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Manovra, Paolazzi: “La crescita all’1,5% è pura utopia”

INTERVISTA a LUCA PAOLAZZI, già direttore del Centro studi Confindustria ed ora partner di REF Ricerche: “Il reddito di cittadinanza non spingerà i consumi: se aumenta l’incertezza, come sta avvenendo proprio a causa degli annunci del governo, la gente tende a risparmiare per fronteggiare eventuali brutte sorprese” – “Abbiamo molte aziende su cui puntare ma nella manovra non si parla di innovazione”.

Manovra, Paolazzi: “La crescita all’1,5% è pura utopia”

“Se fosse possibile ottenere una maggiore crescita aumentando il debito pubblico, l’Italia dovrebbe essere il campione mondiale del tasso di sviluppo ed invece da molti anni siamo il fanalino di coda dei paesi industriali”. Luca Paolazzi è stato per molti anni direttore del Centro studi Confindustria ed ora è partner della REF Ricerche, una delle più importanti società italiane di ricerche economiche. Dal suo osservatorio in Confindustria ha avuto modo di studiare a fondo le caratteristiche del sistema economico italiano e di analizzare le politiche fiscali di oltre un decennio, e valutarne gli effetti sul sistema produttivo e sulla crescita del paese. Ecco la sua intervista con FIRSTonline.

Chiediamo quindi a Paolazzi un giudizio sulla manovra finanziaria varata dall’attuale governo ma anche sulle altre decisioni annunciate come quelle che manifestano una chiara volontà di rinazionalizzare importanti pezzi delle aziende italiane. Cominciamo da una valutazione della coerenza degli obiettivi di crescita previsti nella manovra a partire da un tasso di crescita del PIL per il 2019 dell’1,5%: che ne pensa?

“Sia facendo un semplice calcolo partendo dai macro numeri sia esaminando in dettaglio gli effetti dei singoli provvedimenti si giunge alla medesima conclusione, e cioè che la crescita del prossimo anno potrà essere al massimo dell’1-1,1%, quindi di circa mezzo punto al di sotto delle stime del Governo che ha deciso di portare la crescita all’1,5% così da poter dire che anche il debito mantiene un sia pur lieve sentiero di riduzione. Per fare il primo tipo di ragionamento dobbiamo partire dalla constatazione che l’economia mondiale sta rallentando a causa della guerra dei dazi, dell’aumento dei tassi d’interesse e del rialzo del prezzo del petrolio. Questo porta le previsioni sulla nostra crescita tendenziale (cioè prima della manovra) allo 0,6-0,7%. Il Governo ha deciso di portare il deficit dall’1,8% al 2,4% di cui 0,2% dovuto all’aumento dei tassi d’interesse provocato dal rincaro dello spread indotto dall’interezza provocata dalle confuse e velleitarie dichiarazioni dei principali esponenti governativi. Rimane quindi un incremento della spesa dello 0,4% il quale dovrebbe provocare un aumento del PIL di 0,8-0,9 punti percentuali del reddito. Un moltiplicatore 2 che non si è mai visto. E quindi è chiaro che quell’aumento del PIL dell’1,5% non ci sarà”.

Ma poi il Governo sostiene che nel 2020 il deficit verrà ridotto sia pure di solo due decimali ma la crescita dovrebbe aumentare ancora toccando l’1,6%, e secondo alcuni ministri, anche di più. 

“Ma si tratta di un ragionamento contraddittorio. Da un lato il Governo ha sostenuto che deve fare più deficit al fine di stimolare la crescita, e poi come è possibile che la crescita aumenti ancora riducendo il deficit?”.

Veniamo al secondo tipo di analisi basato sull’esame delle singole misure. Partiamo dal reddito di cittadinanza per il quale sono stati stanziati 10 miliardi (ma in effetti sembra che ce ne siano solo 6,5 oltre al miliardo destinato al potenziamento per i centri per l’impiego). Ma ammettiamo pure che si tratti di 10 miliardi di spesa aggiuntiva, quali sarebbero gli effetti sulla crescita del PIL?

“Nell’ipotesi che questi soldi venissero interamente spesi e non servissero a saldare vecchi debiti con negozianti o bollette arretrate, la crescita potrebbe aumentare dello 0,4%. Ma si tratta di una ipotesi estremamente favorevole che difficilmente si verificherà. Ad esempio quest’anno sono stati erogati oltre 7 miliardi per gli aumenti concessi al pubblico impiego ma questa somma non si è vista negli acquisti delle famiglie e quindi ha provocato un aumento del reddito nullo o trascurabile. Questo dimostra che se aumenta l’incertezza, come sta avvenendo proprio a causa degli annunci del governo, la gente tende a risparmiare per fronteggiare eventuali brutte sorprese”.

Ad esempio l’aumento dei tassi potrebbe indicare un peggioramento delle aspettative nei riguardi dell’avvenire del nostro Paese.

“Intanto bisogna ricordare che quanto avvenuto negli ultimi cinque mesi con l’aumento dello spread dimostra che in passato la graduale riduzione dei nostri tassi non era dovuto solo alla politica della Bce che acquistava titoli pubblici. Infatti anche se gli acquisti della Bce sono continuati i nostri tassi hanno ripreso a salire a differenza di quanto avvenuto negli altri paesi, a dimostrazione che i propositi del governo hanno intaccato quella fiducia nei confronti della nostra economia e del processo di risanamento del debito pubblico che avevamo faticosamente riconquistato negli anni passati.  Già ai tassi attuali l’onere per il nostro debito pubblico aumenterà il prossimo anno di circa 3,7 miliardi, mentre se la situazione attuale dovesse permanere , o aggravarsi, questi aumenti di costo potrebbero trasferirsi sulle imprese e sui consumatori. Le banche stanno soffrendo per il calo dei valori dei Btp che hanno in portafoglio e questo è un primo segnale di pericolo per la disponibilità ed il costo del credito all’economia”.

L’altro grosso capitolo di spesa riguarda la previdenza con l’introduzione della famosa quota 100 che dovrebbe costare solo per il primo anno circa 8 miliardi. Che effetti avrà sulla crescita e sull’occupazione?

“In questo caso i calcoli sono molto incerti. Bisogna tener presente che i lavoratori che andranno in pensione avranno una riduzione del loro reddito e quindi è presumibile che saranno portati a ridurre la loro propensione al consumo. Se verranno sostituiti da giovani (in una misura che secondo le principali stime sarà comunque molto lontana da 1 ad 1) questi avranno una retribuzione molto più bassa degli anziani e quindi tutto considerato la spesa complessiva potrebbe aumentare di pochissimo”.

Poi ci sono altre voci minori che sommate a quelle maggiori darebbero una spinta alla crescita pari allo 0,7% portando quindi il PIL complessivo vicino a quell’1,5% previsto dal governo. Oppure ci sono altri freni? 

“In effetti tutte queste maggiori spese non sono coperte solo dall’aumento del deficit ma per 16 miliardi (sui 37 del valore complessivo della manovra) verranno coperti da maggiori entrate che, come noto, hanno un effetto depressivo sulla crescita che potremmo stimare in circa 0,3 punti percentuali. Ecco che si torna ad una cifra di crescita intorno all’1-1,1% come abbiamo detto all’inizio. Questo sempre che non ci sia una ulteriore perdita di fiducia sia da parte dei consumatori che degli imprenditori che faccia ulteriormente peggiorare la propensione al consumo e la voglia di fare investimenti. In questo caso il nostro andamento congiunturale rischia un ulteriore avvitamento verso il basso”.

L’economia internazionale mostra segni di rallentamento. La nostra legge di bilancio sembra aggiungere altre incertezze a quelle che non dipendono da noi. Eppure noi abbiamo dimostrato in questi ultimi anni di essere un Paese industrialmente forte con molte aziende capaci di innovarsi e crescere anche sui mercati internazionali. Invece a loro si tolgono quelle norme fiscali come l’ACE e l’ IRI che avrebbero potuto rafforzare la loro struttura patrimoniale. Non sono questi ulteriori rischi di blocco della crescita?

“Noi abbiamo tante valide aziende su cui scommettere. Si doveva assecondare il loro rafforzamento potenziando i fondi per l’innovazione (che invece non è mai menzionata) e soprattutto non cambiando norme appena varate che cominciavano a produrre effetti. Questi continui mutamenti delle norme provocano incertezza e rendono il nostro Paese meno affidabile anche per eventuali investitori esteri. C’è poi la volontà di ridare un maggior ruolo allo Stato nella gestione delle imprese che non è certo favorevole ai privati che vogliono investire in quanto l’aumento del settore pubblico, già in Italia molto vasto, potrebbe portare ad ulteriori distorsioni del mercato.  Ma io non voglio entrare in un ragionamento più politico. Dalla mia analisi tecnica risulta che le basi sulle quali viene costruito il nostro bilancio sono estremamente fragili e dico solo: attenzione perchè le delusioni sono dietro l’angolo”.

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