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LVenture, un aumento di 5 milioni di euro per investire in 15 nuove start up digitali

LVenture lancia un aumento di capitale da 5 milioni per investire ancora: 15 nuove start up digitali all’anno con un occhio a chi riesce a rivoluzionare il made in italy e allo sviluppo del canale internazionale – Dopo la Stazione Termini di Roma, il venture capital di Luigi Capello pensa di aprire un hub anche a Milano

LVenture, un aumento di 5 milioni di euro per investire in 15 nuove start up digitali

All’attivo ci sono 22 start up e un totale di oltre 2,7 milioni di euro di investimenti (più 6,6 milioni finanziati da co-investitori terzi). E un lavoro di scouting certosino: oltre mille proposte di investimento analizzate. “Pensiamo che investire sulle startup sia una grandissima opportunità per quanto riguarda il capitale umano e soprattutto che investire nelle fasi iniziali possa portare ad elevati capital gain”,  spiega Luigi Capello alla guida di LVenture Group, tra i primi operatori di venture capital quotati al mondo (il titolo scambia sull’Mta della Borsa di Milano). 

La holding interviene nelle fasi iniziali di vita delle start up con investimenti ridotti (micro seed e seed) in cambio di una quota minoritaria dell’azienda, per lasciare poi il posto (tramite l’operazione di exit) agli operatori più importanti, come i business angel o i venture capital che stanziano investimenti maggiori, per arrivare poi fino ai private equity e alla Borsa.  

In un’area di 2000 metri quadrati alla stazione Termini di Roma sono al lavoro le start up su cui la holding investe tramite un approccio che integra nella stessa realtà un venture capital, un acceleratore (Luiss Enlabs, in partnership con l’Università Luiss), e un vero e proprio ecosistema di relazioni e contatti (dalle università, agli investitori e alle grandi corporation, passando per il supporto di una rete di advisor e partner). 

Un modello che per Capello sarà in grado di fare la differenza rispetto ai normali investimenti in start up. “Permette di ottenere – spiega –  risultati amplificati rispetto a un operatore classico di venture capital e di massimizzare i ritorni degli investimenti”. Uno studio americano ha rilevato che un deal flow di alta qualità e una due diligence approfondita incrementa i multipli di uscita fino a 5,3 volte e l’apporto di valore tramite un programma di accelerazione fino a 2,8 volte. L’obiettivo è uscire dalle startup dopo quattro anni con un ritorno atteso medio pari a cinque volte gli investimenti. 

Le prime exit sono programmate nel 2015. Nel frattempo Capello sta chiedendo risorse fresche al mercato per continuare a investire in nuove opportunità (e perseguire gli obiettivi previsti dal piano strategico al 2017). Lunedì scorso è infatti partito il secondo aumento di capitale dopo quello del 2013 (con cui Capello ha acquisito il controllo della holding già quotata in Borsa con il nome Le Buone società) che prevede l’emissione di massime 7,1 milioni di azioni ordinarie a 0,70 euro (di cui 0,35 euro come sovrapprezzo) in offerta agli azionisti fino al 25 luglio nel rapporto di due nuove azioni ogni tre possedute. Obiettivo: raccogliere 5 milioni di euro per investire in 15 nuove start up ogni anno con altri 10 milioni di euro messi da co-investitori. 

Allo stesso tempo aumentare l’investimento medio in ogni start up (oggi di 130mila euro). Il tutto con un occhio maggiore all’estero: l’idea è attivare un canale di proposte di investimento internazionali espandendo l’ecosistema, il “network”, tramite partnership con corporation e operatori internazionali. Tra i progetti anche l’ampliamento della location di Roma per creare un Tech Hub di riferimento, resa possibile grazie al coinvolgimento di nuovi sponsor con cui la trattativa è in fase di chiusura. Ma non è escluso un prossimo sbarco anche a Milano: si sta infatti ragionando sulla possibilità di creare un hub anche nella capitale meneghina.

Il mondo di riferimento è il digitale ma i settori possono essere i più vari: non solo gaming e apps ma anche business tradizionali che hanno le potenzialità per essere rivoluzionati dal digitale.  A partire da quei prodotti del made in Italy che per la loro unicità potrebbero fare molto di più all’estero. Sotto la lente il life style ma anche le tecnologie applicate al risparmio energetico e alla salute.

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