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Made in Italy, i marchi risalgono e superano i ricavi pre-crisi

Secondo un report di Prometeia, nel nostro Paese il fatturato generato dalle oltre 20mila imprese a marchio vale più di 165 miliardi di euro, il 60% del giro d’affari dei rispettivi settori

Made in Italy, i marchi risalgono e superano i ricavi pre-crisi

In Italia le imprese a marchio hanno recuperato i livelli di fatturato pre-crisi e viaggiano oggi su margini migliori della media. È quanto sostiene il centro studi Prometeia in un report dal titolo “Brand in Italy”, dedicato all’importanza dei marchi in cinque settori strategici per il made in Italy: agroalimentare, moda, casa, auto, sport e tempo libero.

Secondo l’analisi, nel nostro Paese il fatturato generato dalle oltre 20mila imprese a marchio vale più di 165 miliardi di euro, il 60% del giro d’affari dei rispettivi settori.

Fra i mercati più attrattivi, Prometeia ritiene che quelli con le prospettive di crescita migliori per il nostro export fra il 2020 e il 2023 siano India (+86%), Emirati Arabi (+39%) e Sud Africa (+29%). Miglioramenti consistenti (ma nell’arco di cinque anni) sono attesi anche in Brasile (+28%), Australia (+25%), Sud Corea (+25%) e Messico (+22%).

Il centro studi affronta poi il rapporto fra le esportazioni dei marchi made in Italy e l’e-commerce. In particolare, nei prossimi cinque anni il maggior numero di vendite e di ricerche online si registreranno in Europa, Stati Uniti e Cina.

In India, Brasile, Turchia, Messico e Australia, invece, i consumatori acquistano prodotti italiani molto meno di quanto non li cerchino online. Ma in questi mercati, secondo Prometeia, l’interesse nel web anticipa il superamento dei vincoli reddituali che hanno finora zavorrato la domanda. Si tratta perciò di un segnale positivo per le nostre esportazioni nel medio periodo.

Ma ci sono anche Paesi in cui l’import di merce italiana supera ancora le ricerche online: è il caso di Giappone e Corea del Sud, dove le barriere linguistiche e i tempi di caricamento dei siti delle aziende italiane scoraggiano i consumatori a proseguire l’esplorazione via web. Con il tempo, queste difficoltà potrebbero causare problemi seri all’export del made in Italy.

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