Condividi

L’Europa e il “muddling through”, uscire dal fango è possibile

Secondo Giuliano Amato, “l’Europa avanza scegliendo quasi sempre la strada sbagliata, dopo aver accuratamente scartato quelle migliori. Ma, sia pure di traverso, avanza” – Di fronte all’accordo Ue, l’espressione “muddling through” usata da Eichengreen sembra un segno del destino: si vede una luce in fondo al buio, ma la diagnosi richiedeva terapie migliori.

L’Europa e il “muddling through”, uscire dal fango è possibile

Abbiamo provato a tradurre in italiano questa singolare espressione anglosassone: muddling through. Espressione che abbiamo letto in un commento, pubblicato il 9 dicembre, cioè prima della chiusura dell’accordo a 26 paesi che ha consentito all’Unione Europea di fare un piccolo passo avanti, “ma di traverso”. Come ha scritto sul Sole 24 Ore Giuliano Amato il giorno 11 dicembre, per commentare, appunto, l’accordo tra i paesi europei dal quale si è chiamato fuori il premier inglese, David Cameron.

Il commento nel quale compare questa singolare espressione, che lo slang delle scienze sociali accomuna alla teoria della razionalità limitata proposta dal Premio Nobel Herbert Simon, è stato scritto da Barry Eichengreen su Project Syndicate ed ha un titolo molto eloquente: “Il disastro può attendere”. L’oggetto del commento è la situazione economica e finanziaria del mercato globale ed il giudizio si riferisce ad entrambe le facce dei paesi avanzati che si trovano al centro di quella situazione: l’Europa e gli stati Uniti.

Il termine gergale usato da Eichengreen ha attirato l’attenzione di chi scrive per la sua natura ambigua, non a caso viene associato ad un ossimoro, ma anche per la sua strana coincidenza con l’insieme dei commenti che i giornali italiani presentavano, domenica 11 dicembre, sugli effetti e le conseguenze dell’accordo a 26 paesi, con il quale si è chiusa una fase molto delicata degli equilibri tra i Governi europei ed è stato varato un piano di medio termine sul contenuto del quale, come abbiamo già detto, condividiamo il giudizio di Giuliano Amato: “L’Europa avanza scegliendo quasi sempre la strada sbagliata, dopo aver accuratamente scartato quelle migliori.

Ma, sia pure di traverso, avanza”. La prima sensazione, leggendo l’accordo, era stata più cupa, per dirla tutta. Tuttavia, leggendo il commento di Amato, in parallelo con altre opinioni assai divaricate dalla sua, ed arrivando, da ultimo, al fatto che un grande economista americano abbia potuto affermare, dopo un lungo cannoneggiamento contro le convinzioni inaffidabili e le scelte assai discutibili della classe dirigente europea – politici od economisti che siano i suoi componenti – che il disastro, a certe condizioni che dipendono anche dal caso e dalla fortuna, potrebbe essere evitato nel 2012, l’espressione Muddling Through ci è sembrata quasi un segno del destino: una luce che si apriva nel buio della confusione delle idee e della controversa terapia che sta seguendo una diagnosi che avrebbe meritato terapie migliori e più condivisibili, sia in Europa, tra gruppi ed interessi nazionali e sociali assai diversi tra loro, che nel mondo tra gli Usa e l’Unione Europea.

Questa, insomma, non è ancora una dichiarazione ottimista ma la percezione che, se non esageriamo nella esasperazione dei contrasti, anche questa volta, forse, ne usciamo malconci ma ancora sani. E veniamo al confronto interno al nostro mercato domestico delle opinioni e delle strategie possibili. Simmetricamente al pessimismo della ragione di Giuliano Amato, si possono leggere su La Repubblica (11 dicembre del 2011) le opinioni del fondatore di quel giornale, Eugenio Scalfari. Nell’articolo di Scalfari l’ottimismo della volontà e l’entusiasmo del partigiano si sprecano. Scalfari scrive che i due Mario, Monti e Draghi, hanno salvato l’Europa ma racconta con enfasi le scelte, e soprattutto le conseguenze di queste scelte, di Mario Draghi: lasciando intravedere che, nonostante una fronda interna alla stessa Banca Centrale Europea, la politica monetaria espansiva di Draghi sarà in grado di rimettere in moto anche la stretta del credito che aveva rarefatto i finanziamenti alle imprese.

Parallelamente – gestendo, grazie all’accordo siglato dai 26 paesi, la Bce il Fondo salva Stati ed il futuro, e ravvicinato processo di integrazione tra il Fondo, provvisorio e sperimentale, e la definitiva confluenza dello stesso nel Esm – dovrebbe diventare anche più governabile il processo di stabilizzazione dei corsi, e dei tassi di interesse, sul mercato dei titoli di Stato europei. Tra i due Mario, insomma, Scalfari sembra scegliere con entusiasmo le conseguenze economiche di Draghi e questo ci trova ovviamente favorevoli, ma propone, in coda al suo editoriale, una singolare considerazione su Mario Monti: “Dal governo Monti ci aspettiamo ora che – dopo il bollino del rigore che ha recuperato la nostra credibilità nelle sedi internazionali – si passi con la massima rapidità ai provvedimenti di stimolo della domanda nei settori del consumo, delle infrastrutture, del cuneo fiscale tra salario lordo e busta paga netta. Questo è l’appuntamento decisivo. Finora Monti ci ha lasciato a bocca asciutta. Ne abbiamo capito il perché, ma non può che consentire una dilazione di due o tre settimane. Passate le feste (che non saranno troppe festose) non ci sarà spazio per ulteriori ritardi. Stavolta tocca a Passera e a Barca. Speriamo non ci deludano”.

Questa non si può considerare una critica ostile ma è certamente una ramanzina severa al Governo di Monti ed al suo presidente. Scalfari, insomma, presenta una strana asimmetria tra l’ottimismo del titolo, con il quale si propone il suo editoriale, e la evidente diversità che circola tra le conseguenze economiche dei rispettivi comportamenti di Monti e di Draghi. Ed infatti, concludendo la piccola rassegna delle opinioni in campo, se si leggono le pagine del Corriere della Sera (11 dicembre 2011) si notano due critiche puntuali al Governo: per la sua politica economica, troppo rigorista ed ancora troppo silenziosa sulle misure per dare fiato alla crescita, una volta capito che il rigore, comunque, la deprimerà nel corso del 2012; ma anche al rapporto tra il Governo ed il Parlamento ed, in seconda e necessaria battuta, con i partiti che in quel Parlamento sono presenti attraverso i loro rappresentanti.

Alesina & Giavazzi tornano sulle misure fiscali del governo e spiegano puntualmente dove si annidano le ombre della manovra. Ma anche l’audizione del governatore Ignazio Visco al Parlamento presenta un dato preoccupante. Una tabella nella quale si legge (tavola 7) che per il 2012 la variazione netta delle entrate sfiora i 18 miliardi di euro mentre il taglio delle spese supera di poco i 2 miliardi di euro. Una composizione veramente recessiva del rapporto tra prelievo, maggiori entrate, e riduzione della spesa, minori uscite. Lo squilibrio migliora nei due anni successivi ma, nel 2014, siamo ancora a maggiori entrate per 12 miliardi di euro e minori spese per 9 miliardi di euro: meno squilibrato ma sempre prevalente il dato di quanto si toglie alla capacità di spesa dei consumatori e delle imprese rispetto a quello che si taglia nella ridondante dimensione della spesa pubblica nazionale. Sul rapporto tra Parlamento, Governo e partiti scrive, sempre sul Corriere della Sera (11 novembre 2011) Giuseppe Bedeschi.

Affrontando in una prospettiva di analisi storica il tema della formazione di un ceto politico concluso in se stesso. Ed offrendo, in tal modo, una nozione che non è fenomenologica e contingente, la “casta” che si oppone al paese reale, ma piuttosto una interpretazione strutturale di una modificazione della composizione della società italiana. Una modificazione che vede una “razza estinta”, uomini come De Gasperi e la Malfa, e la comparsa di uomini che “promettono tutto a tutti..senza tenere conto degli interessi del paese”. Si avverte, insomma, una fragilità del rapporto di rappresentanza, tra paese e Parlamento che alimenta rischi e pericoli nel rapporto tra Parlamento e Governo al momento nel quale la manovra, e le manovre ulteriori e necessarie, per bilanciare con uno sforzo per la crescita la mannaia del rigore, dovranno essere deliberate proprio in Parlamento.

Ne tenga conto il Governo e cerchi di affinare linguaggio e contenuti delle misure da annunciare al paese, come avviene in Europa. Dove, secondo la prudente espressione di Amato, si avanza di traverso ma si avanza. Cerchiamo, in Italia di non deragliare, di non uscire dal binario del consenso che dovrebbe guidare chi governa nello spazio condiviso di risultati accettabili dal paese reale. Anche questa, in fondo, è la sfida cui deve sottoporsi il Governo attuale: attraversare il suo domestico Muddling Through .

Commenta