare una qualche forma di accordo per far nascere un governo dei 5 Stelle. Evidentemente giudica i grillini meno pericolosi della destra di Salvini. Ed in effetti il programma dei 5 Stelle è talmente vago che potrebbe benissimo adattarsi a qualsiasi compromesso. In più nelle città da loro gestite i pentastellati sembrano aver abbandonato qualsiasi tentativo rivoluzionario per adattarsi a gestire l’esistente, con una forte propensione a rinviare tutti i problemi, insomma a fare poco o nulla. Certo questa non sembra una ricetta adatta a rimettere in moto l’Italia, ma forse è meno peggio – ragionano a Bruxelles- del tentativo di far uscire il paese dall’Euro o di mettere dazi sulle importazioni come continua a volere la destra a guida Salvini.

Il PD ovviamente, dopo la batosta elettorale, si trova di fronte ad una scelta difficile. Renzi, la cui era è ormai tramontata, ha tentato un colpo di coda mettendosi di traverso a qualsiasi apertura di dialogo con i populisti ed i sovranisti. E’ una manovra che appare coerente con quanto detto in campagna elettorale, ma che non molti nel partito sembrano disposti a condividere. E’ chiaro infatti che un appoggio ad un governo Di Maio comporta per il PD il rischio di scomparire definitivamente dalla scena, conservando solo qualche poltrona di notabilato, ma passando di fatto il testimone ai più giovani e vigorosi pentastellati. Ma d’altra parte il rifiuto di qualsiasi accordo potrebbe portare a nuove elezioni nelle quali con ogni probabilità il PD sarebbe destinato a scomparire come i socialisti francesi. Insomma per certi versi la scelta  è solo sul “come” si vuole morire: in maniera più dolce con un accordo o in modo repentino con nuove elezioni.

In tutto questo il merito dei problemi sembra al momento passare in secondo piano. I 5 Stelle hanno preso i voti soprattutto al Sud promettendo il reddito di cittadinanza, quindi soldi a tutti senza lavorare, una riforma della Fornero, ed altri interventi statali. Come faranno a mantenere le promesse senza spaventare i mercati e quindi far salire i tassi d’interesse? Evidentemente si tratta di promesse che solo in minima parte potranno essere mantenute. Ed allora con ogni probabilità la loro politica tenderà  a spingere sui temi di demagogia spicciola come gli stipendi dei parlamentari, i vitalizi, le pensioni d’oro, tutta roba che non risolve alcun problema, ma  che getta in pasto alle masse rancorose dei soggetti sui quali sfogare le proprie frustrazioni.

Non è una prospettiva esaltante. Ma la classe dirigente di questo paese non sembra al momento in grado di proporre qualcosa di meglio.

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