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Marchionne a Pomigliano: un alieno con orgoglio

L’ex ad di Fca era un alieno nella città dell’ex Alfasud ma era orgoglioso della rinascita della fabbrica – Non dava spazio ai politici locali ma voleva sapere tutto della produzione – Divisi i sentimenti dei lavoratori

Marchionne a Pomigliano: un alieno con orgoglio

L’addio di Sergio Marchionne alla guida della FCA arriva a Pomigliano d’Arco quando la fabbrica è semideserta. Per una beffarda circostanza Pomigliano d’Arco è anche la città dell’attuale Ministro del Lavoro e vice premier Luigi Di Maio . All’ombra dello stabilimento (l’ex Alfasud degli anni ’70) Di Maio ha frequentato le scuole dell’obbligo fino al liceo. Chi scrive, fuori di ogni riferimento personale, vivendo a poca distanza dai capannoni inaugurati da Aldo Moro, ha visto e vissuto l’arrivo di Marchionne a Pomigliano come quello di un alieno in una terra di straordinarie lotte sociali e sindacali. La fabbrica per eccellenza era il territorio, il vasto bacino di manodopera, la forza economica e negoziale per migliaia di persone. Il potere reale degli sfruttati dinanzi alla protervia dei padroni.

Che futuro poteva avere un alieno in un simile contesto? Nessuno, diceva la base, la più forte classe operaia metalmeccanica del Sud. Sarà sconfitto alle prime mosse e il sindacato lo piegherà. Questi lavoratori ben prima dell’arrivo dello sconosciuto manager avevano sconfitto il terrorismo. Invece, nonostante Di Maio sia cresciuto, diventato niente meno che Ministro e viaggiando su una Renault (non made in Pomigliano) si sia preso lo sfottò del medesimo super manager, Sergio Marchionne a Pomigliano ne ha azzeccate parecchie di mosse. La “nostra “ fabbrica era morta. Il quartiere generale Fiat sempre più lontano , cercando futuro unicamente per le fabbriche piemontesi.

Marchionne, invece , partendo da qui ha sfidato tutto e tutti. Un alieno con piedi e testa terrestri, ben piantati tra le catene di montaggio, le presse e i robot. Ha spaccato il sindacato, indetto e vinto referendum tra gli operai, riassunto dipendenti, chiuso e riaperto reparti, inventato nuovi modelli. Voleva carta bianca e l’ha avuta. Certo avrà avuto anche qualche ripensamento, ma non lo hai mai dimostrato, perché le regole del gioco non lo prevedono. Quando è andato in giro per il mondo , spesso ha rivendicato con orgoglio quello che faceva qui. Dove arrivava in elicottero, non dava spazio ai politici, si faceva raccontare la produzione, faceva pulire le strade quando arrivavano i giapponesi in visita. Eppure quei suoi maglioni sprigionavamo la sindrome di Stoccolma in migliaia di giovani neo assunti, lontani anni luce dai loro ex compagni della iniziale Alfasud. Di Maio ieri si è detto addolorato per le condizioni di salute di Marchionne. Il sentimento locale qui per la sua FCA non è univoco. Non può esserlo, perché dove Marchionne ha vinto c’è chi ha perso. E ancora non se ne fa una ragione.

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