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Libri e tendenze: lo strano successo dei libri malloppo

Le gente legge sempre meno e quando comincia a leggere un libro spesso non lo finisce, però ama i libri voluminosi – La classifica dei bestseller meno letti

Libri e tendenze: lo strano successo dei libri malloppo

Il fenomeno dei libri malloppo. Si legge di meno e si abbandona presto 

La gente dedica meno tempo alla lettura di libri, abbandona precocemente un libro, ma i libri crescono di pagine. Del primo fenomeno abbiamo già ampiamente parlato, commentando i dati che periodicamente diffondono le agenzie specializzate. Per il secondo fenomeno – l’abbandono – Kobo Inc., la società canadese che produce l’ereader Kobo (anagramma di book), ha fatto sapere che il tasso di completamento dei libri che vengono letti sul dispositivo è del 20%. Una percentuale prossima a quella realizzata sul più diffuso e utilizzato Kindle. Sebbene Amazon non diffonda dati di nessun tipo, si è notato che la grande parte delle evidenziazioni pubbliche su Kindle (Popular Highlights) si ferma al primo capitolo e difficilmente si spinge nelle parti successive del testo. 

Jordan Ellenberg, il reporter letterario del “Wall Street Journal”, si è divertito a stilare una classifica dei bestseller meno letti. Per esempio, nell’estate 2014 il bestseller meno letto è stato Il capitale nel XXI secolo di Thomas Picketty: tutte le evidenziazioni si fermano alle prime 20 pagine. Segue a ruota da A Brief History of Time di Stephen Hawking con un presunto tasso di completamento del 6.6% dell’intero contenuto. Un libro che invece sembra sia stato letto nella sua interezza è Il Cardellino di Donna Tart con uno stellare tasso di completamento del 98,5%. 

Succede, come ben sappiamo da molto tempo, che molti libri vengono acquistati ma non letti interamente. Con la lettura digitale questo fenomeno è andato e andrà espandendosi perché non c’è più il libro sul comodino a ricordarti che l’hai lasciato alla pagina 40 e che sta lì a dirti quanto sei negligente. Infatti, dopo qualche giorno di inattività, un libro appena iniziato su un dispositivo digitale scompare dal nostro campo visivo e alla fine scompare anche dalla videata di apertura, inabissandosi inesorabilmente. Dopo un mese non sai più neppure di averlo iniziato o addirittura comprato. Quando lo noti di nuovo nelle raccomandazioni di Amazon e ti viene la voglia di acquistarlo di nuovo, la libreria ti informa che lo hai già scaricato. Una faccenda imbarazzante, ma a saperlo è solo l’algoritmo. 

Agli editori interessa poco che il libro sia letto o no, per loro l’importante è venderlo. Se viene letto e condiviso meglio, molto meglio, ma il fatto che venga letto in parte o per niente non toglie il sonno a nessuno direttore generale. Nel loro foglio di calcolo non c’è la colonna “tasso di completamento”. Non toglie il sonno neppure agli autori che invece dovrebbero dormire preoccupati, perché difficilmente un lettore che abbandona presto la lettura di un’opera torna ad approvvigionarsi di un’opera successiva dello stesso autore. Più che dell’entità dell’anticipo, gli autori dovrebbero essere preoccupati di quanta gente porta in fondo la lettura dei loro libri. 

Se 80 pagine in più vi sembran poche 

Se la gente legge meno, abbandona presto la lettura per dedicarsi ad attività più appaganti come mantenersi in forma o divorare l’ultima serie televisiva prodotta da Netflix o da Amazon Prime, allora bisognerà ripensare l’offerta di lettura predisponendo un contenuto più breve e più rapido da completare? Non è quello che in effetti succede nel mercato del libro, perché i libri non stanno diventando più piccoli e più brevi da leggere. Sta accadendo l’esatto contrario.  

Lo dice un’indagine condotta da Vervesearch su 2.500 libri entrati, dal 1999 a oggi, nelle classifiche dei bestseller del “New York Times”. Rispetto a un libro che stava in classifica nel 1999, oggi un libro che ha la fortuna di trovarsi in queste ambitissime liste ha, di media, 80 pagine in più. Un incremento del 25%: dalle 320 pagine medie del 1999 alle 400 di oggi. Spiegare questo fenomeno è una bella sfida. Come si fa a mettere insieme il calo della domanda di lettura con l’aumento dell’offerta di titoli e anche di pagine da leggere? 

La prima impressione è che c’è qualcosa che non funziona a dovere nel senso che si sta verificando un disallineamento tra i comportamenti dei fornitori di libri e quello della massa dei consumatori di lettura. Editori e autori di fascia A tendono ad avere come punto di riferimento principale delle loro proposte il lettore forte, il lettore, cioè, che consuma più di 25 libri all’anno. Il problema è che questa tipologia di lettore è in regressione e tende a subire anch’essa la seduzione di altre forme di contenuti che raggiungono come un’onda anomala i loro dispositivi. L’altro 75 percento di fatto è dato per perduto o per attivabile solo con blockbuster sporadici a cui è difficile dare un’impronta di continuità. L’ultimo bestseller cosmico sono state Le 50 sfumature di grigio, ma dopo non è successo ben poco e l’industria del libro mostra le stesse performance dell’economia europea.  

Oggi l’obiettivo capitale dell’industria del libro è proprio quello di allargare la base dei lettori fino a includere questo 75% di soggetti dormienti attraverso l’innovazione di prodotto. Un concetto piuttosto alieno ai grandi player di quest’industria, autori di fama compresi. E invece i grandi player dell’industria del libro dovrebbero guardare a quello che succede ai contenuti della televisione con lo streaming. James Poniewozik, il TV critic del “New York Times”, scrive a questo proposito: 

“Più di ogni altra innovazione nella TV, lo streaming ha la potenzialità, anzi la possibilità, di creare un intero nuovo genere narrativo – che viene definito Netflix TV –; un genere con elementi della televisione, del cinema e del romanzo, ma differente da ciascuno di essi. Ma ci vuole tempo per padroneggiare tutto questo. 

Altre spiegazioni all’aumento della mole dei libri 

Molti editori hanno iniziato a investire sulla leggibilità della pagina, offrendo un testo più spazioso, arioso e meno costipato. Ciò può essere una delle ragioni che ha portato all’aumento delle pagine dei libri negli ultimi 15 anni. 

Una seconda spiegazione – più generosa della prima – potrebbe essere la volontà, di tutto l’ecosistema libro (autori, editori, distributori, librerie), di porgere al consumatore un prodotto migliore anche in termini di quantità e di confezionamento. Il libro è ancora una merce e il valore percepito dal consumatore è dato anche dalla sua materialità. Più pagine, più valore monetario. Uno studio sui commenti postati su Yelp e Trip Advisor dai clienti di ristoranti e posti di ristoro mostra che il ranking negativo di questi luoghi è determinato in massima parte dalla dimensione delle porzioni. Potrebbe essere un indizio, perché anche i libri sono cibo. 

Un’altra spiegazione molto affascinante, ma altrettanto insoddisfacente, è che i lettori che continuano ad amare la parola scritta e la preferiscono alla concorrenza spietata degli altri meno cerebrali ma infinitamente più attraenti media, amano stare dentro le storie ben scritte e sono disposti a farci un investimento di tempo e di emotività. Più questa immersione si prolunga, più appagante diventa. Per loro 80 pagine in più, sono solo puro sollucchero. 

Una terza spiegazione è che sia stato proprio l’e-commerce a incoraggiare indirettamente la produzione di libri di mole maggiore. Su una libreria online il numero delle pagine di un libro è un’informazione molto diluita. Dalla miniatura della copertina o dall’anteprima non si capisce se il libro è di 80 o di 800 pagine. Il lettore fa meno caso alla materialità dell’oggetto. Poi con la lettura dei libri sul Kindle e sui tablet, la stazza del libro non pesa nella valigia, Sui device di lettura le pagine poi non sono mai le stesse perché il testo è liquido e quindi generalmente si tende a non fare tanto caso all’estensione dello scritto, senz’altro di meno di quanto possa avvenire in una libreria vera. 

La crescita delle pagine è manifestazione di una svolta culturale 

Per l’agente letterario Clare Alexander, intervistato dal “Guardian”, la crescita graduale delle dimensioni del libro è manifestazione di una svolta culturale. Ecco come è avvenuta questa svolta culturale nelle parole di Alexander, riferite dal quotidiano inglese: 

“Nonostante i discorsi sulla morte del libro a causa della competizione degli altri media, la gente che sceglie di leggere preferisce narrazioni estese ed estensive, l’opposto dei frammenti d’informazione che appaiono sui nostri smartphone o dispositivi elettronici collegati a Internet. Sono gli americani ad avere aperto la strada – pensate a Donna Tart, Jonathan Franzen, Hanya Yanagihara e Marlon James (giamaicana ma residente in America) – ma non sono i soli. Hilary Mantel nel Regno Unito o Eleanor Catton in Nuova Zelanda hanno scritto romanzi lunghi, e se continui ad elencare autori che amano storie estese, noterai come questa tendenza sia stata premiata dalla critica e dai premi letterari. Evidentemente anche l’establishment letterario ama i libri lunghi.” 

L’establishment letterario ama i libri lunghi 

Il Man Booker prize è stato il pilastro dell’establishment letterario nel Regno Unito fino dagli anni Settanta e la prova di questa tendenza può essere trovata nel rollino dei vincitori. I romanzi vincitori dei primi cinque anni del premio avevano un’estensione media di 300 pagine, ma anche tenendo in considerazione il trionfo del 2011 di Julian Barnes con un racconto di 160 pagine (The Sense of an Ending), negli ultimi sette anni i romanzi premiati contano una media di 487 pagine. Breve storia di sette omicidi di Marlon James, vincitore nel 2015, è di 700 pagine, I Luminari di Eleanor Catton, vincitore nel 2013, è di 829 pagine, Wolf Hall (Le strade) di Hilary Mantel, che ha vinto nel 2009) e di 779 pagine. 

Max Porter, direttore di Granta che ha pubblicato le 829 pagine del libro della Catton, pensa che sia difficile ipotizzare una svolta che percorre l’intero mercato, ma ritiene che sia incoraggiante che dei libri così grandi e ambiziosi incontrino ancora il gusto del pubblico e il favore della critica. Spiega Porter: 

“In tutte le culture, la gente sta dibattendo sul passaggio dei contenuti al digitale, su quali dispositivi saranno utilizzati per consultarli e via dicendo. Io penso che sia importante che ci siano ancora libri grandi che dicono “Leggimi!”. Il boom delle serie televisive, a cui le persone dedicano decine di ore per seguire un’unica narrazione, ha incoraggiato gli editori a sostenere quegli autori che intendono dipingere un grande affresco. Si è visto che la gente ha la voglia, la pazienza e la resistenza per stare dietro a una storia e ai suoi personaggi mentre si sviluppa su un’ampia estensione.” 

“Un libro di mole cospicua occupa un spazio importante nel campo visivo del lettore – continua Porter. È la manifestazione fisica della tua intenzione di spendere il tempo necessario per leggerlo. L’attuale tendenza dei libri ad accrescere il proprio girovita può invece essere spiegata con una orgogliosa affermazione d’identità. Il romanzo è arrivato sull’orlo della sua negazione. Ci sono così tanti stimoli che sollecitano la nostra attenzione, così tante forme di competizione che i romanzi hanno deciso di essere grandi ed estesi a tal punto da richiederci di sedere su una poltrona, spegnere il telefonino e dedicare alla lettura il tempo che occorre.” 

Tutto ciò che è nel mezzo è difficile 

“Negli ultimi anni c’è stata una inflazione di romanzi malloppo”, dice – sempre al “Guardian”Alex Bowler, direttore editoriale di Jonathan Cape che ha pubblicato nel Regno Unito il romanzo d’esordio di 900 pagine, City of Fire di Garth Risk Hallberg. Comunque l’aumento di pagine che è stato rivelato dall’indagine di Flipsnack, non è quello che verifica con i manoscritti che capitano sul suo tavolo. “I libri di alto profilo saranno anche di grossa mole, ma io non sono inondato con proposte di pubblicazione di 200mila parole. Romanzi di 250-350 pagine sono la maggioranza delle proposte che ricevo e presumo sia anche la dimensione della maggioranza di manoscritti che circolano nelle case editrici” 

“Penso che i libri stanno diventando più spaziosi che lunghi – dice Bowler. Alterando lo spazio della pagina con una interlinea più generosa e un carattere leggermente più grande, gli editori possono incrementare la mole di un libro. Può essere che l’audience della fiction di genere gradisca libri più ariosi in quello che acquista.” 

Il senso del valore del denaro percepito in un libro di una certa mole aveva una certa importanza nel periodo d’oro del commercio fisico, afferma l’agente letterario Clare Alexander, e questo fattore può ancora influenzare alcuni lettori, ma questo da solo non spiega la crescita di mole dei romanzi. Direi che un elemento di compensazione è dato da rinnovato interesse nel racconto o nel romanzo breve ben concepito e narrato. In questi giorni, la vera lotta è la pubblicazione di un libro dimensioni insignificanti. Come agente, la cosa più difficile è quella di stare nel mezzo. Metà classifica, medie dimensione, metà carriera, tutto ciò che è nel mezzo è difficile”.

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